“Quelle del latte” nasce alla fine del 2023 attorno al tavolo di una cucina durante una cena tra donne. Una cena di quelle in cui le chiacchiere e le risate si trasformano piano, piano in parole profonde e si finisce per raccontarsi cose che si fatica ad ammettere persino a se stesse.

Adriana Busi
«Abbiamo iniziato a confidarci i problemi che ognuna aveva in azienda e che pensavamo fossero solo nostri per renderci invece conto che ci accomunavano. Non erano limiti, difficoltà o nostre inadeguatezze ma ostacoli creati dal sistema sociale e culturale in cui eravamo inserite. Rendercene conto ci ha fatto sentire finalmente meno sole» ricorda Adriana Busi, vicepresidente dell’associazione “Quelle del latte”, che riunisce le donne che operano nel settore della zootecnia da latte.
Di padre… in figlio
Un settore ancora fortemente maschile in cui le donne, nella maggior parte dei casi, continuano ad avere un ruolo gregario pur svolgendo molta parte del lavoro. «Non abbiamo un ruolo ma un posto» mi spiega Paola Aguzzi, presidente dell’associazione, intendendo dire che alle donne spettano compiti e doveri ma non riconoscimenti formali nell’organigramma dell’azienda che continua a essere in mano alla quota maschile della famiglia.
La maggior parte delle imprese agricole italiane di dimensioni considerevoli è, infatti, ancora oggi a conduzione familiare, e viene tramandata di generazione in generazione. Anche se l’ultimo censimento generale dell’agricoltura ha rilevato l’esistenza di molte imprese a guida femminile, in realtà costi, struttura del mercato e carico di fatica rendono molto difficile creare un’impresa dal nulla.
«Si tratta – rivela Agosti – di imprese minuscole di 1 o due ettari di terreno: il minimo necessario per ricevere i contributi previsti per le nuove realtà. In pratica sono aziende create defalcando una parte dei terreni di un’impresa più grande e le donne vi vengono messe a capo per motivi formali. Il vero business rimane però saldamente in mano a padri, mariti o fratelli».
In questo contesto le donne, più che imprenditrici, finiscono quindi per continuare a essere solo figlie, mogli, nipoti, con però tutto il carico di lavoro e di responsabilità (e il conseguente rischio burnout a cui le donne sono più soggette) di chi guida realmente un’azienda.
Qualcosa sta cambiando
Qualcosa però sta cambiando. Lo dimostrano le storie di Paola Aguzzi, prima farm manager italiana, e di Adriana Busi che, pur provenendo da un’impresa agricola familiare, è oggi titolare di una sua impresa che porta avanti assieme a collaboratrici donne.
Che il panorama del settore agricolo sia destinato a cambiare, facendo i conti con una numerosa presenza femminile rimasta per ora ai margini, lo dimostrano anche i numeri delle studentesse universitarie. «Ad oggi tra il 50% e il 70% di chi si specializza in veterinaria o produzione animale è donna. E crescono i numeri anche delle studentesse nei corsi di scienze della formazione animale, benessere animale e agraria» racconta Busi.
Uno spazio per dare voce
In questo contesto in evoluzione, Quelle del latte nasce per rispondere all’esigenza di creare un luogo in cui poter parlare e confrontarsi, condividendo problemi e soprattutto soluzioni. L’associazione ha puntato sulla formazione, come spiega Agosti: «Abbiamo organizzato corsi e incontri per gestire le emozioni nell’ambiente di lavoro e anche per migliorare nel bilanciamento vita-lavoro, imparando a gestire il tempo. Un altro tema caro alle nostre associate è la gestione delle questioni burocratiche che nelle aziende agricole vengono sempre demandate alle donne perché gli uomini le ritengono superflue. Peccato che dalla gestione dei conti e della burocrazia spesso dipenda il buon andamento di un’azienda. Abbiamo quindi creato momenti di confronto e approfondimento per fornire strumenti che consentano a tutte di muoversi con più sicurezza».
La formazione è diventata così occasione e momento di crescita professionale e personale, ma soprattutto un canale per mettere le donne al centro: «Mettere noi stesse prima del resto, ci ha dato una consapevolezza nuova e ci ha permesso di darci un valore che fino a quel momento non ci era stato riconosciuto da nessuno. È come se ci fossimo viste per la prima volta» ricorda Busi.
