Sono tante quanti i colleghi uomini ma la loro presenza ai piani alti dei principali studi legali è ancora una rarità e il loro reddito medio nettamente inferiore. Una situazione che, con il passare degli anni, finisce per spingerle ai margini della professione e costringerle molto spesso a lasciare. I numeri dell’ultimo rapporto sull’avvocatura 2024 parlano chiaro. Ed è proprio a partire da questi dati che è partito il congresso nazionale dell’Associazione donne giuriste Italia (Adgi) che si è svolto a Roma dal 28 al 30 ottobre 2024 e che ha visto la partecipazione di più di 180 socie arrivate da tutta Italia, oltre alla prima presidente della corte di Cassazione Margherita Cassano, e figure di spicco dell’avvocatura e della magistratura. Al centro dell’evento il tema del divario di genere, l’incidenza delle professioni legali sull’economia, sulla società e sullo Stato di diritto e soprattutto la presentazione di due proposte concrete per migliorare la situazione delle professioniste legali.
Redditi al palo
Secondo l’ultimo rapporto sull’avvocatura le professioniste guadagnano il 51,7% in meno dei colleghi. Gli uomini hanno infatti un reddito medio pari a 59.172 euro, contro quello delle donne che si assesta sui 28.592 euro. Una disparità pesante che, invece di diminuire, sembra accentuarsi con l’età come a dire che in questo settore nemmeno l’anzianità e l’esperienza sembrano essere elementi sufficienti affinché i clienti riconoscano alle avvocate la stessa credibilità dei colleghi uomini. Se, infatti, nella fascia 30-34 anni il reddito delle professioniste è 26,7% in meno (17.570 euro in media contro i 23.984 euro degli uomini), in quella che va dai 35 ai 39 anni il divario aumenta al 39% (22.099 euro contro 36.231 euro dei colleghi ) e in quella che comprende le avvocate che hanno tra i 55 e i 59 supera persino il 50% in meno (37.389 euro contro gli oltre 75mila degli avvocati).
Ma perché le professioniste continuano a guadagnare meno degli uomini? Secondo Irma Conti, presidente di Adgi «nel nostro settore, come d’altronde in molti altri, c’è ancora lo stereotipo del professionista solo maschile. Il cliente – soprattutto se uomo – è naturalmente portato a conferire l’incarico a un uomo perché lo ritiene più professionale e competente. Gli uomini tra di loro hanno inoltre un network forte e si segnalano a vicenda, si sostengono».
Se la parità numerica non basta
L’avvocatura rimane quindi una delle professioni in cui nonostante la parità numerica sia stata praticamente raggiunta (gli iscritti alla Cassa Forense al 31 dicembre 2023 sono infatti 236.946, di cui circa 125 uomini e 111.500 donne), le professioniste continuano non solo a guadagnare nettamente di meno, ma anche ad avere meno potere. Scarseggiano infatti ancora oggi le professioniste tra i nominativi dei soci dei più importanti studi legali d’affari italiani. Non solo. Sono sempre le donne quelle che decidono di abbandonare la professione, molto più degli uomini. Secondo i dati nel 2023 ci sono state 8.043 cancellazioni di cui 5.408 da parte di donne. Un numero che risente della scelta delle professioniste più esperte di abbandonare la professione. Se infatti nella fascia tra i 35 e 44 anni avvocati ed avvocate continuano ad essere in equilibrio, nelle successive gli uomini sono in netta maggioranza con percentuali di quasi il 60% tra i 55 e i 64 anni, e di oltre il 75% tra chi ha più di 65 anni. «Le avvocate – spiega Irma Conti – abbandonano la professione in numero maggiore con l’avanzare dell’età perché il loro reddito con il tempo invece che aumentare decresce e questo le spinge a cancellarsi dall’albo perché ovviamente non riescono a sostenere a lungo un’attività in perdita».
Eppure una partecipazione più equa e costante delle professioniste legali al mondo del lavoro sarebbe non solo auspicabile ma anche necessaria a livello economico. «Le professioni forensi valgono l’1,7% del Pil», ha rivelato Irma Conti. Va quindi da sé che il gender gap e il gender pay gap in questa categoria hanno ripercussioni pesanti sulla ricchezza totale che invece potrebbe crescere notevolmente se le professioniste fossero messe in condizione di poter lavorare e fare carriere proprio come i colleghi uomini.
Le proposte di Adgi
Adgi ha ricordato durante il convegno che per migliorare la situazione servono atti normativi concreti, come già avvenuto in passato, per esempio, con la legge che ha dato la possibilità anche alle donne di ereditare. Per questa ragione l’associazione ha elaborato due proposte da consegnare al governo. La prima prevede l’obbligo per tutti gli uffici pubblici di rispettare le pari opportunità nei processi di selezione per il conferimento degli incarichi. «E’ giusto – precisa Conti – che la scelta finale ricada sul candidato o sulla candidata migliore per quel ruolo. Tuttavia è altrettanto importante che, in fase di selezione, vengano date pari opportunità a tutti i candidati, senza escludere a priori uno dei due generi. Sappiamo infatti che alle donne quello che manca è spesso l’opportunità, non certo le capacità».
L’altra proposta elaborata da Adgi ed esposta da Irma Conti riguarda la conciliazione vita-lavoro delle giuriste. «Siamo consapevoli che tante donne lasciano la professione o la svolgono al di sotto delle loro capacità per la difficoltà a conciliare famiglia e lavoro. Quelle che ci provano devono spesso ricorrere a babysitter o ad altri aiuti per riuscire a lavorare con il risultato che tutto ciò che guadagnano finisce in queste spese. Per questo abbiamo proposto di introdurre la deducibilità totale delle spese che le professioniste sostengono per la cura dei figli. Riconoscere questa agevolazione avrà un effetto duplice: un aiuto per le professioniste e la creazione di nuovi posti di lavoro che sosterranno la ripresa economica». A queste due proposte presentate nel corso del convegno l’associazione delle donne giuriste vuole inoltre presto accostarne anche una terza: «Vogliamo proporre – rivela Conti – che la certificazione di parità per le aziende valga anche nella valutazione degli incarichi professionali così da equiparare davvero le opportunità per uomini e donne».
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