Malta: al bando le terapie riparative per i gay. In Europa è la prima a farlo.


img_2360Multa di 10.000 euro ed una pena detentiva fino a un anno. E’ quello che da oggi rischieranno a Malta i medici e gli psicoterapeuti che prescriveranno una qualsivoglia terapia riparativa per correggere e cambiare l’orientamento sessuale di una persona. La motivazione è tanto semplice quanto banale: l’omosessualità non è una malattia e come tale, dunque non va curata.

Questa legge è solo l’ultima di una serie che, in pochissimo tempo, sta portando una piccola repubblica come Malta, fino a ieri ultraconservatrice e cattolica (l’aborto è ancora un reato), ad essere all’avanguardia in Europa nel riconoscimento dei diritti delle persone LGBTI.

L’idea di curare l’omosessualità è tanto vecchia quanto crudele. Eppure Freud, il padre della psicanalisi, rispondendo ad una mamma che gli chiedeva di curare il figlio omosessuale, già nel 1935 le scriveva che:

l’omosessualità non può essere classificata come una malattia: la consideriamo come una variante della funzione sessuale prodotta da un certo arresto dello sviluppo sessuale.

Nonostante questo, durante gran parte del novecento, per “curare” il loro orientamento, agli omosessuali sono state praticate terapie che avevano più cose in comune con la tortura che con la medicina: elettroshock sui genitali, iniezioni di ormoni o terapia dell’avversione (creare sensazioni di dolore e disagio in una persona che sta provando piacere per uno specifico stimolo, così da cambiare la risposta a quello stimolo da eccitamento in disgusto). Metodi utilizzati anche da enti governativi come quello inglese, che nel 1952 sottopose a queste crudeltà il genio della matematica Alan Turing, accusato di avere rapporti omosessuali.

Oggi, a 26 anni dalla cancellazione dell’omosessualità dal DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), nonostante psicologi, psichiatri, psicoterapeuti, psicoanalisti, studiosi e ricercatori nel campo della salute mentale e della formazione, condannino ufficialmente in tutto il mondo ogni tentativo di patologizzare e curare l’omosessualità, il problema delle terapie “riparative” ancora esiste.

Un problema che spesso travolge soggetti deboli, giovani ragazzi che indotti a interiorizzare i pregiudizi di cui sono vittima (e che dovrebbero invece combattere), vengono messi, o accettano di mettersi loro stessi, nelle mani di pseudoprofessionisti. Psichiatri, psicologi e psicoterapeuti che, disconoscendo la scienza ufficiale spesso in nome di un credo religioso, entrano nell’assurda e crudele logica di ritenere degli esseri umani come qualcosa di rotto da “riparare”. Preghiera, psicoterapia, iniziazione alla mascolinità,  psicanalisi, terapie cognitivo comportamentali, terapie dell’avversione, talvolta esorcismi. Ecco cosa viene messo in campo oggi per “guarire” persone sane e normali in base ad un pregiudizio ideologico, fanatico e discriminatorio.

Per capire l’assurdità e la gravità della situazione, sarebbe come se ad un certo punto, andando contro la scienza ufficiale, un gruppo di dermatologi razzisti, iniziasse a sostenere che la pigmentazione delle persone di colore sia una malattia da curare. Convincendole e assecondandole a sottoporsi ad inutili terapia schiarenti, dannose e cancerogene, per diventare bianche come “dovrebbero” essere.

La verità scientifica è che le terapie riparative non riparano nulla, visto che nulla c’è da riparare, ma in nome di un pregiudizio omofobico frutto di credenze religiose, condannano giovani uomini e donne alla non accettazione di sè. Li condannano al senso di colpa, alla repressione della propria intima e normale natura, con conseguenze sul lungo termine spesso tragiche, in grado di sfociare in nevrosi o depressioni che possono addirittura portare al suicidio.

img_2361Bene ha fatto dunque Malta a legiferare contro questa retrograda barbarie, tollerata fino ad oggi in tutta Europa nonostante le condanne ufficiali del mondo scientifico internazionale. Tollerata perchè, è triste ammetterlo, la discriminazione omofobica rappresenta ancora oggi una rivendicazione politica ritenuta legittima da un certo mondo cattolico conservatore che conta e non poco a livello mondiale. Basti ricordare che dal 2005 il Vaticano non permette l’ingresso in seminario a ragazzi che abbiano “tendenze omosessuali radicate”. Una linea riconfermata qualche giorno fa in un documento della Congregazione per il Clero:

la Chiesa pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al seminario e agli ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne

L’auspicio adesso è che dopo Malta, anche le altre nazioni eurpee rompano gli indugi, approvando finalmente leggi che sanzionino le “terapie riparative”. L’Italia si sta già muovendo con un disegno di legge a firma del senatore Sergio Lo Giudice, PD, depositato a luglio 2016. Rispetto alla legge maltese, il DDL italiano stabilirebbe multe e detenzione solo nel caso in cui queste terapie fossero applicate su soggetti minorenni (spesso obbligati dalle famiglie). Un primo importante passo che purtroppo non è possibile prevedere quando e se verrà davvero compiuto.

Durante questa attesa, il pericolo è quello di lasciare serpeggiare sempre di più, tra il detto e il non detto, l’ufficiale e l’ufficioso, l’idea/teoria/dottrina che l’omosessualità sia una devianza/malattia/difetto da curare e riparare. Con il rischio, anzi, la certezza, che a pagare questa violenta legittimazione dell’ignoranza, siano i tanti ragazzi fin da giovani indottrinati dal mondo familiare e culturale che li circonda a sentirsi sbagliati, in colpa per ciò che sono. Malati e dunque da curare.

L’unica “malattia” da “curare” non è organica, ma sociale e culturale, e si chiama omofobia. Una malattia antica e radicata, che si combatte con l’integrazione, l’informazione, il rispetto e l’educazione sociale al valore delle diversità. Tutti cambiamenti che passano anche attraverso l’approvazione di leggi coraggiose, che puniscano definitivamente chi, qualunque sia “l’ispirazione”, utilizzi impropriamente la scienza oltre che la propria professione, per creare sofferenza e alimentare la discriminazione. Magari promettendo proprio di fare del bene.

A quelli che rivendicano ancora oggi la fondatezza del loro diritto a discriminare. Agli “inguaribili” sostenitori delle “leggi di natura” come modello per stabilire quali comportamenti e valori dovremmo avere noi esseri umani, andrebbe ricordata solo una cosa: in natura l’omosessualità esiste, ed è presente in tutte le specie. Quella che non esiste invece è l’omofobia, crudele peculiare invenzione esclusivamente umana.