Andrea Lippolis, leccese di 24 anni, nel maggio del 2016 lancia Featfood: una startup di consegna a domicilio di piatti salutari. Si accede al sito, si sceglie tra i menù la linea preferita – depurativa, energizzante, dimagrante e vegana – e da lì a poco un fattorino consegnerà a casa un pasto dal corretto apporto calorico studiato in collaborazione con medici nutrizionisti. Oggi la sua impresa innovativa è incubata presso il programma di accelerazione Impact Hub di Milano.
Andrea ha iniziato a pensare alla sua impresa a 21 anni, a 24 riveste il ruolo di ceo. Cosa l’ha spinto a fondare un’azienda tutta sua? “Mentre la costituivo anche io mi sono chiesto cosa mi stesse spingendo: volevo farlo e mi sono buttato nell’avventura in modo inconsapevole, in un modo in cui forse un 40enne non si butterebbe mai” spiega Andrea. Come lui, sono molti gli under-35 hanno che hanno scelto di fare impresa.
Il Ministero dello sviluppo economico ha diffuso il suo primo Rapporto ufficiale sull’ecosistema delle startup in Italia. Una relazione stilata incrociando i dati, tra gli altri, di Istat, Unioncamere, Banca d’Italia e Fondo italiano di investimento che il ministro Carlo Calenda ha presentato al Parlamento. Nel documento tutti i numeri dell’industria innovativa italiana: quante sono le startup attive (e quelle chiuse), il loro fatturato, il numero dei posti di lavoro che hanno generato. Al 31 dicembre 2016 erano registrate 6.742 imprese innovative, un incremento del 31% dal 2015 e del 112% rispetto a due anni fa, per un giro di affari di 584 milioni di euro.
Lo scorso anno nel mondo delle startup erano occupate quasi 35mila persone: 25.622 soci e 9.169 dipendenti. Una media di tre/cinque persone ad azienda. Che la startup sia il metodo di impresa preferito dai più giovani lo si evince dal fatto che nel 38% dei casi nel board di queste aziende c’è almeno un under-35. Tre volte tanto la media nelle imprese tradizionali.
Oggi con Andrea lavorano tre amici e diversi collaboratori, tra cui fattorini e medici nutrizionisti. “Non credo avrei lavorato come dipendente di un’azienda” spiega Andrea, che aggiunge: “Da dipendente sei vincolato dalle scelte di budget e dagli obiettivi di qualcuno che sta sempre sopra di te. Anche così ho dei vincoli. Ma decido la direzione di un’idea mia”. L’imprenditoria per Andrea è una storia di famiglia: “anche mio padre è un imprenditore. Certo i tempi sono cambiati: se dico a mio nonno che faccio delivery lui pensa che io abbia un ristorante” dice scherzando.
Dal web non si scappa: sempre secondo la Relazione 2016 le startup occupate nell’ambito dell’informatica e software sono quasi una su due (il 41%). Gli imprenditori millennials sviluppano un’idea partendo dal digitale e investono in beni intangibili come la ricerca e sviluppo o i brevetti per crescere. Dato confermato anche dall’analisi delle nuove imprese under-35 create nel 2016 effettuata Unioncamere. Tra quelle nate lo scorso anno, il 52,4% delle aziende che si occupano di telecomunicazioni e di servizi di accesso ad internet hanno alla guida un giovane sotto i 35 anni.
Meno interesse dei millennials, invece, per beni i materiali come gli status symbol dell’imprenditore di successo del passato: una macchina potente, un completo firmato o una bella sede. L’ufficio non è più necessario se puoi lavorare da casa, da uno spazio coworking o da un tavolino in spiaggia. L’importante è avere una connessione ad internet funzionante.