Dopo il via libera dell’Assemblée Nationale anche il Senato francese ha approvato la proposta del governo di punire chi fa propaganda contro l’aborto sul web. La proposta era stata presentata da una parte dei deputati della maggioranza socialista. Il testo prevede l’estensione del “tentativo di intralcio all’interruzione volontaria della gravidanza” anche ai siti internet che, spacciandosi per siti di informazione, danno in realtà informazioni di parte sulle conseguenze dell’aborto. La legge del 1993 punisce chiunque tenti di ostacolare una donna che vuole abortire, bloccando l’accesso agli ospedali o esercitando minacce o intimidazioni al personale medico o alle donne coinvolte. La pena può arrivare fino a 2 anni di prigione e 30.000 euro di multa. Il testo è stato approvato dalla sinistra e da una maggioranza di centristi, nonostante l’opposizione della destra che denuncia una violazione della libertà d’espressione. Contrarie anche numerose associazioni cattoliche.
In Francia tutti gli ospedali pubblici hanno l’obbligo per legge di rendere disponibili i servizi di interruzione della gravidanza.n Italia, invece, su 94 ospedali con un reparto di ostetricia e ginecologia, solo 62 effettuano interruzioni volontarie di gravidanza. Cioè solo il 65,5% del totale. Il risultato è che ci sono alcune parti del Paese che rimangono completamente scoperte. Anche a causa dell’alta percentuale di medici obiettori. La media in Italia è, infatti, di sette su dieci, che arriva al picco del 93% in Molise. Nel confronto con l’Europa ne usciamo perdenti: in Inghilterra, ad esempio, solo il 10% dei medici è obiettore e non può operare nelle strutture di pianificazione della famiglia. In Svezia e Finlandia non esiste il diritto di obiezione. La percentuale più alta di obiettori è quella del Portogallo con l’80%.
Di aborto si è tornati a parlare in Europa in ottobre, in occasione dell’iniziativa dei conservatori del Pis al governo in Polonia che volevano inasprire la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza. Una manifestazione ha portato in piazza il 3 ottobre scorso oltre cento mila donne che hanno sfilato in nero per difendere il diritto acquisito a scegliere. Per altro solo in determinati casi, perché in Polonia si può ricorrere all’aborto solo se il concepimento è frutto di uno stupro o di un incesto, se il feto è affetto da una patologia irreversibile o se sono in pericolo la vita o la salute della madre. La proposta? Ridurre la possibilità di interruzione solo in caso di grave pericolo per la salute della madre. Ipotesi sventata. Ma il vento del conservatorismo in tema di aborto continua a soffiare in Europa e i diritti acquisiti non si possono dare per scontati. Senza contare poi che il nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha dichiarato a più riprese che le donne che ricorrono all’aborto andrebbero punite.