26 giugno 2015: a poche ore dalla pronuncia della Corte Suprema l’allora Presidente degli Stati Uniti Barack Obama dichiarava che la Costituzione Americana avrebbe garantito il diritto al matrimonio per le coppie omosessuali. Una sentenza storica che, avvenendo a pochi giorni dall’anniversario dei moti di Stonewall – il primo “Pride” – assumeva un significato simbolico dirompente. Il discorso del Presidente, ripreso in pochi minuti dai media di tutto il mondo, rimbalzava impazzito sui social, i profili facebook si dipingevano dei colori dell’arcobaleno, finalmente l’amore aveva vinto: #lovewins.
Da allora qualcosa è cambiato. E non proprio una banalità, dal 2015 ad oggi è cambiato il presidente. Tanto che non stupisce che David Bruinooge, un attivista gay di New York, ispirato dalla marcia delle donne contro Trump a Washington D.C. di una settimana fa, abbia lanciato su Facebook un piano per un’iniziativa simile l’11 giugno prossimo durante il week-end del Pride. Ma come si è arrivati a questo punto? E cosa potrebbe accadere in futuro? Sono domande lecite perché è indubbio che le conquiste statunitensi abbiano dato una spinta formidabile alle campagne sul riconoscimento dei diritti in tutto il mondo. E a chi fare queste domande se non ai diretti interessati, a chi le battaglie le ha condotte, in prima linea.
Quando entro nella stanza, Evan Wolfson mi accoglie con un grande sorriso, è un ometto piccolo che accompagna ogni suo gesto con un’enfasi contagiosa, Thalia Zepatos è invece una donna statuaria con degli occhi liquidi dolcissimi. Sono rispettivamente il Presidente e il direttore della ricerca di Freedom to Marry, l’organizzazione bi-partisan che ha condotto la campagna per il matrimonio egualitario negli Stati Uniti in tutti i 51 Stati fino alla sentenza della Corte Suprema. O meglio, sono stati Presidente e direttore della ricerca, visto che Freedom to Marry è stata sciolta nel febbraio 2016 “Avevevamo raggiunto l’obiettivo, non c’era più ragione di esistere negli Stati Uniti” precisa sereno Evan.
La battaglia è durata anni (la prima vittoria giudiziale è stata nel 1997 mentre l’organizzazione è stata fondata formalemente nel 2003) e ha comportato sforzi titanici, una strategia minuziosa basata su messaggi chiari, campagne mediatiche incisive e, ovviamente, un minuzioso lavoro giurisprudenziale. Il tutto svolto passo per passo in ogni singolo Stato, tenendo conto delle peculiarità di ogni situazione, con un approccio bi-partisan ed un unico obiettivo, la Corte Suprema.
La campagna che avete portato avanti è stata enorme, un lavoro scrupoloso su ogni singola realtà ma anche con moltissime difficoltà. Quale è stato, secondo voi, l’elemento chiave della campagna, quello che ha fatto la differenza?
Evan non ha dubbi: “Le storie. Tutti gli elementi della campagna sono stati importanti ovviamente. Ognuno di essi ha avuto un ruolo fondamentale. Ovviamente il lavoro giuridico sulle Corti è stato essenziale per spingere alcuni passaggi politici e arrivare alla Corte Suprema, ma sono state le storie delle persone che hanno fatto la differenza. Abbiamo raccontato l’amore delle coppie, abbiamo parlato delle loro famiglie e dei loro amici, abbiamo dimostrato che si trattava di persone come tante altre, del loro amore, che meritava di essere capito, riconosciuto. In questo modo il favore dell’opinione pubblica sul matrimonio egualitario è passato in pochissimi anni dal 27% a più del 60% della popolazione”.
Quale invece l’elemento che vi ha più ostacolato?
