Sciopero per Gaza, le voci dalla manifestazione a Roma: «Siamo in 100mila»

L’Italia si è fermata per Gaza. Nel frattempo Francia, Regno Unito, Canada e Australia hanno annunciato il riconoscimento dello Stato di Palestina aprendo un nuovo fronte politico internazionale. «Blocchiamo tutto con la Palestina nel cuore» è lo slogan con cui i sindacati di base hanno convocato lo sciopero generale di lunedì 22 settembre. Oggi, in oltre 75 città italiane, migliaia di persone sono scese in piazza per esprimere solidarietà alla popolazione palestinese. Come riporta la proclamazione di sciopero dei sindacati, l’obiettivo è manifestare «Contro il genocidio, la fornitura di armi a Israele e l’assenza di un intervento concreto per dissociarsi dagli orribili crimini perpetrati dal governo di Israele» ed esprimere il «sostegno incondizionato alla missione della Global Sumud Flotilla».

Treni bloccati, scuole chiuse, trasporto pubblico in tilt: lo sciopero, che durerà 24 ore, coinvolge trasporti, scuole e servizi pubblici. Da Roma a Milano, fino a Napoli e Bologna: studenti, lavoratori e famiglie si sono ritrovati nelle piazze. Voci e corpi insieme per «Rompere il silenzio complice», come si legge in diversi cartelli che presidiano le piazze. Bloccate stazioni, porti e traffico ferroviario interrotto: una risposta netta che arriva da più parti della società civile scesa in strada.

La piazza di Roma: «Non vogliamo eroi, vogliamo un fronte popolare»

A Roma, in piazza dei Cinquecento – cuore pulsante dalle manifestazione – si alternano gli interventi di associazioni, studenti, attivisti, rappresentanti di diverse categorie di lavoratori. Secondo le prime stime della questura nella Capitale sarebbero 50mila i partecipanti. Una partecipazione raddoppiata nel corso della lunga mattinata: «Ci dicono che siamo 100mila» riferiscono successivamente dal camioncino da cui partono gli interventi gli organizzatori della mobilitazione.

Il corteo, partito dalla stazione Termini, si è concretamente ingrossato man mano che procedeva – percorrendo via Cavour e attraversando Santa Maria Maggiore – sino ad occupare la tangenziale est. «Stop al massacro: blocchiamo tutto» affermano i manifestanti. Pur nel disagio, gli automobilisti applaudono. Intanto, la piazza di Roma continua a popolarsi di studenti, lavoratori, liberi professionisti e associazioni: generazioni e volti diversi insieme.

«Oggi gli autoferrotranvieri si bloccano, come hanno fatto i portuali, per manifestare contro i governi che finanziano la guerra anziché finanziare la pace, i trasporti, la scuola e tutto quello che può far evolvere una società» afferma ad Alley Oop Luciano Marini, delegato dell’Unione sindacale di base. «Noi siamo ambasciatori di buona volontà e dobbiamo garantire a tutti i bambini la sicurezza e la pace, perché il soccorso lo portiamo nel sangue» dice un rappresentante dei vigili del fuoco dal palco degli interventi, aggiungendo: «Non siamo supereroi, siamo lavoratori: abbiamo paura come tutti gli altri. Ma è la paura che ci fa rimanere con i piedi a terra».

Lo ribadisce al microfono anche Maya Issa, studentessa italo-palestinese: «Non vogliamo eroi, vogliamo un fronte popolare – dice Issa alla folla – Non vogliamo carità, vogliamo solidarietà. Questa non è la storia dei salvatori bianchi. Questa è la storia della resistenza palestinese. Non vogliamo il vostro pietismo umanitario che anestetizza, vogliamo la politica».

