Breakdance: la cultura dell’hip-hop interpretata dalle ragazze

Foto di Mauro Puccini

Quasi tutti la conoscono come breakdance ma il nome corretto è breaking, un modo di ballare che attraverso il corpo comunica sentimenti, arte e cultura; espressione di coloro che fanno della cultura hip-hop il loro stile di vita. Oggi, in Italia, quella cultura sta ritornando proprio grazie al breaking e a una generazione di donne come Alessandra Chillemi (campionessa italiana nel 2023) e Agnese Quinti (tra le U23 più promettenti) che, partendo dalle strade di Messina e Grossetto, sono arrivate a calcare i palchi degli eventi più importanti al mondo rappresentando con orgoglio l’Italia del breaking e la sua scuola.

Dal South Bronx alle Olimpiadi di Parigi 2024

Il breaking nasce tra gli anni ’60 e ’70 nelle strade del South Bronx a NY, esplode una decina di anni dopo e si diffonde via via in tutto il mondo, arrivando prima ai Giochi Olimpici giovanili di Buenos Aires del 2018 e poi al debutto alle recenti Olimpiadi di Parigi 2024, traguardo mancato per un soffio da Alessandra Chillemi, tra le atlete più importanti del panorama femminile italiano, che ricorda il periodo di preparazione olimpica e la delusione per la mancata qualifica.

«Avevo promesso a mio nonno che sarei riuscita a gareggiare alle Olimpiadi. Era diventata quasi un’ossessione. Durante la preparazione ho avuto un grosso infortunio che mi ha costretta ad affrontare un’operazione e ad allenarmi con una sola mano per parecchi mesi. Insieme ai ragazzi del mio team abbiamo fatto un percorso che solo dei pazzi potevano fare. Ore e ore di allenamento per provare ad adattare tutte le mie skill, crearne di nuove e affrontare le qualifiche in maniera diversa, visto che l’infortunio non migliorava. Ho sofferto molto per non essermi qualificata e mi sono sentita in colpa per non aver fatto arrivare a Parigi nemmeno il mio team. Ancora oggi sono convinta che lo meritassimo tutti. Ma questo imprevisto mi ha fatto capire che non sempre si può arrivare a raggiungere un risultato, anche quando lo si vuole e lo si merita più degli altri».

Per Chillemi, Parigi è stato uno spartiacque importante per compiere un altro passo verso una piena crescita personale, cominciata già in tenera età grazie all’ispirazione dei ballerini della crew Marittima Funk che si esibivano per le strade della sua città: «Tutto è iniziato alla stazione marittima di Messina. Ero la più piccola, avevo 8 anni. Rimasi affascinata dal modo di ballare di quel gruppo di adolescenti che poi è diventato la mia seconda famiglia. Vivere in quel contesto mi ha formata caratterialmente, aiutandomi a trovare la mia identità e farmi sentire protetta. Nel breaking non esegui. Porti ciò che sei. È una crescita personale, un percorso a due».

Percorso che si è rafforzato anche grazie alla delusione delle Olimpiadi: «Dopo un primo periodo di delusione sono tornata a vedere tutto in modo positivo. Sono migliorata tantissimo. Questo percorso mi ha fatto scoprire la mia forza. Non penso che ballare su quel palco mi avrebbe dato ricordi più belli di quelli che ho del periodo passato a lavorare con il team, quindi direi che la strada percorsa è stata molto più importante dell’obiettivo non raggiunto. Ogni volta che penso a quei momenti mi viene solo da dire ‘Wow’, e non li cambierei con nessun altro ricordo».

