Violenza donne: sui giornali il focus è ancora sulla vita di lei. Tranne se il violento è extracomunitario

Il racconto della violenza sulle donne presenta ancora «tendenze distorsive» e sottodimensiona il fenomeno. Manca un quadro strutturale e culturale, la vittima non sempre è riconosciuta come tale e, d’altro canto, al maltrattante  spesso non si riconoscono le responsabilità. Il quadro che viene fuori dalle prime stime del progetto Step-Roma-Le parole giuste, che ha analizzato finora nove testate cartacee locali, non sono confortanti. «Ancora oggi commenta Flaminia Saccà, professoressa di sociologia della violenza di genere all’università La Sapienza e presidente dell’Osservatorio Step – capita di leggere che due minorenni andando ad una festa sono state stuprate dal “ragazzino”. Trasformando così uno “stupratore” in una figura sostanzialmente innocua. Spesso poi l’uomo è assente dal racconto. La violenza sembra una fatalità che capita alle donne, non è qualcosa che viene agita su di loro da uomini violenti. Con alcune eccezioni. Se l’uomo è extracomunitario, allora si tenderà a focalizzare su di lui. L’uomo, quando viene descritto, viene per lo più individuato per le sue origini etniche (di origine marocchina, egiziana, nordafricana). Invece purtroppo sappiamo che spesso i maltrattanti hanno le chiavi di casa».

Si raccontano prevalentemente femminicidi e stupri, 1% del totale delle violenze

In questo contesto, sembra che la violenza sia sostanzialmente il frutto di incredibili e inspiegabili follie, raptus o vendette individuali. Invece andrebbe inquadrata nella realtà sociale, storica e culturale. «Ad esempio, bisognerebbe – continua Saccà – tenere conto dei dati del Global Gender Gap Report, che collocano l’Italia all’87esimo posto nel mondo (su 146) per parità di genere, con soltanto il 70,3% del divario di genere colmato. L’anno scorso si posizionava meglio, al 79esimo posto, a dimostrazione che i diritti delle donne sono storicamente tra i più volatili». La violenza viene sottodimensionata anche perché si racconta solo la punta dell’iceberg, le manifestazioni più evidenti, come femminicidi e violenze sessuali. Dalle prime stime dell’Osservatorio, emerge come, nonostante i dati della Polizia di Stato da anni evidenzino come la violenza domestica sia la tipologia di violenza maschile alle donne più diffusa, per la stampa romana sembra che il fenomeno sia rappresentato sostanzialmente da violenza sessuale e femminicidi (che non raggiungono nemmeno l’1% dei casi).  Le donne poi, sono per lo più descritte attraverso stereotipi e pregiudizi: giovani, spaventate, e identificate sistematicamente con il solo nome di battesimo, raramente, e in maniera marcatamente diseguale rispetto a quanto avviene con gli uomini, con il proprio titolo o qualifica professionale.

Progetto Step nel solco della Convenzione di Istanbul

In questa prima fase del progetto la scelta è caduta sui media locali che raggiungono una percentuale consistente della popolazione e svolgono un ruolo informativo essenziale, riconosciuto anche dall’Agcom e si è deciso di prendere in considerazione, per il momento, per l’analisi solo le edizioni cartacee. I  nove quotidiani analizzati, di cui tre sono edizioni locali di quotidiani nazionali, sono La Repubblica edizione Roma; Corriere della Sera edizione Roma; Metro edizione Roma,  Avvenire; Il Fatto Quotidiano; Il Manifesto; Il Messaggero; Il Tempo; L’Osservatore Romano. Iniziative come quelle del progetto Step, tra l’altro, si inseriscono nel solco del pilastro della prevenzione previsto dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013.  Il progetto, promosso e sostenuto dall’assessora alle Pari Opportunità Monica Lucarelli e nato da un accordo di collaborazione tra Roma Capitale e la Sapienza, prevede la partecipazione del Dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale, referente Stefania Parisi, associata di sociologia dei processi culturali e comunicativi, e la collaborazione di un comitato composto dalle responsabili territoriali delle Commissioni pari opportunità dell’Ordine dei giornalisti del Lazio di Stampa romana e Usigrai, nonché da Giulia – Giornaliste Unite Libere Autonome, e dalle esperte dell’associazione Differenza Donna. Alla luce dei primi risultati,  Vanna Palumbo, presidente della Cpo di Stampa romana, suggerisce di puntare fin dall’inizio sulla formazione dei giornalisti e delle giornaliste: «dobbiamo cercare di generare a monte un processo virtuoso. Agire sul linguaggio è importante. Ma a volte è come se il cronista, nella velocità di redazione di un testo, debba fare lo slalom fra i termini (giustamente) inibiti per un racconto corretto.  Più efficace, almeno per le future leve, prevedere in sede di preparazione dell’esame professionale una manualistica che contempli il lessico adeguato alle varie discipline che affronterà da giornalista. Se non si introietta la modalità giusta di scrivere di cronaca nera e di violenza sulle donne (ma vale anche per altri campi) il lapsus calami sarà sempre in agguato».

Sensibilizzazione e informazione dei dipendenti di Roma Capitale tra le iniziative

Tra le iniziative previste dal progetto spiccano incontri di sensibilizzazione di assistenti sociali e rappresentanti della polizia municipale capitolina, la realizzazione di sei pillole formative per i dipendenti di Roma Capitale per aumentare la consapevolezza del fenomeno e delle sue ricadute sociali, la produzione di vademecum sul tema, dedicato ad assistenti sociali, giornaliste/i e a operatrici/ori del settore, la produzione di un prontuario contenente le linee guida sull’uso del genere nel linguaggio amministrativo del Comune di Roma, un  sito del progetto, da lanciare nel 2025, contenente dati, video, materiale formativo e informativo e  una campagna social, di sensibilizzazione sul tema, da lanciare nel 2025, rivolta in particolare ai più giovani. La conclusione del progetto, con la presentazione dei dati definitivi, ci sarà il 25 novembre 2025.

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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.

Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.

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