Scuole e docenti, «Gli studenti osservano le scelte che prendiamo»

«La scuola non è neutra» si legge in uno dei cartelli in piazza del Cinquecento. Per quanto riguarda la scuola, gli scioperi sono due: oltre a quello proclamato dalla Usb nell’ambito della mobilitazione generale, che riguarda tutte le categorie del lavoro, c’è quello proclamato dalle sigle Conf.S.a.i., Cisl e e Conalpe che coinvolge tutto il personale docente e Ata (amministrativo tecnico e ausiliario) delle scuole pubbliche, comunali e private, del personale educativo dei servizi educativi per l’infanzia (anche i nidi) e del personale insegnante delle scuole gestite dagli enti locali. «La lezione più grande oggi parte da qui – racconta ad Alley Oop Danilo Chiarello, docente dell’istituto Darwin di Roma – La scuola deve riappropriarsi del suo spazio politico, ovvero quello della polis, per formare i cittadini. Prima di entrare in classe, dobbiamo far sentire la nostra voce anche dalle piazze».

A non entrare in classe per manifestare sono stati studenti dei licei di tutta la città: Plauto, Morgagni, Pinturicchio, Newton, Rossellini, Enzo Rossi, Visconti, Giordano Bruno e Cavour. Già nelle prime ore del mattino oltre 500 studenti hanno marciato lungo viale Trastevere per raggiungere la manifestazione.

«La comunità educante è fatta dalla scuola, dalle famiglie, dalle realtà territoriali che, insieme, abitano la rete e creano per gli e le studenti il contesto sociale in cui stanno crescendo come cittadini e cittadine – dice ad Alley Oop Laura Libbi, docente – Per questo osservano le scelte che prendiamo: a scuola spieghiamo come nasce il diritto di sciopero, fuori scuola mostriamo loro quanto serva».

Studenti, «Dimostriamo che l’Italia è soprattutto quella che scende in piazza»

«Vogliamo far vedere che l’Italia è soprattutto quella che scende in piazza – spiega ad Alley Oop Francesca Galioto, studente di relazioni internazionali alla Sapienza – Il messaggio è chiaro: dire basta alla guerra e soprattutto denunciare l’inutilità di aumentare le spese militari quando le persone non arrivano a fine mese. Le università hanno una responsabilità: devono condannare il genocidio e sospendere immediatamente gli accordi istituzionali con le università israeliane».

Dopo aver partecipato al presidio, la parte studentesca del corteo ha raggiunto l’università Sapienza e ha occupato la facoltà di Lettere.  «Ci riprendiamo gli spazi che questa università ha voluto negarci. Resteremo qui questa notte per tenere alta l’attenzione sul genocidio in atto a Gaza» dicono gli studenti di Cambiare rotta che, insieme ad altre realtà studentesche come il collettivo Zaum, hanno deciso di rimanere per la notte in un’aula. Sono un centinaio e si mischiano agli studenti già presenti in ateneo: nel frattempo, infatti, in alcune aule si continuano a discutere le tesi di laurea. L’attività non è stata bloccata, mentre le forze dell’ordine monitorano dall’esterno la situazione.

Le associazioni, «Bisogna agire adesso, nessuno può dire di non sapere»

In piazza, insieme a lavoratori e studenti, molte associazioni: oltre a quelle studentesche e dei docenti, anche i volontari di Emergency, Medici senza frontiere, Amnesty International. «I medici non possono fermare il genocidio. I leader mondiali sì» dicono da Medici senza frontiere. «Nessuno può dire: non sapevamo» si legge tra le fila di Emergency. Fare squadra per unire le voci e l’impegno: «A pubblicato nel 2024 un rapporto che certifica come a Gaza quello che sta avvenendo da parte di Israele è genocidio – dice ad Alley Oop Ilaria Masinara, responsabile campagne di Amnesty Italia – È necessario che anche il nostro governo si unisca alla richiesta di tanti altri governi per mettere finire a questa situazione terribile nei confronti della popolazione palestinese: bisogna agire adesso, prima che sia troppo tardi». Da Roma alle altre città d’Italia, da nord a sud, le piazze accelerano insieme: è il tempo del dissenso per costruire la pace.

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