«No shame»: un invito ad abbracciare pienamente la propria autenticità, esprimendo ogni aspetto della propria identità, senza limitare né censurare l’espressione di sé, incluse debolezze, paure e desideri. È questo il tema di questa edizione del MiX Festival, la kermesse internazionale di cinema LGBTQ+ e cultura queer, in scena dal 26 al 29 settembre 2024 al Piccolo Teatro Strehler e Piccolo Teatro Studio Melato di Milano.
Sono 43 i titoli che compongono il programma, di cui 34 in anteprima nazionale. Inoltre video musicali, spettacoli teatrali, talk di approfondimento, una mostra e diversi ospiti tra artistə, registə, scrittori e scrittrici, per un appuntamento annuale che ha diversi punti di forza. Per primo, quello di creare un ponte tra realtà apparentemente lontane, per geografia o cultura, mettendo in luce quanto invece i vissuti delle persone queer siano simili e ancora troppo spesso drammaticamente impattanti sulle vite e sulle scelte di ciascunə. In secondo luogo, al Festival va il merito di aprire finestre su questi vissuti e queste esperienze anche e soprattutto per coloro che non appartengono alla comunità queer.
Forse, infatti, non è stato messo abbastanza in luce quanto l’occasione di esplorare queste narrazioni sia importante per una società che aspiri davvero a essere inclusiva, anzi, meglio, paritaria. Non ha senso pensare che un festival di cinema queer sia solo per le persone queer: lo è, nella misura in cui restituisce voce laddove la società l’ha tolta, ma è anche e soprattutto occasione per quella società di emanciparsi dai propri pregiudizi e andare nella direzione di comprendere che una minoranza è tale solo se qualcuno crea delle gerarchie nell’accesso ai diritti.
I documentari del Festival
A Rio de Janeiro e nella sua periferia, la gioventù LGBTQ+ non bianca racconta la cultura delle ballroom: sfilate di moda, concorsi di bellezza, spettacoli di danza, è difficile raccontare cosa sia una ballroom a chi non ne ha mai vista una, perlomeno attraverso uno schermo. L’eccesso e la meraviglia, la cura estetica e la self-confidence acrobatica, una ballroom è soprattutto un luogo dove le persone queer e non bianche possono prendersi una pausa da una società che non le riconosce e non ha molti spazi da offrire loro.
“Salão De Baile“, anteprima italiana, è il documentario brasiliano di Juru & Vitã che offre uno sguardo dall’interno su quest’universo, con performance colorate e testimonianze reali. «Una ballroom è come un pronto soccorso sanitario. Un luogo in cui entri ferito e ne esci guarito, anche se a volte non guarisci affatto» racconta una di queste testimonianze. E ancora: «Ti senti come in un’altra dimensione. Hai un corpo non conforme, chiunque ti guarda e si chiede chi è? Un lui? Una lei? Un loro? Ma in una ballroom vieni celebrato per questo. È come una pozione. Ti senti malato, poi vai lì e boom: torni alla vita».
“Reas” di Lola Arias, (produzione Argentina/Germania/Svizzera) è una docufiction, ma anche un musical, un camaleontico racconto che ci porta nel carcere argentino di Caseros, un’atipica dimensione di accoglienza per identità non conformi chiamate a rimettere in scena, anche attraverso la musica, una quotidianità perduta, tra arresti e relazioni interrotte. L’opera è stata presentata alla 74° Berlinale nella sezione Forum, e si muove lungo quel confine che separa realtà e finzione tra voguing, cumbia, concerti rock e sonorità pop. Un’opera che si smarca dai generi per esplorare il passato, il presente e l’intangibile futuro delle ex-detenute.
Un’altra anteprima italiana è “(Revolution, Fulfil Your Promise) Red Love” di Dora Garcia (produzione Belgio/Norvegia), proiezione prevista per sabato 28 con la presenza della regista in sala. È il racconto della vita della rivoluzionaria marxista, femminista e diplomatica dei primi del Novecento, Alexandra Kollontaï, prima donna nella storia contemporanea a essere nominata Commissaria del popolo , l’equivalente sovietico del ruolo di ministro, e una delle prime diplomatiche del xx secolo e probabilmente la prima ad essere ufficialmente elevata al grado di ambasciatrice.
«La solidarietà non dovrebbe essere intesa come la semplice consapevolezza di una comunità di interessi. La solidarietà è anche i legami sentimentali e spirituali che si instaurano tra i membri della stessa collettività. Questi sentimenti di simpatia, dolcezza e sensibilità derivano da una fonte comune: la capacità di amare»: basterebbero queste sue parole a spiegare quanto ancora abbia da dirci questa storica figura di donna in cerca di libertà e parità.
Tra filmati d’archivio e manifestazioni femministe a Città del Messico, Dora Garcia intreccia i fili che connettono il passato e il presente, la letteratura e le strade, trovando in Kollontaï una preziosa alleata dei movimenti queer e femministi in America Latina e altrove. Un documentario eversivo e profondamente militante.
Un paio di dettagli
Naturalmente nell’ampio programma del Festival non manca la fiction, dal film storico alla commedia musicale, dal noir alla rivisitazione di Pier Paolo Pasolini, e come sempre tutti i film presentati durante questa edizione saranno giudicati per le categorie lungometraggi, cortometraggi e documentari, da tre giurie internazionali.
Anche quest’anno, inoltre, nell’impegno per rendere accessibile la cultura, tutte le proiezioni e le iniziative saranno fruibili con il tesseramento al costo di 20 euro all’associazione MIX Milano APS, e si conferma l’iniziativa della “Tessera Sospesa”, pratica solidale avviata nel 2020 che consente di acquistare una tessera e di lasciarne un’altra a chi è in difficoltà.
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