Siamo brave, in ingegneria. Abbiamo Samantha Cristoforetti, astronauta (e ingegnere) . Abbiamo Chiara Montanari, capo della spedizione scientifica nella base di ricerca italo-francese in Antartide. E potremmo anche diventare ricche, molto ricche. Se solo non ci fosse il piccolo particolare del gap salariale di genere.
Perché dico questo? Perché è assodato che la migliore laurea per diventare ricchi è quella in ingegneria: incrociando i dati di “Approved Index” e Forbes, risulta infatti che il 22% dei miliardari nel mondo è un ingegnere. Non un laureato in Economia. Ma allora perché in Italia, nei Consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa, solo il 5,9% delle donne ha studiato alla facoltà di ingegneria, contro il 15% degli uomini-ingegneri nei Cda?
Le donne italiane sono in grado di raggiungere punte di eccellenza assoluta nell’ingegneria e più in generale nel mondo delle professioni tecniche. Ma la parità coi maschi è ancora lontana. Il Consiglio nazionale degli ingegneri oggi ha dedicato al tema un convegno dal titolo `Ingenio al femminile. Storie di donne che lasciano il segno´
Per l’occasione, il centro studi del Consiglio ha preparato una ricerca dedicata alla Leadership al femminile. Dalla quale è emerso che, tra le donne italiane che oggi siedono nei Cda, il 47% è laureato in Economia, il 21% in Legge e meno del 6%, appunto, in ingegneria. Eppure, si legge nel dossier, “proprio i profili ingegneristici sono attualmente riconosciuti come quelli più in grado di coniugare competenze operative e gestionali con capacità analitica, qualità che all’interno dei ‘board’ delle grandi società e nelle strutture complesse non dovrebbero mancare”. Siamo brave. Possiamo essere utili. E perché no, magari possiamo diventare ricche.