Even Healthcare: la start up fondata da un’italiana apre il primo ospedale in India

Entrare nel mercato sanitario indiano è un’impresa che molti considerano impossibile. Si tratta di un sistema vasto e frammentato, che riflette la complessità di un Paese grande quattro volte l’Europa, abitato da 1,4 miliardi di persone che parlano 70 lingue diverse e appartengono a centinaia di caste e religioni differenti. Eppure, proprio qui sta nascendo un modello di sanità integrata che potrebbe ridefinire le regole del gioco.

Una sfida che sta affrontando Even Healthcare, startup fondata nel 2021 dall’imprenditrice italiana Matilde Giglio insieme ai cofondatori Mayank Banerjee e Alessandro Ialongo. Con oltre 400mila membri attivi e 35 milioni di dollari di fatturato nel 2024, Even punta a superare i limiti di un sistema che lascia milioni di persone senza cure adeguate, con una visione imprenditoriale e un progetto scalabile. A sostenerla ci sono investitori come Khosla Ventures e Founders Fund, che hanno contribuito a raccogliere più di 50 milioni di dollari in meno di 3 anni.

Un’assicurazione sanitaria per tutti

Even nasce come assicurazione sanitaria, con prezzi in linea con quelli dei competitor — in media attorno ai 200 euro l’anno, fino a 350-400 euro per gli over 60 — ma si distingue per un’offerta molto più ampia: non solo ospedalizzazione, come avviene per la maggior parte delle polizze, ma anche prevenzione, diagnostica e gestione delle cronicità. «Questo è particolarmente importante in un Paese come l’India, dove la prevalenza di patologie croniche è molto elevata» sottolinea Giglio.

Una caratteristica che sta attirando centinaia di migliaia di persone finora escluse da una reale assistenza sanitaria. In India, infatti, il sistema sanitario pubblico copre solo i più indigenti: circa 150 milioni di persone, pari al 15% della popolazione, a cui viene garantita un’assistenza. Il restante 85% della popolazione dovrebbe quindi affidarsi al settore privato, ma ad oggi solo il 10% possiede un’assicurazione sanitaria con la conseguenza che ogni anno, circa 60 milioni di famiglie scivolano sotto la soglia di povertà per pagare cure mediche.

In questo contesto Even punta a costruire un’infrastruttura sanitaria nuova, integrata, accessibile. «Il mercato delle assicurazioni sanitarie in India – spiega la founder – vale oggi circa 150 miliardi di dollari e cresce a ritmi del 25% annuo. C’è poi il mercato delle strutture sanitarie vere e proprie – cliniche e ospedali – che vale già 200 miliardi, ma presenta un potenziale di crescita di oltre tre volte, vista la carenza cronica di offerta in molte aree del Paese. La sanità in India rappresenta quindi un’opportunità straordinaria sia per dimensioni che per tasso di crescita. È uno di quei contesti in cui puoi realizzare numeri che in altri mercati richiederebbero decenni». Proprio in questa logica, Even ha annunciato l’apertura del suo primo ospedale a Bangalore, nel cuore del distretto tecnologico indiano.

Il primo ospedale, a Bangalore

A luglio 2025 Even ha inaugurato il suo primo ospedale a Bangalore, la capitale dello Stato indiano meridionale di Karnataka. Una struttura da 70 posti letto, con sale operatorie e unità di terapia intensiva, che offre cure specialistiche in ortopedia, ginecologia, chirurgia generale, medicina interna, otorinolaringoiatria e gestione delle malattie croniche. L’obiettivo di Even, rivela Giglio «è offrire standard elevati, accessibili, con un modello incentrato sulla continuità del rapporto medico-paziente».

Qui, infatti, i “membri” (così definiti perché, puntualizza l’imprenditrice, «non sono solo assicurati, ma parte attiva di un progetto di salute integrata») hanno accesso gratuitamente a qualsiasi prestazione, ma a fare davvero la differenza è un nuovo modello di cura. Invece di incentivare i medici a moltiplicare le procedure – come avviene spesso nella sanità privata – Even li valuta in base agli outcome: la qualità delle cure, il tasso di riammissione, la soddisfazione del paziente. Un paziente che torna in ospedale è, infatti, dal loro punto di vista un fallimento sia clinico sia economico.

«Nei sistemi sanitari privati – racconta Giglio – i medici sono incentivati a fare più visite, più esami, più interventi. Noi li valutiamo sui risultati: il paziente è guarito? È tornato in ospedale? Ha avuto problemi? Lavorare bene non è solo una questione etica, è anche più efficiente perché per le assicurazioni, ogni rientro è un costo evitabile». Una filosofia che sta portando anche le altre compagnie assicurative a indirizzare i propri clienti verso le strutture Even.

