[Attenzione, contiene spoiler]
Kung Fu Panda 3 sta diventando un’ossessione diffusa, da Adinolfi a mia figlia, per motivi molto, molto, differenti. Io mi sono deciso a scriverne, dopo averlo visto al cinema e dopo un post molto interessante di Elena Delfino, che sollevava una questione importante, il panda avrà pure due padri, ma della madre neanche una traccia. Morta senza tante spiegazioni quando il guerriero dragone era ancora in fasce. A fare mente locale, nelle fiabe tradizionali, in quelle classiche, nell’universo Disney, le mamme muoiono come le mosche.
L’assenza della madre è spesso quel disequilibrio iniziale, quella mancanza che giustifica l’azione, lo svolgersi della trama o le condizioni che la rendono possibile, ho sostenuto, di fronte a una birra, con un amico ricercatore universitario in letterature comparate, che con il suo fare professorale al solito mi ha dato ragione, ma solo a metà. In quasi tutta la letteratura contemporanea per raccontare storie di padri e figli, le madri non ci devono essere, troppo ingombranti narrativamente, ha chiosato. Come a dire, la preminenza della madre è natura, il progresso della figura paterna cultura. Qualcosa che vogliamo, se lo vogliamo, ma che potrebbe anche non essere.
Ma torniamo al punto, il lungometraggio della DreamWorks cala due carte che hanno toccato le corde più profonde del mio essere padre separato. La famiglia che resiste, anche ai sospetti, alle rivalità e alle incomprensioni, perché famiglia è amore verso un figlio. Tutto qui. Ping, il padre del panda Po, è un volatile cuciniero, un padre di cura, in competizione con il ritrovato padre panda, forte, spaccone, casinista. I due non si piacciono, ognuno rappresenta qualcosa di differente e ha in mente qualcosa di differente per il figlio. Fino a quando, spinti dall’affetto e dal senso di protezione, si ritrovano alleati e dunque famiglia, complementari proprio perché diversi.
Qui mi sono commosso, confesso, perché la storia raccontata non è quella di due padri, ma di due genitori separati, famiglia comunque, sì, la penso proprio così.
Il secondo asso nella manica è l’abbattimento delle barriere fra intrattenimento maschile e femminile. Kung Fu Panda 3 è un action movie per tutti, si racconta di una disciplina accessibile, atletica e buffa, democratica e intima. Dopo la proiezione, bambini e bambine, tutti insieme ad affrontarsi con colpi goffi, e padri che fanno la lotta con le figlie e madri che la fanno con i figli. Tutto capovolto, una festa che fa scoprire ai bambini che le donne possono essere avversari nobili e temibili – andatevi a vedere il personaggio femminile di Tigre – e che fare la lotta è un modo per conoscere il proprio corpo e quello degli altri, cercando la competizione e trovando i limiti da non superare.
Insomma, caro Adinolfi, se lo vada a vedere con i bimbi, il film. Ne uscirà soddisfatto anche lei.