Scorrono i titoli di coda sul 2106, un anno difficile che tanti non vedono l’ora finisca, per me invece un anno importante, nell’ultima parte del quale – anzi, posso dire come a scuola: nell’ultimo quadrimestre – ho avuto la possibilità di condividere l’avventura di Alley Oop.
Se penso a quel che questa esperienza mi sta dando è davvero molto: mi permette di recuperare la mia passione per la scrittura e di utilizzarla per riflettere sulla fotografia e le arti visive, con le quali quotidianamente lavoro.
Colgo l’occasione dell’ultimo post del 2016 per stilare la mia personale classifica delle 5 foto dell’anno.
La prima immagine è del 14 luglio, quando lo shock della Brexit è già avvenuto da quasi un mese (23 giugno), spiazzando gran parte dell’opinione pubblica e degli osservatori: protagonista è l’ex primo ministro britannico James Cameron, l’uomo che ha voluto il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’UE e che è stato clamorosamente sconfitto, rassegnando subito dopo le dimissioni. Prime vacanze dopo l’addio a Downing Street per l’ormai ex primo ministro britannico: un passante ha immortalato Cameron dimesso, in ciabatte, bermuda e golfino mentre si gusta un «fish and chips» con la moglie Samantha su un muretto a Polzeath in Cornovagl
Quel che mi colpisce di questa foto, scattata come è evidente non da un professionista, è l’atmosfera di dimessa sciatteria e anonimato che la contraddistingue: Cameron seduto su un muretto accanto a un parcheggio, a piedi nudi, una ciabatta capovolta su un piede, guarda distratto altrove ed è ignorato dalle persone accanto che sembrano non vederlo, come un turista qualsiasi. È una di quelle foto delle vacanze che ognuno di noi scatta e poi – grazie al cielo – non guarda più o la cancella se ricapita sotto gli occhi, e vedere uno degli ex grandi della terra come fosse il nostro vicino di ombrellone, fuori dal contesto di lusso, eleganza ed etichetta abituali, si carica di un significato quasi simbolico. Cameron ha sfidato gli umori popolari britannici cercando un rafforzamento politico e ne è stato travolto, ha perso la sua aura di politico e premier e ora sembra un giovane pensionato, intento a sgranocchiare fish and chips.
Forse questa foto può suggerire anche un altro spunto: gli inglesi fuori dall’Europa hanno fatto davvero un affare? Con una battuta: dalle spiagge della Liguria, Puglia o Sicilia al mare di Cornovaglia, gli conveniva davvero?
La seconda foto è del 18 agosto, non è una vera foto, ma un frame da un video girato ad Aleppo: il bambino è Omran Daqneesh ed è appena stato estratto dalle macerie della sua casa dopo un bombardamento.
Questa foto è diventata di colpo un simbolo della guerra siriana: un dottore di Aleppo l’ha condivisa, e Raf Sanchez, corrispondente del giornale britannico Telegraph, l’ha twittata, dando il via alla sua fortuna.
Gli occhioni del piccolo Omran, sconvolto ma anche dignitoso e composto nel suo stare seduto con le mani appoggiate alle cosce come un adulto, fanno scattare un immediato, viscerale coinvolgimento emotivo in chi guarda. Ma mi domando: commozione ed emozione avranno una ricaduta di qualche tipo? Non sto parlando di possibili esiti sul piano politico-militare, mi chiedo semplicemente se la foto aiuterà a comprendere quel che sta succedendo in Siria e a pensare come agire responsabilmente.
I social e tutti noi ci nutriamo di immagini, ma le consumiamo velocemente, anzi le bruciamo: siamo ancora capaci di fermarci e di guardare quelle che lo meritano? Riusciamo a farci bastare poche immagini e dar loro il giusto peso?
La terza immagine è del 30 settembre: la prima devastante scossa di terremoto che ha colpito il centro Italia era del 24 agosto, è passato più di un mese e questa foto ci mostra il centro di Amatrice semidistrutto dal sisma. Ma il campanile della chiesa è ancora lì, ha resistito anche alle successive scosse.
Ho scelto questa foto perché sono affascinato dalla resilienza, una dote fondamentale per le persone, le istituzioni, la società: il campanile ferito che resiste, sta in piedi, è un segnale di speranza e le notizie che vengono in questi giorni da Amatrice vanno nella stessa direzione.
Oltre alla reazione delle persone, mi piace leggere l’immagine anche come un messaggio mandato direttamente dal nostro patrimonio storico artistico: aiutatemi, oltre che prezioso non sono solo fragile, ho forza e ce la metto tutta, ma ho bisogno di voi !
La quarta foto che ho scelto è del 9 novembre: mister Donald Trump abbraccia la bandiera degli USA, ha appena vinto e ancora una volta media e osservatori hanno sbagliato, i sondaggi fallito, la gente ha scelto diversamente. Ha fatto male? Probabilmente sì. Ma così è.
Nel sorriso soddisfatto di Trump leggo: “ce l’ho fatta, quando tutti voi (o quasi) mi davate per sconfitto, impresentabile, imbarazzante, e mi suggerivate di mollare tutto per evitare figuracce. Sono o non sono l’american dream?”.
La foto mi sembra dire anche qualcos’altro, da ascoltare con attenzione, lungo un filo che unisce la Brexit alle elezioni americane: Trump sorride soddisfatto, ha conquistato gli elettori. Qui sta il punto secondo me: nonostante le gaffes, battute sessiste, razziste, le uscite demagogiche, i colpi bassi offensivi per la Cliton e Obama (la campagna elettorale non ci ha risparmiato davvero nulla), Trump ha vinto. Evidentemente ha saputo anche toccare corde giuste. Le peggiori? Ok, ma certo non solo quelle: è possibile provare, da parte dei politici ma soprattutto dei commentatori, opinionisti, giornalisti e intellettuali, a fare un bagno di umiltà, chiedendosi la ragione di questi avvenimenti, prima di bollarli come la scelta della pancia degli elettori egoisti e ignoranti?
E siamo all’ultima foto: Berlino, 21 dicembre 2016.
Sono passati due giorni da quel lunedì 19, quando un camion ha travolto la folla che visitava i mercatini di Natale in Breitscheidplatz e ucciso 12 persone, e nella capitale tedesca si tiene una veglia di preghiera per le vittime innocenti.
È l’ennesimo attentato “di matrice islamica” – secondo la consueta etichetta ormai tristemente ricorrente –, ma in questa foto trovo prezioso vedere accomunate dal gesto e dalla partecipazione tre donne, due berlinesi e una signora richiedente asilo. Piangere assieme, ricordare assieme, vivere assieme: questo è quello che leggo, che voglio leggere in questa immagine.