Al mondo 650 milioni bambine e ragazze hanno subito violenza sessuale. Una su cinque. Sarebbero poi tra i 410 e i 530 milioni, uno su sette, i bambini e ragazzi. Inoltre, sono più di 370 milioni le donne stuprate o che hanno subito un abuso prima della maggiore età. Cifra stimata tra i 240 e i 310 milioni per gli uomini vittime di violenza durante l’infanzia. Si tratta di un fenomeno pervasivo che non conosce confini, culture, livelli economici. E per quanto non sia una situazione sconosciuta, per la prima volta una pubblicazione Unicef ne fa una stima e stabilisce la portata numerica più dettagliata.
Le cifre sono riportate nel report “When Numbers Demand Action” pubblicato a inizio ottobre dal Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia. Il primo studio che guarda nel dettaglio ai numeri della violenza sessuale perpetrata sulle bambine e i bambini. Si tratta di una raccolta fino ad ora inedita che dati alla mano tratteggia uno scenario impietoso, dalla diffusione ampissima e dalla capillarità mondiale. Nessun Paese escluso, nessuno immune.
I pericoli per le adolescenti
Delle stime preoccupano particolarmente, da una parte, la situazione in cui si trovano le adolescenti. Secondo i dati infatti la maggior parte degli atti violenti avviene durante questa fase della vita, con le punte più alte tra i 14 e i 17 anni e ripercussioni che poi si protraggono per lungo tempo. E dall’altra, il rischio delle giovani vittime di essere esposte al perpetrarsi degli abusi.
Nel raccogliere e studiare la situazione, l’Unicef sottolinea le tante sfide nel dipingerla puntualmente ma anche la necessità di uno sforzo maggiore per farlo. L’agenzia infatti non nasconde che la scala di «questa violazione dei diritti umani è esecrabile e da tempo difficile da quantificare, a causa dello stigma, delle difficoltà di misurazione e degli investimenti limitati nella raccolta dei dati».
«È chiara la necessità fondamentale di investimenti sistematici nel generare dati. Il fatto che molti Paesi non abbiano ancora stime di base, dimostra come la violenza sessuale sui bambini ha raramente ricevuto la stessa priorità di altre questioni su cui i governi producono regolarmente statistiche».
La geografia delle violenze
La difficoltà nel tracciare un quadro più specifico sono legata a una serie di fattori. Tra questi, per esempio, la mancanza in molti Paesi di una raccolta dati di base attendibile. O la carenza di azioni di monitoraggio, segno questo di una scarsa propensione a considerare il tema come una priorità. E dedicargli quindi risorse per stilare statistiche come succede per altri ambiti. Un altro limite che non complica la definizione dei confini del fenomeno della violenza sessuale sui bambini e le bambine è la difficoltà stessa per molte delle vittime di denunciare: troppi non sono nella posizione o non sono in grado di farlo.
Per quanto siano variabili anche già la raccolta delle evidenze stesse nelle diverse aree del mondo, lo studio conferma la diffusione capillare a livello mondiale. Guardando alla situazione per le ragazze e donne, il numero più alto di vittime è registrata nella zona dell’Africa Sub-Sahariana, dove si registrano 79 milioni (il 22%) di vittime femminili.
Seguono questo triste primato parte delle nazioni asiatiche: le zone più orientali e il sud est del continente contano 75 milioni (l’8%) di ragazze e donne che hanno subito abusi. Mentre le nazioni meridionali e centrali arrivano a registrarne 73 milioni (il 9%). Numeri allarmanti arrivano anche dal mondo occidentale con 68 milioni (il 14%) di vittime in Europa e nord America.
Al mondo però l’incidenza percentuale più alta è quella dell’Oceania: i 6 milioni di vittime registrate, rappresentano il 34% del totale delle donne del continente. Qui una donna su tra riporta di essere stata violentata o aver subito attacchi di natura sessuale durante l’infanzia.
Dalla definizione al quadro generale
La classificazione internazionale della violenza contro i bambini, identifica il fenomeno come «qualsiasi atto di natura sessuale deliberato, indesiderato e non essenziale, compiuto o tentato, perpetrato nei confronti di un minore anche a scopo di sfruttamento che provochi o abbia un’alta probabilità di provocare lesioni, dolore, o sofferenza psicologica».
Nel 2015, la comunità globale si è impegnata a lavorare per porre fine al fenomeno entro la fine del decennio, indicando questo sforzo tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Nonostante tutto, però risulta molto complicato già capire la portata effettiva della situazione, proprio a causa della difficoltà nelle misurazioni e i pochi investimenti riservati alla raccolta dati. Una carenza particolarmente evidente, segnala l’Unicef, quando si guarda all’esperienza dei bambini e ragazzi. Al punto che, stando alle ricerche recenti, l’incidenza di questi abusi in particolare potrebbe essere molto più alta rispetto a quanto si pensava in passato.
A prescindere dal genere, e per quanto diffusa capillarmente ovunque, il report segnala che la prevalenza di assalti sessuali durante l’infanzia è più alta nei Paesi a basso reddito, con il 26% di donne sopra i 18 anni che hanno subito violenza prima della maggiore età. Percentuale che è pari al 15% nelle nazioni ad alto reddito. Peggio va nei Paesi in situazioni di fragilità: qui i valori relativi agli abusi sui minori sono due volte più alti rispetto alla media mondiale.
Dai dati alle azioni
La dimensione del fenomeno registrata nel documento dell’Unicef mostra che a livello globale la società non sta progredendo nel difendere i diritti base dei bambini. Inoltre a guardare le statistiche e la profondità della situazione, la strada da percorrere sembra diramarsi in mille direzioni, risulta piena di ostacoli o addirittura in stallo. Secondo l’agenzia però: «Garantire che tale violenza, in tutte le sue forme, sia documentata attraverso dati solidi è un primo passo verso la sua eliminazione, perché dai numeri deriva la responsabilità».
Contare le vittime, corrisponde, secondo il report, a renderle visibili così che «la promessa di protezione diventa una possibilità reale».
È urgente intervenire in più ambiti come lavorare sulle norme sociali e culturali che perpetuano le disuguaglianze di genere, per esempio, o consolidano certi aspetti di mascolinità negativa e “diritti sessuali maschili” prevalenti. Oltre a tutte le situazioni che spesso scoraggiano i bambini dal cercare aiuto. Servono, scrive l’Unicef «interventi che incoraggiano discussioni riflessive […] interventi nelle scuole e nelle comunità che promuovono una mascolinità positiva e incoraggiano il sostegno dei parti attraverso azioni efficaci».
A livello legislativo, gli Stati «hanno l’obbligo di garantire che ogni bambino vittima di violenza sessuale abbia accesso a servizio che supportino la giustizia e la guarigione e riducano il rischio di ulteriori danni». E quindi «devono rafforzare le leggi per proteggere i bambini da tutte le forme di violenza sessuale, in linea con gli standard internazionali».
Oltre alla criminalizzazione degli abusi e dello sfruttamento dei minori, inoltre, “devono introdurre misure per sostenere le vittime e i testimoni nel sistema giudiziario”. Senza dimenticare, poi, che: «Gli sforzi futuri dovrebbero concentrarsi non solo sulla documentazione della prevalenza della violenza sessuale tra tutti i bambini e in tutte le sue forme, ma anche sull’esplorazione dei fattori sottostanti che la alimentano».
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