Professionisti musulmani in rete: nasce Promus, il primo network per valorizzare competenze e identità

Nella narrazione pubblica italiana sui cittadini di fede musulmana c’è un grande assente: il lavoro. E più ancora, il contributo qualificato di migliaia di professionisti, imprenditori, ricercatori, amministratori pubblici che, pur cresciuti e formati in Italia, continuano a essere percepiti come “altri”. Per colmare questo vuoto e costruire un luogo di riconoscimento e rappresentanza, è nata Promus Aps: la prima associazione di professionisti musulmani in Italia. Un progetto inedito per struttura e ambizioni, che nasce da un’idea semplice ma radicale: offrire uno spazio in cui l’identità religiosa non sia un ostacolo, ma una risorsa da integrare nel percorso professionale. “Professionisti eccellenti per una comunità influente” è il motto scelto, e già riassume una direzione chiara: promuovere competenza, visibilità e cittadinanza attiva.

Fatima Zahra Dahir

Una rete per superare frammentazione e solitudine

Fondata ufficialmente nell’aprile 2024 a Milano, Promus nasce da un nucleo di giovani professionisti già attivi in ambito sanitario, legale, economico e amministrativo. L’associazione ha però le sue radici in un lavoro di rete iniziato nel 2023, e oggi conta un database di quasi 2mila contatti in tutta Italia. «Ci siamo accorti che i circa 3 milioni di musulmani in Italia vivono realtà e soprattutto problemi molto simili ma restano frammentati, ciascuno per conto proprio», raccontano Fatima Zahra Dahir, assessora ai Lavori pubblici in un comune del pavese, e Amr Hussein, medico in servizio presso l’ospedale Sant’Anna di Como. «Eppure – spiega Amr – in ogni facoltà universitaria c’è almeno uno studente musulmano, in ogni settore professionale c’è chi porta avanti il proprio percorso con impegno, nonostante barriere visibili e invisibili». Promus si propone quindi di costruire ponti, offrendo orientamento, formazione, mentorship e occasioni di dialogo per affrontare insieme problemi complessi, condividere consigli – dal bilanciamento tra vita religiosa e lavorativa ai percorsi di carriera – e rafforzare così una nuova generazione di leader.

Amr Hussein

Quando identità e lavoro si intrecciano

La questione dell’identità religiosa sul lavoro, in Italia, resta spesso invisibile, o irrisolta. Difficoltà nel richiedere spazi per la preghiera, problemi legati al cibo nelle mense aziendali (per la mancanza di menù halal o “muslim friendly”), mancanza di comprensione nei confronti del digiuno durante il Ramadan o del dress code, difficoltà nell’avere ferie durante le principali festività islamiche (che non coincidono con quelle nazionali), sono solo alcune delle esigenze spesso trascurate. Eppure, si tratta di elementi quotidiani, che impattano sulla qualità della vita lavorativa e sul senso di appartenenza. Amr, per esempio, vive ogni anno sulla sua pelle le difficoltà di gestire il lavoro durante il Ramadan, quando il digiuno quotidiano richiede flessibilità. «Ci sono 30 giorni all’anno – racconta Amr – in cui tutti i musulmani d’Italia digiunano. Durante quel periodo i miei colleghi evitano di mettermi nei turni notturni, sapendo che il digiuno si rompe dopo il tramonto. Un piccolo gesto, ma significativo. Non tutti però sono così fortunati». «La flessibilità, il rispetto, la possibilità di essere sé stessi non sono privilegi, ma prerequisiti di un ambiente di lavoro inclusivo», osserva Fatima, che racconta le difficoltà incontrate nei suoi primi anni da revisore legale, quando dover spiegare perché non poteva partecipare a un brindisi aziendale o richiedere un menù senza alcol veniva percepito come una stranezza, non come una necessità.

Uno spazio per formarsi, conoscersi, ispirarsi

L’associazione si rivolge a tutte le figure professionali musulmane, con o senza titolo universitario, che operano nel tessuto economico e sociale del Paese. Le attività promosse includono eventi di networking (come i Promus Talk), giornate outdoor, blog tematici, corsi di formazione e mentorship dedicati a studenti e neolaureati. Particolarmente seguiti sono stati i cicli di incontri su temi poco affrontati, come la sessualità femminile, le relazioni consapevoli, la genitorialità, sempre tenuti da esperte che conoscono il contesto culturale e religioso delle partecipanti. «C’è bisogno di professionisti che sappiano leggere le esigenze della comunità, senza semplificazioni. Anche un servizio psicologico o ostetrico può cambiare se tiene conto del vissuto identitario», spiega Amr.

Verso una nuova rappresentazione pubblica

Oltre alle attività formative e di supporto, Promus si propone come luogo di elaborazione culturale e di impegno pubblico. Una delle battaglie più sentite riguarda proprio il modo in cui i cittadini musulmani vengono rappresentati nei media e nello spazio pubblico. «Spesso si dà voce a figure non rappresentative, o si confondono fenomeni sociali con l’identità religiosa. Il risultato è che l’immagine pubblica della nostra comunità è ancora legata a stereotipi o casi di cronaca», denuncia Fatima. «Il fenomeno dei maranza, per esempio, è sociale, non religioso. Eppure finisce per oscurare le storie positive». Anche per questo è fondamentale raccontare l’emergere di una generazione nuova, cresciuta in Italia e formata qui. Fatima è alla terza generazione, ma ancora oggi ha dovuto superare l’aspettativa – non detta – che a una donna “straniera” non vengano affidate deleghe importanti. «Alla fine – spiega Amr – contano le competenze, ma dobbiamo dimostrarle il doppio. Stiamo preparando il terreno per chi verrà dopo». Una consapevolezza che ha maturato quando gestiva un ambulatorio con un collega italiano: «All’inizio i pazienti chiedevano sempre lui. Poi, quando non c’era posto, passavano da me. E dopo avermi conosciuta, molti hanno iniziato a chiedere me».

Costruire alleanze per l’inclusione

Per favorire questo cambiamento, l’associazione punta a creare alleanze strategiche con università, imprese e istituzioni. In particolare, sono già attivi contatti con associazioni studentesche islamiche in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, con cui sono stati avviati progetti di mentorship e giornate di orientamento. Guardando al futuro, Promus mira anche a costruire un osservatorio sulle discriminazioni e a promuovere un modello di inclusione che sappia tener conto delle esigenze religiose senza rinunciare all’eccellenza professionale. «L’Italia – concludono Fatima e Amr – ha bisogno di una nuova narrazione dell’Islam, non come fattore divisivo, ma come parte integrante della società. E noi siamo qui per contribuire a scriverla».

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  • Nibras |

    Complimenti ragazzi, siete una bellissima realtà. E grazie a Il Sole 24 Ore per averle dato spazio. Complimenti anche alla giornalista autrice di questo bell’articolo

  • Ebrahim Ali |

    Una bella iniziativa, utile a comunità islamica e società italiana in generale.

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