James Charles, diciassette anni, di New York, è un make up artist, influencer molto conosciuto sul web per i tutorial e le foto di trucco che realizza direttamente sul proprio viso. In rete i suoi numeri sono da star (più di 700mila follower solo su Instagram), e cresceranno sempre di più visto che CoverGirl, uno dei più noti make up brand degli Stati Uniti, ha scelto questo adolescente dai lineamenti dolci e delicati come nuovo volto immagine dell’azienda. Così, per la prima volta, un ragazzo diventerà un modello di riferimento per la bellezza femminile.
Mossa commerciale o scelta figlia dei tempi che cambiano? La risposta potrebbe essere “entrambe le cose”. D’altra parte i brand dedicati alla bellezza, hanno spesso usato delle “provocazioni” per far parlare di sè. Ma il punto è proprio questo: è una provocazione scegliere oggi un ragazzino diciassettenne come testimonial di una casa cosmetica femminile? A giudicare dalle reazioni raccolte finora sembrerebbe proprio di no.
Nessuno ha urlato (almeno per il momento) “Aiuto arriva il Gender!”. La teoria del complotto LGBTI per “omosessualizzare” il pianeta, distruggere la famiglia e cancellare i generi maschile a femminile, non ha battuto ciglio. La fantomatica “Teoria” Gender, nata negli anni ’90 in ambienti cattolici deformando ciò che dicevano i serissimi e accademici Gender Studies degli anni ’80, non ha utilizzato Oltreoceano la vicenda di James per dimostrare la veridicità delle sue teorie. A parte qualche minaccia di boicottare il marchio, i commenti arrivati in rete dai ragazzi sia al brand che a James sono stati in maggioranza molto positivi: “Bravi! Finalmente! Andate avanti”. Come se la scelta commerciale di questa azienda cosmetica, più che provocare, fosse in qualche modo attesa. Ed è legittimo chiedersi “perchè?”.
Per rispondere occorre partire proprio dai Gender Studies. Si potrebbe dire che attraverso la sua decisione commerciale, CoverGirl ha esplicitato ciò che i filosofi e antropologi degli anni ’80, lungi dal negare le differenze tra maschio e femmina, cercavano di spiegare: tutti nasciamo con un sesso biologico, (maschio o femmina appunto), ma sia il genere (l’identità maschile o femminile con cui ci identifichiamo) che il ruolo di genere (ciò che è socialmente definito come maschile o femminile secondo norme, ruoli, estetica a valori) non derivano inevitabilmente e sempre allo stesso modo dal sesso biologico, ma sono il frutto di una relazione complessa influenzata da fattori psicologici, educativi e socio-culturali, diversi per epoca storica e cultura di riferimento.
Spiegato in parte con un rapido esempio, si dice che quando la giovanissima Maria Antonietta arrivò dall’Austria Asburgica alla fastosa Versailles, rimase colpita nel vedere tutti quegli uomini così pallidi e così truccati. Era il 1770, quasi 250 anni fa.
Analizzando le cose attraverso quest’ottica, appare evidente che storicamente i generi maschile e femminile si sono da sempre costruiti e decostruiti interscambiandosi delle parti. Se a questo aggiungiamo che le nuove generazioni, tra cui anche la Generazione Z a cui appartiene James Charles, sono caratterizzate (secondo psicologi e sociologi) da un’identità che rispetto al maschile e femminile si pone in una posizione più fluida, tutto diventa più chiaro. Si spiega perchè, un make up brand per ragazze, scelga un ragazzo diciassettene come testimonial per blush, primer, eyeliner e rossetti. E si spiega perchè tutto questo non appaia ai suoi coetanei (e non) come una strana provocazione da stigmatizzare, ma piuttosto come un evento positivo, forse prevedibile, nella sua normalità addirittura atteso. E non c’è gender che tenga.