Bambine di quattro anni che vestono la taglia sei anni, risvolti dei pantaloni alti venti centimetri, pance al vento. La moda bimbo è così, vita bassa e vestibilità skinny, se va bene slim. Io, dopo l’ennesima scalata verso la taglia sette, ho rinunciato ai pantaloni e ho optato per una gonna. Male ho fatto. Corte e strette, perché la maggior parte delle gonne per bambine sono mini, oppure modelli che mi ostino a chiamare tubini, ma che probabilmente avranno un altro nome. Diversamente pizzi e strass che fanno un po’ ballerina e un po’ bomboniera. Cosa rimane? Tuta e leggins, insomma, una tenuta da rehab.
Non è una questione di resi e cambi con lo scontrino, sto parlando di una cosa più sottile, del suggerimento implicito di un modello, fisico e forse anche comportamentale, fastidiosamente aspirazionale, conformista, da poser, per parlare contemporaneo. E così, arriviamo all’appello. Possiamo avere delle taglie che corrispondano all’età effettiva? Possiamo smettere di vedere cosciotte femminili e maschili insaccate nel denim? Mutande che fanno capolino dal bordo dei pantaloni? Ringrazierebbero anche le bambine, smettendo di strillare, papà, ho quattro anni, perché hai chiesto una sei?, e i bambini che potrebbero allacciarsi i pantaloni in vita senza bisogno dell’intervento muscolare di un adulto che strige e strizza.
E’ da anni che si parla della dittatura di alcuni canoni estetici e molti si stanno impegnando affinché non prevalga su tutti il mito della magrezza. Dalla moda, con le indossatrici curvy e non solo, all’industria del giocattolo, che comincia a modificare le bambole per evitare che alcuni stereotipi di bellezza possano sedimentare sin dall’infanzia, solo la moda bambino pare non sentire e non vedere.
I bambini corrono, rotolano, fanno la lotta, si sdraiano sul pavimento e hanno bisogno di vestiti comodi. Hanno anche la necessità di essere a proprio agio nei loro vestiti e nella propria pelle, per essere adulti forti e risolti. Cari stilisti della moda bimbo, ci possiamo contare?