Se penso ai più strenui oppositori sicuramente tutti quei leaders, quei personaggi chiave del mondo politico e religioso che hanno esplicitato, senza mezzi termini, posizioni fortemente antidemocratiche. Gli oppositori più strenui non sono mai state le persone comuni ma chi aveva interessi per influenzarne l’opinione” spiega Evan. “Infatti- interviene Thalia – se guardiamo al lato emozionale e interiore, i nostri nemici più accaniti sono stati sicuramente la disinformazione e la paura. La paura per ciò che è diverso e che non viene capito, spesso perché non è mai stato spiegato nella sua interezza. Ed è per questo che gran parte della campagna ha riguardato la vita quotidiana, gli amori; abbiamo compreso che molti non erano favorevoli al matrimonio egualitario non perché fossero intimamente contrari, ma semplicemente perché non avevano un opinione in merito”
Oggi gli Stati Uniti puntano a un rilancio importante dell’economia, sarebbe interessante capire la posizione assunta dal mondo dell’economia ai tempi della campagna. Come si sono schierate le imprese, il business?
“Il mondo delle imprese ci ha sicuramente aiutato in questa battaglia. Ben 379 grandi gruppi ci hanno formalmente sostenuto davanti alla Corte Suprema. Dall’altra parte nessuno ha firmato. Non è un segreto che l’attenzione verso questi temi ha effetti molto positivi sull’economia e sul mercato. E’ sintomo di apertura mentale. La discriminazione è qualcosa di molto negativo per il business. Hanno tuttavia influito anche elementi molto pratici che le imprese hanno dovuto tenere in considerazione. Ti faccio un esempio: se fai parte di una coppia sposata e riconosciuta in uno Stato, magari con figli, e la tua azienda ha bisogno che tu vada in Texas dove la tua famiglia non ha diritti, cosa deciderai di fare? Le aziende vogliono che i propri dipendenti siano felici e soddisfatti, oltre che ispirati” precisa Evan.
Ma cosa succederà ora? Donald Trump non ha certo fatto delle dichiarazioni favorevoli al mantenimento dei diritti. Qual è la vostra previsione?
Entrambi si scuriscono in volto “E’ indubbio – prende la parola Evan – che Donald Trump possa intervenire in qualche modo, è una possibilità. Tuttavia vanno considerate tre cose. La prima: la libertà di sposarsi non è un regalo fatto alle persone omosessuali. E’ un diritto ed è difficile cancellare un diritto già sancito. In secondo luogo è un dato di fatto che oggi più del 60% dell’opinione pubblica è favorevole al matrimonio same-sex. Significa che più del 60% degli elettori sono favorevoli. Infine abbiamo avuto più di un milione di matrimoni già celebrati e registrati. Questa riforma è ormai parte della storia del nostro paese e, non dobbiamo dimenticare, che è stata sostenuta anche da una parte non marginale dei Repubblicani”.
Lasciando per un attimo gli Stati Uniti e allargando lo sguardo al mondo, quale è la situazione?
“Dagli studi e le statistiche in essere la situazione è molto diversa a seconda del continente di riferimento – Evan sorride – ti stupirà ma il continente dove l’opinione pubblica è più favorevole al matrimonio egualitario è la cattolica America Latina. Questo dimostra che sono le gerarchie che si oppongono al cambiamento e non le persone. L’Europa è solo al terzo posto e l’Africa il fanalino di coda”.
In Italia da poco è stato approvato il decreto Cirinnà sulle unioni civili – diverso dal matrimonio same-sex – dopo più di 30 anni di battaglie. Qual è la vostra opinione?
Consociamo molto bene il percorso italiano. Dalle battaglie delle associazioni al difficile lavoro fatto in parlamento con la Senatrice Monica Cirinnà. Avete ottenuto un obiettivo davvero importante. La strada che avete seguito è simile a quanto successo in alcuni dei nostri Stati federali ed è fondamentale avere sancito formalmente un primo diritto. Siete in una fase chiave in cui consolidare e lavorare per il prossimo passo. Su questo primo diritto va costruito il matrimonio egualitario con tutti i diritti. Parlatene, raccontate le vostre storie, le vostre famiglie, il vostro amore. Non permettete che si dica che avete gia tutto. Sostenete sempre i vostri diritti e chi li sostiene.