Una crescita di consapevolezza importante, dunque, che come per ogni atleta coincide obbligatoriamente col superare la zona di comfort, come racconta ancora Chillemi: «Il breaking mi ha insegnato che ci si può spingere sempre un po’ oltre le proprie comodità. Per me oggi poter vivere appieno questa passione, che è anche uno stile di vita, è un riscatto personale verso chi mi ha ostacolata, a partire dai professori a scuola. In questo senso, ho sviluppato anche una certa perseveranza sotto più punti di vista. Mi sono laureata in Economia e Management, ho lavorato e ho continuato sempre a respirare lo sport. Dalla scherma, che pratico ancora ogni tanto, all’equitazione e all’immersione, dove ho preso il brevetto. Sono stata anche arbitro di calcio fino alla seconda categoria. Insomma, ho cercato sempre di dimostrare che organizzandosi bene si può fare tutto. Anche gli infortuni hanno svolto un ruolo importante sullo sviluppo di questa mia perseveranza e di una visione delle cose a 360 gradi. Oggi non penso più all’infortunio come a un periodo di stop forzato ma cerco di sfruttare la situazione a mio vantaggio. Ho ribaltato la visuale dal negativo al positivo. Quando mi sono fatta male al polso, per esempio, ho continuato ad allenarmi pensando a quali mosse avrei potuto creare senza appoggiare la mano sul pavimento. Così ho modificato il mio modo di ballare e questo mi ha portata a realizzare delle nuove figure».

L’arte della creatività

Nel breaking, creare è il verbo per eccellenza, quello che più di tutti descrive una forma d’arte. Ogni mossa non nasce solo dall’allenamento ma prende ispirazione da un qualcosa di più intimo e profondo, come racconta Alessandra Chillemi: «Dico spesso che balliamo come artisti ma ci alleniamo come veri atleti. Tanta palestra al mattino e ore di lavori specifici di breaking al pomeriggio. Tutti i giorni. Siamo creativi, chiamati a dare vita a uno stile tutto nostro. Si parte dalle fondamenta, prendendo ispirazione da ciò che ci circonda. Ogni mossa nasce da un’idea, un’intuizione, un adattamento. È come dipingere su una tela bianca».

A fare da cornice a questa tela è l’Accademia B-Students di Campodarsego (Padova), un luogo che per Chillemi è diventato una seconda casa: «Trasferirmi qui e avere l’opportunità di allenarmi tutti giorni a tutte le ore è stato fantastico. Li ringrazierò sempre per questo. Ogni volta che entro in palestra mi sento a casa. Molti ragazzi e ragazze della nuova generazione del breaking vengono tre volte a settimana da tutta Italia per allenarsi alla B-Students, e molti si mettono in viaggio anche subito dopo la scuola. Questo non può che stimolarmi. Vedere i sacrifici che fanno questi ragazzi mi dà la carica anche nelle giornate in cui sono più stanca. E poi c’è l’aspetto umano. Il B-Students è una famiglia dove ognuno impara dall’altro, a prescindere dall’età e dgli anni di esperienza. Andiamo in sala tutti carichi e pronti a condividere, stimolarci, vivere bei momenti e migliorare insieme».

Foto di Mauro Puccini

Parlando di crescita “professionale”, invece, Chillemi ha portato la sua creatività e il suo stile su tanti palchi nazionali ed internazionali, vincendo per esempio il Campionato Italiano di breaking nel 2023 e rappresentando l’Italia al WDSF World Breaking Championship di Nanchino nel 2021. L’ultima gara in ordine di tempo è stata la finale nazionale del Red Bull BC One a Firenze, persa per un soffio contro la sua amica e compagna di squadra del Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre Antilai Sandrini, altra big tricolore che ha rappresentato l’Italia a Parigi 2024 e che nel suo stile ha integrato elementi del wushu, l’antica arte marziale cinese, rendendo il suo breaking una fusione unica di fluidità e potenza. Ma a che punto è la scuola italiana di breaking? Ce lo racconta sempre Chillemi: «Quando ho iniziato a gareggiare c’erano al massimo una decina di b-girls per gara, oggi se ne vedono più di cinquanta. Di recente sono stata in Giappone e mi sono resa conto che la loro scuola è avanti anni luce. C’è una tradizione continuativa che passa per la formazione nelle scuole e i brakers si allenano anche da soli. In Italia, invece, c’è stato un gap generazionale non da poco ma adesso la nostra scuola sta crescendo bene e ci sono tante ragazze più piccole di me, come per esempio Agnese Quinti, che si stanno via via affermandosi come nomi importanti di questa nostra disciplina».

