Sarà Annamaria Lusardi a guidare il Comitato per l’educazione finanziaria. Si tratta della massima autorità internazionale sulla materia. Coordinatrice, tra l’altro, dell’ultima indagine OCSE Gallup che ha visto coinvolti nel 2015 150mila soggetti di 148 paesi al mondo. Lusardi è la docente italiana (uno dei tanti cervelli andati all’estero) che in questi anni dalla George Washington University è riuscita a far arrivare anche qui da noi i suoi studi ma soprattutto il suo sapere sul tema dell’educazione finanziaria.
Qualche mese fa alla mia domanda su cosa serve per diffondere l’educazione finanziaria rispondeva:
“Per diffondere l’alfabetizzazione finanziaria si deve partire dalla scuola perché queste competenze devono rientrare tra quelle di base dell’individuo.Tutti prendiamo decisioni finanziarie e con l’aumento della durata della vita saremo chiamati a dare risposte concrete sul fronte previdenziale. Il che vuol dire dotarsi dell’abc della finanza come il saper leggere e scrivere nella scuola dell’obbligo. Conoscenze che non si acquisiscono guardando il mondo intorno a noi. I Paesi più evoluti sotto questo profilo come Stati Uniti e Australia con la modifica del sistema pensionistico le decisioni d’investimento spettano ai singoli. Quindi, essere competenti sui temi della finanza è essenziale e fondamentale. Come ha ricordato bene l’Ocse in uno dei suoi ultimi rapporti, l’allungamento della vita cambierà tutto. E anche gli italiani saranno chiamati a prendere decisioni sul proprio futuro pensionistico in prima persona. Quindi, dovranno dotarsi di quelle conoscenze indispensabili per prendere decisioni consapevoli. Insomma, serve l’abc della finanza. Mi piace definirlo alfabetismo finanziario. Se non c’è questo anche le nuove generazioni non potranno partecipare alla decisioni economiche future del paese”.
Per intervenire, secondo la professoressa Lusardi, è interessante analizzare quanto di positivo è stato fatto all’estero, in primis, è fondamentale occuparsi della formazione dei docenti. Questo può avvenire mediante un’autoformazione oppure dall’alto. L’importante è che sia di qualità. Si può ricorrere a soggetti terzi con specifiche expertise (organizzazioni private, centri di formazione, enti senza scopo di lucro) oppure costituire un’unità all’interno dello stesso ministero dell’Istruzione. Alla fine del percorso formativo, qualunque esso sia, va poi certificata la competenza. Per esempio, negli Stati Uniti esiste il Center for economics education, specializzato nel training per i docenti delle scuole superiori sia in materia economica sia in alfabetizzazione finanziaria.
Attualmente tre ordini di fattori differenziano i Paesi sotto il profilo dell’educazione finanziaria: educativo, storico e sociale. Se si guarda soprattutto ai risultati dell’indagine Ocse confrontando le tre domande fatte in 14 Paesi emerge chiaramente che la mancanza dell’insegnamento dell’educazione finanziaria nella scuola fa sì che i giovani italiani abbiano una conoscenza che li pone solo di un livello sopra i colombiani. In Italia l’educazione finanziaria non viene considerata una materia di studio alla stregua di una materia scientifica. Mentre lo è. Ci sono poi ragioni storiche: l’investitore italiano in passato ha investito in prevalenza in immobili e in titoli di Stato. Investimenti semplici da capire, che hanno reso bene, spesso suggeriti dalle banche e dove ha funzionato il meccanismo di delega. Questo spiega perché c’è poca conoscenza finanziaria tra gli adulti e anche perché a livello familiare se ne parlava poco.
Insomma, gente c’è tanto tanto da fare… Benvenuta Annamaria