L’’abbigliamento parla un suo linguaggio molto preciso, e non solo ci ‘racconta’ agli altri, ma è anche in grado di condizionare il nostro cervello, e farci comportare secondo il significato simbolico rappresentato dall’abbigliamento stesso. Non è certo una novità, ma una nuova ricerca della Yale School of Management lo conferma.
Esempio? Le persone vestite in maniera professionale esprimerebbero sul lavoro maggior concentrazione e sicurezza, accrescendo le proprie performance. Al contrario, abiti troppo casual sul lavoro manderebbero il cervello in modalità ‘weekend’ con relativo allentamento della concentrazione e minore motivazione.
Anche se tutto ciò non ha una base scientifica assoluta ma solo il supporto di vari esperimenti condotti negli anni, dobbiamo riconoscere che l’abbigliamento è comunicazione. Quindi vestirsi per il successo, per motivare noi stessi oppure semplicemente per comunicare meglio con gli altri, serve. Eccome.
Tuttavia questo concetto si scontra sempre di più con i nuovi bisogni della società liquida, dove l’individuo è sempre meno sensibile ai dress code, e più orientato al proprio benessere e alla praticità. Così, in fatto di abbigliamento, si ha un approccio che tende a differenziare sempre meno tra vita personale e vita lavorativa.
Qualche esempio di questa macro-tendenza improntata al comfort? L’abbandono dei tacchi da parte delle donne e il contestuale boom delle calzature ginniche nel guardaroba (un segnale forte, tant’è che Chanel aveva fatto sfilare abiti da sera con le sneakers giusto un paio di anni fa). Oppure l’abbandono della cravatta, molto diffuso sia nel business ma anche in politica (pensiamo a Barak Obama, al premier greco Tsipras, o a Sadiq Khan, nuovo sindaco di Londra).
Come conciliare, quindi, questo forte orientamento verso la praticità e allo stesso tempo salvaguardare un’immagine che, perlomeno nel campo lavorativo, dovrebbe sempre parlare bene di noi, farci apparire strutturati e competenti, e non dare l’impressione di essere dimessi o confusi?
Ecco quattro regole (per lui e per lei) per declinare praticità ed un’immagine business efficace:
- comunicare solidità con le giacche (anche sfoderate, anche in tessuti leggermente elasticizzati o confortevoli, purché la linea delle spalle sia ben definita e la lunghezza delle maniche ben regolata);
- comunicare stabilità con le calzature (per lui i mocassini sono accettabili, ma con suola di cuoio e non in gomma; per lei scarpe basse, siano allacciate o stivaletti, con poco tacco, purché non sottile. Un buon appoggio ed un passo sicuro sono fondamentali);
- creare impatto abbinando a contrasto colori scuri e colori chiari (aiuta a definire meglio la persona anche quando indossa capi informali)
- esprimere sicurezza con un viso ben curato (dal taglio di capelli, al make up, alla barba curata).
Agli scettici e ai teorici del “Non serve vestirsi da ufficio, guarda Zuckerbeg o Steve Jobs”, è invece dedicato il post che pubblicheremo più avanti, e che prenderà in considerazione il look ‘casual’ di alcune illustri eccezioni. Perché sono, appunto, eccezioni.