Giovani promesse crescono

Foto di Mauro Puccini

Proprio Agnese Quinti, che con Alessandra Chillemi ha un legame molto stretto, ha una storia per certi versi simile a quella della sua rivale in gara e sorella nella vita: «Abbiamo un rapporto molto stretto. Mi ha dato e insegnato tanto, è un punto di riferimento per me. La mamma di noi b-girls». Nonostante la giovane età (22 anni il prossimo agosto), la due volte vincitrice della tappa italiana della Red Bull BC One (2023 e 2024) ha già un notevole bagaglio di esperienza, sviluppata proprio grazie al breaking. Comincia a ballare nel 2009, all’età di 7 anni, dopo aver assistito a uno street show a Roma. I genitori sostengono in pieno la passione della propria figlia, e la alimentano a suon di musica. In casa Quinti, infatti, non mancano mai artisti come Missy Elliott, Run DMC, Beastie Boys e James Brown: «La mia famiglia ha un ruolo importantissimo. Anche se non conoscono i tecnicismi del breaking fanno sempre tutto il possibile per venirmi a vedere durante le gare e starmi vicino durante ogni esibizione. E quando per qualche motivo non possono esserci, io tendo sempre un po’ a cercarli. Mi piace sentire il loro calore».

Agnese Quinti è stata capace di sviluppare la dote dell’insegnamento già prima di diventare un’adolescente. Oggi insegna in diverse scuole di Grosseto e contribuisce alla creazione di tante coreografie per spettacoli scolastici. Ma è durante il periodo difficile del Covid che la sua passione per il breaking esplode letteralmente, complice anche il periodo di confinamento: «All’epoca frequentavo la scuola superiore. Stare sempre a casa era una cosa nuova e obbligava a reinventarsi totalmente. Ma poi col tempo è diventato tutto un po’ alienante. Le giornate erano ripetitive e il clima generale non era facile da sopportare. Mi sentivo apatica e non riuscivo a trovare stimoli per ripartire. A un certo punto, però, mi sono ricordata di essere una ballerina. E nella mia testa è scattato qualcosa di potente».

Così, alla prima occasione per rimettere il naso fuori, Quinti si ritrova ad allenarsi tutti i giorni insieme a una crew di giovani breaker nell’edificio più bello di Grosseto, Palazzo Cosimini: «In un certo senso ho ritrovato il breaking mentre ritrovavo me stessa. Ho cominciato a creare quello che sarei diventata qualche tempo dopo. I primi passi, il mio stile, le mie forme. Pian piano tutto cominciava ad avere un senso. Sono arrivati passi nuovi e dall’essere un’appassionata del breaking me ne sono letteralmente innamorata». Quei mesi, infatti, sono stati fondamentali per Agnese Quinti, perché in quel periodo ha costruito le basi del suo breaking che l’ha portàta a rappresentare l’Italia a fine 2024 nell’ultima tappa del circuito one-to-one di Red Bull svoltasi a Rio de Janeiro pochi giorni prima della finale mondiale, competendo con atleti provenienti da tutto il mondo. Ma questa crescita non sembra averle messo pressione, al contrario: «Non sono una persona competitiva. Per me il breaking è avere carattere ed è puro divertimento. A volte leggo qualche articolo dove scrivono che mi considerano una promessa di questa disciplina. Mi fa solo che piacere. Non ho l’ansia dell’obiettivo ma del processo, perché non è detto che raggiungere un obiettivo equivalga a migliorare se stessi, Mi preoccupa di più pensare a come posso reagire ai successi e agli insuccessi, agli ostacoli e ai contrattempi».

