Sanremo 2025, Cristicchi canta i genitori che diventano figli

ANSA/ETTORE FERRARI

C’è la cura, la tenerezza, l’ascolto, la consapevolezza di ciò che cambia, una storia personale che diventa universale: con “Quando sarai piccola” Simone Cristicchi racconta al Festival di Sanremo di quando i genitori diventano figli. Il cantautore parte dal suo personale, scrivendo della malattia della madre Luciana che nel 2012, a 63 anni, è stata colpita duramente da un’emorragia cerebrale.

«Questa notte sono andato a letto molto tardi, ero molto frastornato da tutto quello che ho vissuto nei tre minuti in cui ho eseguito la mia canzone. Volevo ringraziarvi con tutto il cuore per avermi permesso di essere tra i primi cinque, grazie a tutti quelli che hanno apprezzato questa canzone»: così il cantante racconta in sala stampa le emozioni della sua esibizione che, nella prima serata del festival sanremese, è stata accolta con una standing ovation dal pubblico in sala. E non solo: la sua esibizione nel corso della prima serata è tra i video più visti sul canale YouTube della Rai e nella cinquina degli artisti più votati dalla sala stampa. Il merito è aver reso universale una storia personale.

Con musica e parole Cristicchi mette in luce la quotidiana condizione di vulnerabilità delle persone anziane che vivono con una malattia mentale – secondo i dati Istat l’11,3% degli over 65 soffre di depressione, con una netta prevalenza nel genere femminile – raccontando il mondo che cambia anche per chi se ne prende cura: «Rallenteremo il passo se camminerò veloce, parlerò al posto tuo se ti si ferma la voce» canta l’autore, mentre l’Ariston applaude. E si commuove.

In Italia circa due milioni di persone soffre di demenza o disturbo neuro cognitivo

Cristicchi, insieme al suo intimo sentire, racconta il vissuto di tante altre famiglie. Come riporta l’Istituto mondiale della sanità, si stima che nel mondo siano più di 55 milioni i casi di demenza, la cui forma più comune è l’Alzheimer. In Italia attualmente sono circa due milioni le persone con demenza o disturbo neuro cognitivo maggiore o con una forma di declino cognitivo lieve.

«In Italia le persone con demenza sono 1 milione e 480 mila, destinate a diventare 2,3 milioni nel 2050» commentava Katia Pinto, presidente della Federazione Alzheimer, in occasione della giornata mondiale dell’Alzheimer dello scorso 21 settembre. I dati arrivano dal Rapporto mondiale Alzheimer 2024, redatto dall’Alzheimer’s Disease International (Adi) e diffuso in Italia dalla Federazione Alzheimer in occasione della giornata mondiale dell’Alzheimer dello scorso 21 settembre. Basato su un’indagine globale che ha coinvolto 40mila persone in 166 Paesi, lo studio analizza le percezioni, i comportamenti e le attitudini nei confronti della demenza, oltre ai cambiamenti avvenuti rispetto alla precedente indagine, datata 2019.

I risultati mostrano un preoccupante aumento della disinformazione sulla vera natura della malattia, stigma e concrete difficoltà sociali legate alla malattia. Ma anche una maggiore consapevolezza e impegno nella lotta contro la discriminazione: un messaggio che nelle parole di Cristicchi – «C’è quella rabbia di vederti cambiare e la fatica di doverlo accettare» – emerge in tutta la sua complessità.

La disinformazione sulla demenza aumenta lo stigma: l’88% delle persone lo sperimenta

Disinformazione e stigma non raccontano la vera natura demenza. L’80% degli intervistati nel Rapporto mondiale Alzheimer 2024 ritiene, sbagliando, che la demenza sia una naturale conseguenza dell’invecchiamento: un dato in aumento rispetto al 66% del 2019. Ancora più preoccupante è che il 65% degli operatori sanitari condivide questa convinzione, con un aumento del 3% rispetto a cinque anni fa.

Rispetto al 2019 è aumentato anche lo stigma sociale legato alla demenza. L’88% delle persone con demenza dichiara infatti di averlo sperimentato in prima persona, un dato in aumento rispetto all’83% del 2019 e che implica una diretta conseguenza: il 31% dei gli intervistati evita le situazioni sociali e il 36% ha smesso di cercare lavoro per paura di essere discriminato.