La differenza la fanno le persone

L’India è uno dei mercati sanitari più promettenti del mondo, ma è anche uno dei più difficili. «La parte burocratica – racconta l’imprenditrice – è estremamente complessa: aprire una società, ottenere le licenze, persino aprire un conto in banca può richiedere mesi. Nel nostro caso ce ne sono voluti tre e circa un anno e mezzo per ottenere la prima licenza per operare come broker assicurativo. Serve una rete di relazioni fortissima per riuscire a fare qualsiasi cosa». Per questo Even si è strutturata fin dall’inizio come società indiana: 460 dipendenti tutti locali, e un management con esperienza in aziende del settore già attive nel Paese.

«Il capo delle operazioni – continua Giglio – arriva dalla più grande catena ospedaliera del Paese, il chief medical officer da una struttura considerata tra le migliori per standard qualitativi, il cfo da due delle maggiori compagnie assicurative indiane. Sono entrati prima ancora che avessimo un euro in banca. Hanno creduto nel progetto e oggi sono soci, come tutti i nostri dipendenti. Offriamo stock options a ogni livello, perché vogliamo che chi lavora con noi si senta parte del disegno».

Anche i medici hanno condizioni diverse rispetto al settore: tempo per conoscere i pazienti, nessun limite temporale durante la visita, e, come abbiamo visto, incentivi basati su qualità e soddisfazione, con il risultato che, come racconta la co-founder, «i medici si sentono valorizzati e messi nelle condizioni di fare bene il loro lavoro. Non a caso, l’85% di chi entra in Even decide di restare, in un contesto dove il turnover è invece la norma». Tutto questo ha consentito a Even di radicarsi nel territorio, costruire relazioni e infine guadagnare riconoscimento istituzionale che le ha consentito di ottenere nuove licenze, ampliando così il proprio business. «È stato un lavoro lungo, ma necessario. In un mercato così, non entri se non costruisci legittimità», commenta l’imprenditrice.

Dalla città alla campagna

Nei progetti di Giglio e soci c’è quello di costruire entro tre anni almeno 25 ospedali nelle principali città dell’India e arrivare a una decina di milioni di membri. «È un obiettivo ambizioso, ma realistico se consideriamo la velocità con cui sta crescendo il mercato e la solidità del nostro modello. Siamo almeno due anni avanti rispetto alle previsioni iniziali. Quando abbiamo fondato Even – ricorda – pensavamo che ci sarebbero voluti dieci anni per aprire un nostro ospedale. Invece, ce l’abbiamo fatta in quattro».

La startup oggi è presente in sette Stati (su 28 totali), ma, per ora, solo nelle principali aree urbane del Paese. «La nostra strategia – rivela Giglio – è partire dalle grandi città, dove c’è una maggiore domanda e un contesto logistico più semplice da gestire. Ma l’obiettivo a lungo termine che abbiamo fin dall’inizio è contribuire alla costruzione di un vero sistema sanitario nazionale, quindi vorremmo arrivere anche nelle aree rurali dove il bisogno di cura è maggiore perché le strutture sanitarie scarseggiano».

Sbagliando si impara

In India Matilde Giglio ci è arrivata (quasi) per caso: durante un periodo trascorso negli Stati Uniti era rimasta affascinata del modello di Kaiser Permanente, un’azienda che unisce in un’unica realtà l’assicurazione sanitaria e l’erogazione delle cure. «È un modello che funziona perché riallinea gli incentivi tra chi paga e chi cura. Al contrario, in gran parte del mondo assicuratori e ospedali hanno interessi contrapposti. All’epoca – ricorda la co-founder – facevo l’investitrice in startup altrui ma ho iniziato a interrogarmi su dove questo modello potesse funzionare davvero. In Italia, per dimensioni e struttura del sistema, non era applicabile. In Europa c’erano troppi vincoli, legati a tanti sistemi sanitari differenti. Così, quasi per curiosità, ho guardato all’India e anziché investire in qualcun altro, ho deciso di farlo io».

Un’impresa che Giglio ha intrapreso forte dei suoi contatti internazionali nel mondo del venture capital e soprattutto di una precedente esperienza come startupper da cui aveva tratto una lezione importante. «La mia prima esperienza imprenditoriale è iniziata a 23 anni, con l’idea – un po’ romantica – di salvare la democrazia. Volevamo rendere i giovani più informati attraverso una piattaforma (Compass News) che riassumesse in modo chiaro le notizie delle principali testate: una sorta di Spotify per il giornalismo, con un approccio precursore di ciò che oggi è l’intelligenza artificiale generativa. Abbiamo avuto moltissimi utenti, ma pochi disposti a pagare. Era un progetto ad altissimo impatto ma a bassissima scalabilità economica. L’ho lasciato a 26 anni. È stata una lezione fondamentale: l’impatto va pensato insieme alla sostenibilità. E anche al timing. Even – conclude l’imprenditrice – è nata proprio da quell’equilibrio».

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