Diritti delle persone transgender, sono oltre 450 le scuole italiane con carriera alias

Non solo un cambio nome ma un vero e proprio diritto ad esistere. È l’obiettivo della carriera alias, procedura che permette a persone transgender di utilizzare un nome corrispondente alla propria identità di genere se diversa da quella anagrafica. L’adozione di questa procedura risulta ancora più importante a scuola: uno spazio in cui i giovani che stanno affrontando un percorso di affermazione di genere passano gran parte del loro tempo e che dovrebbe avere accoglienza e inclusività come parti integranti della sua essenza, per favorire il benessere e l’apprendimento di tutti gli studenti.

L’adozione di questa procedura è fondamentale anche per prevenire il bullismo e il conseguente abbandono scolastico, un fenomeno che colpisce infatti quasi il 45% delle giovani persone transgender nelle scuole superiori, ma diminuisce del 20% quando l’istituzione adotta la carriera alias, secondo i dati di Agedo Milano, l’associazione genitori, amici, parenti di persone LGBTQI+ per l’affermazione dei loro diritti civili, che ha tenuto a Milano insieme a Rete Lenford un incontro – in calendario alle iniziative di Milano Pride – proprio sulla carriera con pseudonimo nelle scuole e nelle università.

Da sinistra: Cinzia Valentini, presidente Agedo Milano; Diana de Marchi, presidente della commissione Pari Opportunità del Comune di Milano e Simone Locatelli, presidente del Municipio 2 di Milano

Che cosa è la carriera alias

La procedura consente alle persone transgender – tra lo 0,5 e l’1% della popolazione generale, quindi circa 500mila persone – di cambiare il proprio nome sul sistema scolastico e universitario al fine di evitare discriminazioni e garantire di essere considerati come appartenenti al genere in cui si riconoscono, almeno in quel contesto. Questo profilo burocratico alternativo e temporaneo evita l’imbarazzo di dover spiegare continuamente la propria situazione e subire possibili episodi di bullismo.

«Parliamo – ha affermato il presidente onorario di Agedo Fiorenzo Gimelli, a conclusione del convegno. – di uno strumento per aiutare le persone transgender a trascorrere meglio un periodo complesso come quello della adolescenza gravato da un carico non da poco, cioè la non concordanza tra sesso biologico e identità di genere».

Altre accortezze che il regolamento scolastico può prevedere per favorire il percorso scolastico dei suoi studenti transgender sono l’accesso a strutture separate (spazi sicuri, bagni neutri o spogliatoi) e formazione sulle tematiche Lgbtq+.

Agedo, associazione di genitori, parenti, amiche e amici di persone lesbiche, gay, bisessuali, trans, fornisce assistenza alle scuole per l’introduzione dell’alias sulla base di linee guida appositamente elaborate insieme all’associazione Genderlens, e offre aiuto a genitori di studenti minorenni che vorrebbero vedere tutelati i diritti dei figli nell’ambiente scolastico. «La richiesta di informazione su questo tema è piuttosto alta», afferma la vicepresidente Anna Maria Fisichella, «e siamo spesso chiamati da scuole in cui già esiste la carriera alias ma che sentono il bisogno di un aggiornamento del personale docente e non docente per una migliore accoglienza degli e delle studenti».

Ambiente sicuro

L’utilizzo della carriera alias a scuola non aiuta solo lo studente nella transizione sociale, cioè quel complesso di cambiamenti che riguardano il nome, la scelta di utilizzare il pronome opposto rispetto a quello usato fino a quel momento e il mondo di vestirsi o, in generale, di presentarsi agli altri secondo il genere sentito – e quindi non più secondo quello assegnato alla nascita. Ma permette anche di seguire il proprio percorso scolastico in modo più sereno. «Ogni essere umano è un arcobaleno di possibilità. Se non educhiamo fin da piccoli all’accoglienza e al rispetto di tutti, quando vogliamo farlo?» dice Fisichella ad Alley Oop.

L’adozione della carriera con pseudonimo è anche la cartina al tornasole del grado di accoglienza e apertura della scuola stessa, aggiunge la vicepresidente: «quando un istituto dà un segnale così forte di uguaglianza, proteggendo una delle categorie più vulnerabili a livello nazionale, dimostra di sapere proteggere tutte le minoranze e rispettare le diversità».