In Italia il tasso di solitudine degli anziani è il doppio rispetto alla media dei Paesi europei

L’isolamento è una condizione di grave fragilità per le persone anziane e l’Italia è uno dei Paesi occidentali in cui il binomio tra anziani e solitudine è più stretto. Già nel 2023 il rapporto “La quasi terza età: salute e benessere della popolazione over 65” dell’Osservatorio Salute Benessere e Resilienza, analizzando vari aspetti del legame tra salute e anziani, evidenziava l’isolamento sociale come una delle preoccupazioni principali.

A rilanciare l’allarme è l’Associazione Italiana di Psicogeriatria (Aip) che, nel congresso “Integrazione e innovazione. Fondamenti del sapere psicogeriatrico” dello scorso aprile, riporta i dati relativi alla solitudine e ai suicidi. Nel nostro paese nel 38% dei casi riguardano persone con più di 65 anni, sebbene queste ultime siano poco più del 20% della popolazione. Le ragioni sono da ricercare nella solitudine e nel cosiddetto “ageismo”, l’insieme di discriminazioni dovute all’età anagrafica che minano il godimento dei diritti basilari degli “over”.

Gli psicogeriatri denunciano che il tasso di solitudine è il doppio rispetto alla media dei Paesi europei: è un problema sociale, ma anche clinico, essendo associata ad un aumento del rischio di depressione, disturbi del sonno, demenza e malattie cardiovascolari. Coloro che non hanno nessuno a cui chiedere aiuto che sono il 14%, mentre coloro che non hanno nessuno a cui raccontare cose personali il 12%, a fronte di una media europea del 6,1% (dati Eurostat).

Una condizione di estremo isolamento e fragilità che spiega il dato sui suicidi: sia per gli uomini che per le donne la mortalità per suicidio cresce con l’aumentare dell’età. Mentre per le donne questo aumento è piuttosto costante, per gli uomini si evidenzia un incremento esponenziale a partire dai 65 anni. Tra gli uomini nella classe di età 65-69 anni si registra un tasso pari a circa 14 suicidi ogni 100.000 abitanti della stessa età, che aumenta progressivamente fino a raggiungere, tra gli over 95enni, un picco di circa 46 suicidi ogni 100.000.

Oltre 7 milioni di caregiver in Italia

L’isolamento degli anziani è un dato e si registra nonostante In Italia i caregiver (coloro che si occupano di un familiare che necessita di assistenza continua) siano più di 7 milioni. Tra questi, più di un lavoratore su 3 (il 38%) si prende cura di un congiunto non autosufficiente, «nella maggior parte dei casi personalmente e senza alcun supporto esterno, a fronte di un 33% che si rivolge a strutture, o professionisti privati, mentre solo 1 su 4 (il 25%) accede a organismi pubblici»: è quanto emerge dallo studio “Care 4 caregiver”, realizzato congiuntamente da Jointly e Boston consulting group, su un campione di 12.000 dipendenti di aziende di settori diversi (telecomunicazioni, trasporti, alimentare, energia e credito).

Un’incidenza, che sottolinea il rapporto, «non può che essere destinata a crescere in un Paese in cui l’aspettativa di vita si sta progressivamente allungando e dove oggi quasi 1 cittadino su 4 (il 24,1%) ha più di 65 anni, secondo gli ultimi dati Istat».

Quella portata sul palco dell’Ariston da Cristicchi non è una narrazione fantastica. «Ti insegnerò a stare in piedi da sola, a ritrovare la strada di casa. Ti ripeterò il mio nome mille volte perché tanto te lo scorderai» è la storia reale di chi tutti i giorni vive una quotidianità fatta di cura. Da dare o ricevere.

«Ascoltandoti, anche in prova non c’era nessuno che non si fosse commosso – aveva già detto a Cristicchi il conduttore del Prima Festival Gabriele Corsi, che con il padre ha avuto un’esperienza simile a quella raccontata nella canzone – C’è chi dice che il dolore condiviso è più leggero. Non so se sia così, ma io ti dico semplicemente grazie».

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  • Clerici Mauro |

    Caro Criticchi,mi congratulo con te per la tua canzone a Sanremo, tratta un argomento che pochi conoscono,anch’io ho fatto la stessa esperienza con mia madre,è vero,i malati di Alzheimer ritornano bambini,ma io come te ,l’ho assistita fino alla sua morte a 88 anni,sempre con piacere,anke se la cosa era molto pesante, ma l’ho fatto con affetto infinito per lei,e l’ho rifarei centomila volte anke se ciò comportasse una stanchezza infinita ,vorrei essere crollato io al suo posto, ma la vita,ad un certo punto, presenta sempre il conto,grazie Simone di aver messo in evidenza tale problema attraverso la tua canzone.
    Di nuovo complimenti e GRAZIE.

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