Scuola, la danza come strumento di inclusione delle neurodiversità

«A scuola ho tenuto a lungo lo sguardo basso, perché a sollevarlo avevo paura». I disturbi dell’apprendimento l’hanno fatta vergognare per anni, finché non ha trovato il suo riscatto: la danza sportiva. Anna Allegretti si racconta così, con voce emozionata, ma sguardo fiero, nella conferenza stampa  alla Camera dei Deputati mercoledì 12 febbraio. Lo spunto è stato discutere del libro che Anna Allegreti ha scritto con l’aiuto della scrittrice Anna Cherubini, «Doppio passo», dove si racconta la storia di un sogno. «Vivo come in un doppio passo continuo, ballo ed esisto nello stesso momento», dice Anna.

Con loro, Laura Lunetta, presidente di Fidesm, Silvia Lanzafame, presidente dell’associazione italiana dislessia, il professor Giacomo Stella, ideatore e responsabile scientifico dei centri Sos-dislessia, Michele Roviti, il regista del documentario «Anna e la danza», Paola Frassinetti, sottosegretaria all’istruzione, con la moderazione dell’onorevole Maria Elena Boschi.

I giovani non sognano più?

«Ho voluto fare questo docu-film perché il messaggio che contiene è rivolto a tutti, non solo a chi ha dsa. Sembra che i giovani si siano dimenticati di sognare. E, invece, è proprio quello che fa Anna: lotta e si sacrifica per realizzare il suo sogno» racconta Michele Roviti, registra del docu-film che narra la storia di Anna, dopo che alcune scene sono state trasmesse nell’auditorium.

Anna si è avvicinata alla danza sportiva all’età di otto anni, quando ha capito perfettamente che a scuola aveva dei problemi a leggere, a scrivere, a ricordare le cose. Negli anni si è chiusa in se stessa, quando entrava in un’aula. L’ambiente che avrebbe dovuto aiutarla a esprimersi e a imparare le «competenze irrinunciabili», come le chiama il professor Stella, la respingeva ogni giorno e lei si sentiva inadatta, fuori posto, isolata dai suoi coetanei per la sua diversità.

La danza è stata la svolta: «All’inizio avevo paura di trovare difficoltà a memorizzare i passi, poi ho capito che invece mi riusciva». E quello che all’inizio la famiglia di Anna considera uno strumento per allenare le fragilità della bambina diventa il suo sogno più grande.

«La danza è il mio modo di comunicare, per me è semplicemente libertà». Anna è sicura sulle piste da ballo, si muove con agilità e destrezza, apprende e ricorda tutti i passi delle coreografie, diventa una campionessa nel suo settore. Quello sguardo che tiene basso a scuola, impara ad alzarlo proprio con il ballo. E con grazia, una punta di timidezza, un sorriso che dimostra la serenità che si è conquistata, inizia a parlare del suo dsa prima con il regista Michele Roviti, poi con la scrittrice Anna Cherubini, «per far capire a tutti quanto la danza mi abbia aiutato».

Cosa sono le neurodisabilità?

Il professor Stella, nel suo intervento, fa una panoramica di quelle che sono le neurodiversità che comprendono i disturbi dell’apprendimento. «Tutti noi, biologicamente siamo diversi e unici. Quello che dobbiamo capire – e che la famiglia e poi la scuola hanno il compito di far emergere – è che tutti abbiamo delle difficoltà, ma anche dei talenti». Racconta di quando ha conosciuto Anna, una bambina che non voleva parlare di sé, ma che ha presto scoperto come le sue fragilità non necessariamente avrebbero compromesso tutta la sua vita.

I disturbi specifici dell’apprendimento (dsa) sono disturbi del neuro-sviluppo che riguardano la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente. Nel caso di Anna, comportano una difficoltà di imprimere ricordi nella memoria a breve termine. I disturbi dipendono dalle diverse modalità di funzionamento delle reti neuronali coinvolte nei processi di scrittura, lettura e calcolo. Si sottolinea che i dsa non sono una malattia, ma rappresentano un diverso neuro funzionamento del cervello.

«Il sistema della memoria è un sistema complesso» spiega il professore. «Negli anni, la ricerca scientifica ha fatto la scoperta delle differenze somatiche nella corteccia, per cui esistono neuro funzionamenti diversi. La scuola vorrebbe la standardizzazione di tutti, ma è una sofferenza indicibile». E allora cosa si può fare per aiutare la scuola a superare le barriere che ancora esistono?

Lo studio e il lavoro con neurodiversità

È indubbio che le certificazioni di dsa stanno aumentando a dismisura negli ultimi anni, passando da uno 0,9% degli studenti nel 2010/2011 al 6% nel 2022/2023, secondo i dati del ministero dell’Istruzione.
Le sfide che si ritrovano a dover combattere sono molteplici, non soltanto negli anni dell’apprendimento, dello studio, dove vivono con un costante senso di non sentirsi all’altezza, come dice Anna, ma anche successivamente in ambito lavorativo.
Silvia Lanzafame, presidente dell’associazione italiana dislessia, dichiara che «dopo aver ottenuto la legge 170, che riconosce i dsa come disturbi dell’apprendimento, lavoriamo costantemente per fare formazione, per dare informazioni cruciali alle famiglie, l’altro grande nucleo, insieme alla scuola, che lavorando in sinergia può aiutare ad abbattere pregiudizi e tabù». L’associazione ha inoltre ottenuto il traguardo della legge 25/2022 per la tutela dei lavoratori con dsa, perché ancora troppo spesso si escludono dal lavoro persone con una neurodiversità.

«La tecnologia ha aiutato tantissimo a risolvere molti dei problemi di questi studenti, ma il nostro lavoro non è ancora finito» afferma il professor Stella, su domanda dell’onorevole Boschi.

Perché la danza può fare la differenza?

In un passaparola accalorato, intervallato da riflessioni puntuali dell’onorevole, rispondono la presidente della Fidesm (federazione italiana danza sportiva) e la sottosegretaria all’istruzione Paola Frassinetti.

«Lo sport è un educatore formidabile, è la terza agenzia formativa dopo la famiglia e la scuola». Infatti, insegna il fairplay, aumenta l’autostima e il rispetto non solo per se stessi, ma anche per gli altri, e lavora per abbattere ogni forma di discriminazione. L’obiettivo è quello, da costruire insieme: creare una società più inclusiva.

«Disabilità, innovazione tecnologica, sport. Questi sono i campi dove vogliamo lavorare per andare incontro a una personalizzazione della didattica» dichiara la sottosegretaria. E l’esempio di Anna ci offre una visione più chiara delle cose: la danza ha origini antiche, culturali, folkloristiche, promuove l’unione tra i popoli, permette di «esprimere le emozioni» come dice la stessa Anna. La valorizzazione del movimento sportivo come la danza, e la musica di conseguenza, può sviluppare l’empatia, combattere la sedentarietà, lavorare per «fare gruppo» e non lasciare indietro nessuno.
«Abbiamo istituito un liceo coreutico per lo studio della musica, ma il nostro obiettivo ora sono le scuole primarie. Vogliamo incentivare lo studio sia della storia della musica, che degli strumenti musicali per aiutare i bambini a sviluppare coscienza e memoria».

All’applauso finale non mancano le parole di Anna, che chiude l’intervento con un messaggio importante: «Ho avuto difficoltà e le sto superando, la mia concezione del tempo è sempre su un doppio registro, un doppio passo, la diversità e la danza. Non dimentichiamoci che il movimento è celebrazione della vita. Io lo faccio, tutti i giorni».

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