In punta di legge

Mentre in Spagna e in Francia il diritto degli studenti transgender di essere chiamati con il nome di elezione e con i pronomi che si sentono propri è previsto dalla normativa, in Italia – in assenza di indicazioni ministeriali – è facoltà delle singole scuole introdurre questo accordo di riservatezza tra la scuola, la giovane persona trans e la sua famiglia, se minorenne.

Il ministero dell’Istruzione e del merito non si è mai pronunciato sulla questione mentre sul piano politico ci sono stati dei tentativi a livello regionale, come in Lombardia nel 2023, di mettere in discussione l’utilizzo di questo dispositivo nelle scuole.

L’assenza di linee guida nazionali sulla carriera con pseudonimo ha portato a una significativa variabilità sia nei requisiti di accesso e nelle pratiche di implementazione sia nella diffusione di questo strumento sul territorio.

La mappa di Agedo

In Italia le scuole che prevedono nel loro regolamento la carriera alias, sono 458, di cui 452 pubbliche e 6 paritarie. La media sul territorio è del 5,78%. Le regioni con il maggior numero di attivazioni sono Toscana (11,8%) e Sardegna (11,54%). In coda alla lista ci sono invece Trentino Alto-Adige, Umbria e Calabria con adesioni che non superano i due punti percentuali.

Queste sono le scuole che hanno ufficializzato l’utilizzo del dispositivo ma in realtà, spiega Fisichella, ce ne sono molte altre che adottano varie strategie a livello informale per mettere a suo agio lo studente transgender ma non le rendono pubbliche per il timore di polemiche e/o reazioni negative  da parte dei genitori degli altri studenti. Si va dalla possibilità di firmare solo con il proprio cognome, alla creazione di spazi considerati sicuri.

Istruzione superiore

Più diffusa invece è l’adozione della carriera alias nelle università, «una vera e propria conquista per tutti coloro che, a lungo, hanno rinunciato a intraprendere percorsi professionalizzanti», spiega Christian Cristalli, delegato Arcigay per i diritti delle persone trans.

La prima università ad avvalersi di questo strumento fu quella di Torino nel 2012. 10 anni prima, sempre nel tentativo di migliorare l’esperienza educativa delle persone transgender, lo stesso ateneo fu il primo in Europa a fornire un “doppio libretto”. Oggi, afferma la vicepresidente di Agedo «le università ormai hanno quasi tutte la carriera alias, non solo perché hanno cominciato questo percorso almeno 15 anni prima ma anche perché si rivolgono a persone maggiorenni».

Per Samuele Appignanesi, laureando dell’Università Bocconi di Milano che ha potuto usufruire di questo dispositivo, la carriera alias è stata una parte essenziale del percorso universitario: «non ho mai dovuto nascondere la mia identità, il che mi ha consentito di esprimermi autenticamente e di sfruttare ogni opportunità formativa, anche extra-scolastica. Senza, la mia esperienza universitaria sarebbe stata ridotta al minimo perché non mi sarei sentito a mio agio», racconta l’attivista per i diritti delle persone transgender.

Carriera alias e oltre

La carriera alias ha premesso a Samuele Appignanesi di vivere l’università appieno, con la libertà di essere se stesso. Ma non basta avere strumenti formali se l’ambiente resta ostile. Le istituzioni, aggiunge l’attivista, dovrebbero essere in prima linea anche per creare un ambiente universitario accogliente e aperto al dialogo. «È fondamentale che i luoghi del sapere, come le università, riconoscano questa possibilità, laddove lo Stato non lo fa», gli fa eco Cristalli. 

Secondo il report Intersections – Youth, basato sull’indagine Lgbti II dell’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali: la discriminazione percepita dalle persone transgender tra i banchi di scuola è alta. Fino al 46% per i 15-17enni. Il 32% dei giovani ha subito aggressioni fisiche o sessuali, spesso ripetute, e l’84% non ha denunciato queste aggressioni. Il 43% ha subito bullismo e solo il 23% dei minori dice di aver ricevuto protezione o supporto.

Molti adolescenti trans, circa il 43%, abbandonano gli studi perché non sono accolti o sostenuti nei percorsi di studio e sono troppo spesso sottoposti a misgendering e a situazioni umilianti. Così aumentano anche i problemi di salute mentale con un rischio superiore alla media di soffrire di disturbi d’ansia, depressione e pensieri suicidari.

***

La newsletter di Alley Oop

Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.
Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com