Università, il direttore della Normale: “Non è possibile promuovere donne”

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Vincere il Nobel da professoressa associata e non ordinaria. E’ successo a Donna Strickland, premio Nobel per la fisica proprio quest’anno. Il valore della scienziata è riconosciuto a livello internazionale ma non nel suo ateneo. Solo un caso eclatante di quello che succede nelle università. Basta dare un occhio ai dati italiani:le donne sono il 58 per cento dei laureati, il 52 per cento dei dottori di ricerca, il 42 per cento dei ricercatori, il 36 per cento dei professori associati e solo il 23 per cento degli ordinari. Insomma, una piramide che in qualche modo va spiegata. Ci ha provato oggi il direttore della Normale di Pisa, Vincenzo Barone, che in un’itervista al Quotidiano Nazionale ha dichiarato: “Ogni volta che si tratta di valutare o proporre il nome di una donna per un posto da docente, si scatena il finimondo. Si parla di tutto meno che di preparazione, merito e competenze, che dovrebbero essere i soli criteri per valutare un accademico“. Si tratta spesso, spiega il rettore, “di calunnie belle e buone, con l’aggiunta, come accaduto in anni recenti, di lettere anonime e notizie false diffuse ad arte“. E i contenuti di queste lettere anonime? “Offensivi, con espliciti riferimenti sessuali, volgari e diffamatori. Anche se missive anonime sono state utilizzate per colpire pure candidati uomini” ma “se per gli uomini in genere il copione è quello di additare il maestro che vuole proteggere l’allievo prediletto – aggiunge – per le donne c’è l’aggiunta di risvolti volgari e riferimenti alla vita privata, del tutto inaccettabili e per di più falsi. Non mi stupirei, visto il clima, di vedere prima o poi anche attacchi magari sulle tendenze omosessuali di qualcuno“.

Vi suona familiare? Non succede solo nelle università. Qualunque manager potrà raccontarvi che se in azienda viene promosso un uomo, possono esserci dei malumori e dei commenti pesanti, ma se viene promossa una donna la prima domanda è quali siano i favori sessuali in cambio dei quali ha avuto la carica. Il merito non viene, quasi mai, preso in considerazione, ancora.

sciutoPer le donne la carriera, nell’accademica così come nell’industria, è ancora caratterizzata dal luogo comune e dal preconcetto. Su questo non c’è dubbio. Credo però che le cose possano e stiano lentamente cambiando. Da ingegnere vedo sì una questione di merito, ma anche di numeri. Nonostante le donne siano mediamente più brave nel percorso scolastico e universitario, gli uomini rappresentano ancora la stragrande maggioranza nei settori scientifici. Al Politecnico di Milano, dove ho studiato e insegno, le ragazze sono circa un terzo del corpo studentesco. Un quinto in ingegneria. Stiamo quindi lavorando per rafforzare la loro presenza nelle nostre aule con programmi mirati come POP, Pari Opportunità Politecniche, e con le tante iniziative a favore delle STEM con le scuole” commenta Donatella Sciuto, professore ordinario di Architettura dei calcolatori e sistemi operativi nonché prorettore vicario del Politecnico di Milano, che prosegue:Da donna poi, so che esistono una montagna di pregiudizi impliciti, che possiamo combattere solo con l’educazione. Non solo gli uomini, ma le stesse donne pongono dei limiti ai processi di riduzione del gender gap. Poco ottimiste circa le loro possibilità di successo, per ragioni che dipendono dall’ambiente e dal condizionamento esterno, molte tendono ad auto limitarsi e ad essere vittime consapevoli di calunnie e di falsità. Per questo dico, non rinunciamo ancora prima di provarci“.

flaminia-saccaMa nelle università qualcosa sta faticosamente cambiando a partire dalla coscienza del problema: “E’ davvero incredibile che anche in un contesto accademico, così ricco di mezzi analitici e critici ancora ci si debba interrogare se esista o meno un problema di discriminazione di genere. Il problema c’è, basta guardare i dati. Nonostante le ragazze rendano meglio all’università, da studentesse, man mano che si va avanti nella carriera accademica ci si trova di fronte ad un collo di bottiglia. Nella Conferenza dei Rettori, le rettrici si contano sulle dita di una mano”, commenta Flaminia Saccà, ordinario di Sociologia dei fenomeni politici e presidente del corso di laurea SPRI all’Università della Tuscia, che prosegue: “Quando qualcuna ce l’ha fa scatta l’ostracismo, più o meno virulento. Lettere anonime, malignità sui giornali, basse insinuazioni. Di un livello di bassezza e violenza inaudite anche rispetto ai concorsi chiaccherati che colpiscono gli uomini (figliocci, allievi, figli di…). Ma allora come si spiegano queste percentuali?”.