Ed è proprio Quinti a raccontare ad Alley Oop come ha imparato ad affrontare i momenti complicati, a partire da quello accaduto proprio durante la recente finale italiana della Red Bull BC One: «Arrivavo da favorita. Poteva essere la terza vittoria consecutiva di una gara importantissima. Due giorni prima dell’evento, la mia famiglia si è trovata ad affrontare un furto e questo episodio ci un po’ destabilizzati. Ero emotivamente scollegata. Questo ha influenzato il mio modo di ballare, che io considero sempre una forma d’arte. Sono salita su quel palco per il gusto di vivere ancora certe emozioni, pur sapendo che avevo tutti gli occhi addosso e non ero pienamente me stessa. Ma in un certo senso è stato terapeutico. Non mi è dispiaciuto uscire ai quarti perché ho affrontato Alessandra (Chillemi, ndr) che è la mia guida. Ricordo che alla fine dell’esibizione ho fatto il gesto di togliermi la corona dalla testa per metterla sulla sua, come a dire che doveva vincere lei. Ci è andata vicinissimo, ma credo manchi davvero poco. Per il resto sono ancora giovane ma so che di momenti difficili ne dovrò vivere diversi, com’è normale che sia. Credo però che ogni ferita ci rende più consapevoli e più forti».

La crescita nel breaking, per Agnese Quinti, è anche e soprattutto una crescita interiore: «Già solo rispetto a un anno fa, per esempio, è cambiato tantissimo. Dal modo in cui mi approccio all’altro e alle persone nuove, al mio grado di empatia, una delle cose più belle del mondo. Essere felici del successo di una persona a cui vuoi bene e ascoltare da lei cosa è accaduto e come, mi fa vivere la sua soddisfazione come fosse la mia. E poi ho imparato a godere della compagnia di me stessa, a saper stare in silenzio. Per fare un lavoro su di me. Anche nel ballo, dove il mio unico compagno a volte è lo specchio». Come per Alessandra Chillemi, anche per Agnese Quinti la perserveranza ha un ruolo importantissimo: «Negli ultimi anni ho visto crescere tante ragazze bravissime, mie coetanee, che si stanno facendo notare nel breaking. Penso a Camilla “Cami” Nuti e Angelica “Jeje” Fabbri, per esempio, che a Firenze hanno alzato tantissimo l’asticella. Ma nei giovanissimi vedo poca perseveranza nel praticare questa disciplina. Quando io ero più piccina, era diverso. Si faceva a gara per migliorare tra di noi. La perseveranza derivava dal fatto di vivere il breaking come un gioco e potersi sfidare per migliorare. Oggi, invece, viviamo nell’epoca di TikTok dove tutto è veloce».

Ma come sono considerate le donne del breaking? Prova a spiegarlo ancora Quinti: «A livello di disciplina la mia percezione è che da noi siamo ancora un po’ indietro. Un breaker è visto come un pagliaccio perché balla. Dal punto di vista tecnico, invece, le donne sono ancora poco considerate, ma possono vantare tanta creatività, più pazienza, e più in sintonia tra loro. Quando parlo di creatività, faccio sempre l’esempio di un pittore che dipinge il suo quadro. La creatività, per una donna, è ripassare sempre una pennellata per migliorare la sua opera. Secondo me le donne del breaking devono imparare a non paragonarsi tra loro e iniziare a confrontarsi con i b-boys per crescere e migliorare. A me, per esempio, è capitato diverse volte di confrontarmi con breaker con più esperienza. Abbiamo messo sul tavolo le nostre diverse opinioni, anche animatamente ma sempre con profondo rispetto reciproco. Questo ha fatto sì che due visioni completamente diverse si unissero per dare vita a un pensiero nuovo, frutto di entrambe.»

Sguardo al futuro, cuore nel presente

Il breaking potrebbe tornare ad essere disciplina Olimpica a Brisbane 2032. Un sogno sia per Alessandra Chillemi (che avrebbe 32 anni) che per Agnese Quinti (che ne avrebbe 29). Entrambe, però, mantengono il cuore al presente, consapevoli di voler continuare a portare l’anima della strada sui palchi di tutto il mondo mondo, cercando sempre nell’equilibrio la chiave per rimanere attaccate ai valori di perseveranza e creatività, e portando di volta in volta un messaggio nuovo: quello di due giovani donne che attraverso la voce della danza di strada trovano ogni giorno la versione migliore di se stesse, ispirando altre ragazze a seguire i loro passi. Perché la danza, come pensava Mata Hari, è una poesia in cui ogni parola è un movimento.

***

La newsletter di Alley Oop

Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.

Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com