Sono le domande a decidere che realtà viene raccontata. La domanda: scegli i figli oppure il lavoro? Per molte donne ha una risposta scontata. E, se non ci fossero le mamme, anche i papà non avrebbero dubbi. Nessuno avrebbe dubbi!
Ma è la domanda ad essere ingiusta, anacronistica e sbagliata: a deviare la realtà che ne viene rappresentata.
Una recente ricerca qualitativa – un campione di solo 450 genitori e 1200 babysitter selezionati in modo non specificato dal sito Sitter-Italia – ci dice che la metà degli intervistati (56%) preferirebbe stare a casa con i figli piuttosto che lavorare. Se si paragonano i risultati italiani a quelli del resto d’Europa, il nostro Paese risulta l’unico che reputa fondamentale ma non di primaria importanza la carriera lavorativa rispetto al tempo speso con i figli.
Permettetemi di dubitare sul fatto che una persona su due lascerebbe il lavoro per stare a casa con i figli. Anche in Italia.
I figli vengono prima: i figli coinvolgono mente e cuore, ma occupano anche appieno la parte bassa della nostra piramide dei bisogni di Maslow: il sangue, la prosecuzione della specie, la sicurezza, la vita.
Il lavoro arriva dopo, ma oltre alla sopravvivenza concreta dell’acquisto del cibo e del pagamento delle bollette, ha a che fare con la nostra impronta sociale e con la nostra autorealizzazione. Quand’anche non dovessimo quindi lavorare per i soldi, se non lavorassimo ci mancherebbe un pezzo fondamentale di identità.
Lavoro e figli, però, si arricchiscono e si completano a vicenda: sono più preziosi quando ci sono entrambi. Questo dicono le più recenti ricerche, come quella dell’Harvard Business School che ha dimostrato che le figlie di donne che lavorano avranno lavori più soddisfacenti, guadagnando dal 6 al 23% in più delle figlie di donne che non lavorano. O ancora, lo straripamento (in inglese “spill over”) delle risorse e delle competenze tra vita privata e lavoro aiuta sia ad essere buoni genitori che buoni manager, come diceva proprio questa settimana un articolo dell’Harvard Business Review e come dimostriamo e realizziamo con maam – maternity as a master.
Insomma, lasceremmo davvero “PER i nostri figli” proprio quel pezzo di identità che ci rende poi più interessanti e utili per loro, più equilibrati con loro e con noi stessi? E, soprattutto, che ci rende capaci di contribuire al mondo che loro dovranno abitare?