gervasoniCi sono anche donne, che, nonostante tutto, sono riuscite a far valere i propri meriti e le proprie competenze. “Sono diventata ordinario a 48 anni, non so se questo dipenda dal genere o da altri elementi. Oggi sono membro del consiglio accademico della Liuc –Università Cattaneo dove siamo ben rappresentate in quanto un terzo del corpo in consiglio è donna, (due su 6 membri totali). È un peccato non valorizzare le competenze di donne meritevoli perché abbiamo numerose scienziate di enorme qualità che potrebbero dare un contributo notevole non solo alla ricerca scientifica ma anche alla organizzazione e nella direzione accademica. Se le università sono laboratorio del sapere e culturale, almeno qui tale dibattito non dovrebbe persistere ma dovrebbe lasciare spazio ai cervelli, maschili e femminili, indistintamente, di lavorare” commenta Anna Gervasoni, professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese presso la LIUC Università Cattaneo.

maria-pia-abbracchioIntanto da Milano arrivano decisioni contrro-tendenza. Elio Franzini, rettore della Statale di Milano ha presentato la squadra che lo affiancherà fino al 2024. Alla sua “vice”, la professoressa di Farmacologia Maria Pia Abbracchio, con la quale ha affrontato le ultime fasi della tornata elettorale, va la delega alle Strategie e alle Politiche della ricerca. Su cinque prorettori, poi, quattro sono donne (compresa Abbracchio): Antonella Baldi avrà la delega all’Internazionalizzazione; Marina Brambilla ai servizi per la didattica e agli studenti, Marilisa D’Amico alla Legalità, Trasparenza e Parità di diritti, mentre Goffredo Haus avrà la delega all’Innovazione digitale, Progetti strategici e speciali.

  • Federica |

    Sono una donna laureata in ingegneria 100 e lode. Quante volte durante il mio percorso universitario ho sentito i commenti dei miei colleghi maschi che ironizzavano sul mio rendimento scolastico, secondo loro strettamente legato al mio aspetto fisico.
    Ora lavoro in una piccola multinazionale e sono dirigente. Sicuramente guadagno meno di un mio collega maschio che fa il mio stesso lavoro ed anche in questo caso ho sempre l’impressione di essere dove sono per meriti “diversi”, ma faccio il mio lavoro con passione e i risultati ci sono.
    Rifletto spesso sull’educazione femminile che riceviamo, ho due figli maschi e non posso parlare del mio metodo educativo, ma vedo le figlie delle amiche. E su questo ho riflettuto….
    Ho un mio pensiero, un’idea, forse poco condivisibile, ma come possono crescere figlie che passano le mattinate a scegliere come vestirsi, che smalto mettere sulle unghie, che fanno danza classica o recitazione? Perché anche queste donne non vengono invece incentivate a fare sport di squadra da sempre considerati “maschi”.
    Durante le gite in montagna non possono camminare perché sono debolucce e si stancano???? Ma chi l’ha detto che una bambina non può scalare una montagna? Nella vita ne avrà molte da scalare.
    Fino a che l’educazione ruoterà attorno alla donna del focolare domestico non ne usciremo mai. Quante donne laureate con me hanno chiesto un part time per seguire i figli, addirittura abbandonato il posto di lavoro? Prese dai sensi di colpa per l’abbandono del figlio durante le ore di lavoro e poi predicano la discriminazione sessista? Sono loro le prime ad auto- discriminarsi.
    Ci sono lavori e proprietari d’impresa, è vero non tutti, che capiscono quelli che possono essere i problemi famigliari, ripeto famigliari e non femminili, e quindi possono garantire una certa flessibilità, per permettere una conciliazione tra famiglia e lavoro.
    L’equilibrio si trova dentro e fuori di noi.

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