Il tabù del patriarcato
Essere viste è ciò che le associate di “Quelle del latte” hanno chiesto anche agli uomini che, spiazzati dalla loro iniziativa, hanno iniziato a domandare che cosa volessero ottenere concretamente. «Essere viste, considerate, riconosciute nel nostro contributo fondamentale. Voi sfruttare il nostro talento ma non ci fate partecipare ai giochi»: così hanno risposto Busi e Agosti a chi le guardava con sospetto e diffidenza.
Una reazione “inevitabile”, secondo Agosti, perché figlia di una mentalità estremamente arretrata che permea tutto il settore agricolo: «Stiamo parlando di un settore molto indietro dal punto di vista della parità di genere dove discriminazione e pregiudizi sono ancora la regola, anche all’interno della componente femminile che ha interiorizzato al punto questo stile da aver timore a parlare apertamente di patriarcato». Un termine considerato tabù anche da molte delle donne che fin da subito si erano avvicinate all’associazione.
«Avevano paura che parlandone apertamente avrebbero potuto subire ritorsioni e che non le avrebbero più fatte lavorare» confessa Busi. «Ci abbiamo messo quasi un anno – continua Agosti – a far accettare loro questo termine. Molte si sono convinte dopo il dramma di Giulia Cecchettin e dopo aver visto il film “C’e ancora domani” di Paola Cortellesi che ha infuso loro molto coraggio e ha fornito un importante esempio».
Il ruolo dell’esempio
A mostrare alle nuove generazioni una strada diversa, raccontando loro che per le donne in agricoltura lo spazio c’è e bisogna prenderselo con decisione, è anche la storia di Paola Agosti. Paola appartiene alla prima generazione di professioniste che hanno osato riscrivere regole che sembravano granitiche: prima tra tutte quella che un’impresa non può essere guidata da una donna.
«Sono nata in una grossa azienda agricola, figlia di un imprenditore visionario ma “padrone”, proprio come lo erano tutti gli uomini della sua generazione. Io però fin da giovane – ricorda Agosti – ho mostrato la mia insofferenza per un sistema che ci metteva ai margini e non ci consentiva di partecipare ai giochi». A Paola il padre aveva infatti concesso di occuparsi della contabilità, «ma dalla stalla dovevo stare lontana perché spettava agli uomini. Così dopo numerosi scontri ho mandato tutti a quel paese e me ne sono andata a lavorare altrove».
Paola è così diventata la prima farm manager italiana, un traguardo raggiunto non senza difficoltà, ma che l’ha vista risollevare le sorti di diverse stalle sull’orlo del fallimento. «Oggi vado in giro per l’Italia a dire alle giovani che non devono avere timore e che anche loro ce la possono fare come ce l’ho fatta io» conclude Agosti.
L’importanza della rete
Partita con 10 imprenditrici agricole sedute attorno alla tavola della cucina di Paola Agosti, oggi Quelle del latte conta più di 60 iscritte e moltissime simpatizzanti che seguono gli aggiornamenti e gli eventi dell’associazione. L’associazione ha inoltre fatto rete con altre organizzazioni simili presenti in Europa come la francese Vox Demeter e il gruppo polacco Agry Woman con le quali partecipa a seminari ed eventi per portare avanti le istanze di un settore che vive problemi simili in tutte l’Unione.
«Chiediamo diritti e riconoscimenti – precisa Busi – come per esempio l’indennità di maternità che ancora manca alle colleghe francesi». Spesso infatti le resistenze, oltreché dalla cultura patriarcale, arrivano anche da chi dovrebbe invece lavorare per eliminarle. «Mi è successo recentemente – rivela Busi – con la regione Lombardia: volevo partecipare a un bando per la parità di genere ma le aziende agricole non figuravano tra quelle ammesse come se persino le istituzioni dessero per scontato che il lavoro agricolo e zootecnico non possa essere a guida femminile. Quelle del latte è stata create proprio per fare che cose così non accadano più» conclude.
***
La newsletter di Alley Oop Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.
Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com