Italia ancora una volta fanalino di coda in Europa. L’occasione sono i dati relativi ai laureati nella fascia di età 30-34 anni. Il nostro Paese resta anche tra le maglie nere per gli abbandoni scolastici, sebbene su questo fronte abbia già raggiunto l’obiettivo di riduzione fissato da Bruxelles. Nello spaccato di genere, le ragazze aumentano il divario percentuale rispetto ai compagni di corso.
La fotografia emerge dai dati Eurostat per il 2015, secondo cui solo il 25,3% degli italiani tra i 30 e i 34 anni aveva una laurea l’anno scorso, la percentuale più bassa di tutti i 28 Paesi Ue. Di questi ben il 30,8% sono donne e solo il 20% sono uomini, un divario sempre più in crescita. Nel complesso, comunque, la situazione è migliorata rispetto al 2002 quando il totale dei laureati era del 13,1% tra i trentenni, di questi il 14,2% erano femmine e il 12% maschi. L’aspetto positivo è che non è lontano il target del 26% totale fissato per il 2020, anche se restiamo tra gli altri ‘ultimi della classe’ in Europa per numero di laureati insiema alla Romania (25,6%), a Malta (27,8%), e alla Slovacchia (28,4%), mentre i ‘primi’ sono Lituania (57,6%), Cipro (54,6%), Irlanda e Lussemburgo (52,3%), e Svezia (50,2%).
L’Italia è anche quartultima in Europa per gli abbandoni scolastici. Arriva infatti ancora al 14,7 percentuale dei ragazzi italiani tra i 18 e i 24 anni che hanno completato al massimo la scuola secondaria inferiore e che non seguono nessuna formazione. Anche qui c’è un divario, sebbene meno marcato rispetto alla laurea, tra ragazzi (17,5%) e ragazze (11,8%). Il trend è comunque in miglioramento rispetto al 2006, quando nel complesso gli abbandoni erano al 20,4%, di cui 23,8% maschi e 17% femmine. In questo caso il Paese già raggiunto il suo target per il 2020, fissato al 16% e presenta percentuali migliori rispetto a Spagna (20%), Malta (19,8%) e Romania (19,1%). Il minor numero di ragazzi che lascia la scuola anzitempo invece si trova in Croazia (2,8%), Slovenia (5%), Cipro e Polonia (5,3%) e Lituania (5,5%).
I dati non lasciano affatto il tempo che trovano anche sulla qualità della nostra istruzione. Parlando con professori universitari mi sono sentita spesso dire che con gli anni sono diventati più di manica larga: “d’altra parte siamo già ultimi in Europa, non possiamo continuare a penalizzare i nostri ragazzi con corsi universitari più complessi e difficili rispetto al resto d’Europa. Dobbiamo ridurre gli abbandoni”. Ragioni sacro sante, tanto più che la crisi economica ha già fatto la sua parte per rendere sempre più difficile il poter affrontare un percorso universitario sostenuti dalle famiglie. Ma qual è il trade off che riteniamo accettabile? Più laureati meno preparati o meno laureati più preparati della media Europea?