
(Photo by Wakil KOHSAR / AFP)
Le donne in Afghanistan non hanno diritti. Un rapporto dell’Unesco del 26 marzo scorso tiene alta l’attenzione sulla situazione delle donne afghane e in particolare delle giovani in età scolare, alle quali – dopo il ritorno al potere dei talebani nel 2021 – è stato vietato di frequentare la scuola al di là di quella primaria. Secondo il rapporto, infatti, ben 1,5 milioni di ragazze afghane oggi non vanno a scuola.
Se il divieto persisterà fino al 2030- denuncia invece l’Unicef- oltre quattro milioni di ragazze saranno private del diritto all’istruzione e le conseguenze per queste ragazze – e per l’Afghanistan – saranno catastrofiche.
Un’agenzia di stampa di donne per le donne
Zahra Joya è scappata prima, ma conosce bene cosa significa vivere e voler studiare sotto i talebani. Giornalista afghana di 33 anni e fondatrice di Rukhshana Media, un’agenzia di stampa formata da sole giornaliste che coraggiosamente racconta le storie delle donne che vivono oggi in Afghanistan, Zahra Joya è stata incoronata nel 2022 dal Time una delle donne dell’anno per il suo impegno sociale. Ci parla da Londra dove ha trovato rifugio nell’agosto del 2021 proprio quando i talebani hanno fatto il loro ingresso a Kabul. «Ricordo ancora quanto è stato difficile uscire dall’Afghanistan, per me è molto doloroso ricordare quei giorni e, ripercorrere tutto. Sto cercando di dimenticare, ma non è possibile».
Zahra ha 5 anni nel 1996 quando i talebani prendono il potere per la prima volta in Afghanistan. Uno dei loro primi provvedimenti consiste nel vietare l’istruzione alle donne. Zahra, però, è decisa a continuare il suo percorso di studi e così continua ad andare a scuola usando un espediente scaltro: si traveste da ragazzo. Ogni giorno, a piedi per due ore, Zahra, camuffata, raggiunge la sua scuola. D’altra parte in quei posti capisci in fretta l’importanza dello studio. Dopo l’invasione dell’Afghanistan da parte di Washington nel 2001, Zahra si libera del suo travestimento per concludere in libertà il percorso scolastico e iniziare quello universitario in legge.
Ed è proprio in quegli anni che matura la passione per il giornalismo, arrivando a fondare un’agenzia di stampa formata da sole donne che lavorano in Afghanistan in totale anonimato perché impossibile per loro lavorare in pubblico. «Le giornaliste in Afghanistan non possono lavorare liberamente. Non possono intervistare uomini e non possono occuparsi di determinati argomenti».
La segregazione delle donne nel Paese ha raggiunto livelli da apartheid: «Purtroppo, in questi quasi quattro anni, i talebani hanno emanato leggi restrittive della libertà femminile e bandito completamente le donne dalla vita pubblica».
Gli effetti collaterali del divieto di istruzione sulle donne
Le restrizioni all’accesso all’istruzione nei confronti delle donne hanno un impatto enorme sulla loro salute. Con un minor numero di ragazze che ricevono un’istruzione, – dice Unicef– le donne affrontano un rischio più elevato di matrimonio precoce, con ripercussioni negative sul loro benessere e sulla loro salute. Inoltre, così facendo il Paese subirà una carenza di operatori sanitari qualificati.
Con un numero inferiore di medici e ostetriche, le ragazze e le donne non riceveranno le cure mediche e il sostegno di cui hanno bisogno. Si stima che ci saranno 1.600 morti materne in più e oltre 3.500 morti infantili.
Ma ad essere a rischio non è solo la salute fisica delle donne, ma anche quella mentale. «Da quello che mi dicono – racconta Joya – sta crescendo l’apprensione nei confronti della salute mentale delle ragazze che sono costrette dai talebani a non uscire di casa senza un familiare uomo. Ogni giorno mi vengono riportati casi di tentativi di suicidio in tutto l’Afghanistan».
Un destino precario non solo per le ragazze
Le politiche dei talebani non colpiscono solo le ragazze, ma indirettamente anche i ragazzi. Secondo un’indagine condotta dall’Unicef nel 2024 una buona parte dei ragazzi è stata avviata al lavoro per far fronte alla grave crisi economica del Paese, spesso anche prima di completare la scuola primaria.
Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione del regime talebano, le iscrizioni dei ragazzi sono diminuite da 4.092.658 (alla scuola primaria) e 1.393.423 (alla secondaria) del 2021-22 a 3.791.447 (alla primaria) e 1.177.363 (alla secondaria) dell’anno 2023-24. Inoltre i ritardi nei pagamenti delle indennità per le persone con disabilità e delle pensioni per i dipendenti pubblici hanno limitato e limiteranno ulteriormente l’accesso all’istruzione. Il perchè è presto detto. Questi ritardi, creando difficoltà finanziarie alle famiglie, non consentono loro di affrontare la spesa per pagare le tasse scolastiche. «Ultimamente – racconta Joya- stanno andando in Afghanistan diversi youtubers stranieri che vengono utilizzati dal regime talebano per farsi pubblicità e per propaganda. E’ assurdo.»
Il disimpegno americano in Afghanistan oggi
Più di 200 strutture sanitarie gestite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in Afghanistan, che forniscono assistenza medica a 1,84 milioni di persone, hanno chiuso dopo i tagli agli aiuti statunitensi annunciati dall’amministrazione Trump. Nel suo primo giorno in carica a gennaio, il presidente Donald Trump ha annunciato un congelamento immediato di tutta l’assistenza straniera statunitense, tra cui oltre 40 miliardi di dollari per progetti internazionali realizzati nell’ambito di USAID, l’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale. In seguito è stato confermato che oltre l’80% dei programmi USAID era stato cancellato.
Secondo l’OMS, le cliniche sanitarie di 28 delle 34 province afghane hanno chiuso. Questo sta portando a una crisi umanitaria, in un paese che è già alle prese con la povertà e i focolai di malattie come il morbillo, la malaria e la poliomielite. Insomma, piove sul bagnato in una situazione che era prevedibile. «Quel giorno (il giorno del ritorno dei talebani ndr.) abbiamo visto il fallimento dei nostri sforzi. E’ stato uno dei momenti più bui della storia dell’Afghanistan perché. Volevamo ricostruire il nostro paese, cambiare la nostra società. Ma sfortunatamente, tutto è svanito».
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