Dalla Pet ai buchi neri l’impronta di scienziate italiane

Le antenne Alma (Atacama Large Millimeter Array) in Cile @GiovannaFocardiNicita

di Giovanna Focardi Nicita

Immaginatevi una notte incantata, sotto la volta celeste di San Pedro de Atacama nelle Ande cilene, dove l’universo si svela in tutta la sua maestosità. Qui si trova Alma (Atacama Large Millimeter Array), uno dei- più grandi radiotelescopi terrestri che sfida i cieli a 5mila metri di quota, là dove il soffio del vento e i sussurri delle galassie si intrecciano con l’acume delle menti più luminose della scienza. In questo scenario, sospeso oltre il tempo e lo spazio, ho avuto l’occasione di incontrare  Marilena Streit-Bianchi.

Radiobiologa di spicco nella comunità scientifica internazionale, ha avuto un ruolo pionieristico nello studio delle particelle ad alta energia al Cern di Ginevra e nel campo della medicina nucleare, contribuendo allo sviluppo della prima immagine Pet (Tomografia a emissione di positroni). Una donna che ha trasformato l’aspirazione personale in progresso per tutti. Giovane neolaureata con gli occhi pieni di meraviglia, nel 1969 mise piede in quello che è il tempio della fisica delle particelle, un crogiolo dove le menti più brillanti del panorama accademico convergono per rivelare i misteri dell’universo.

Marilena-Streat Bianchi

L’atmosfera del Cern la catturò immediatamente, accendendo in lei una scintilla: la convinzione di voler far parte di quella comunità eccezionale. Il percorso che l’avrebbe vista affermarsi in questo ambiente le ha fatto attraversare sfide complesse, per una donna già trasferirsi da Roma in Svizzera era navigare controcorrente. Passione e determinazione la hanno guidata, fino ad affermarsi già nell’ottobre del 1977 quando con un team di scienziati mostrò all’umanità l’immagine digitale della scansione di uno scheletro di topo che, per la prima volta, permetteva di individuare modifiche a livello metabolico prima delle alterazioni morfologiche.

La Pet è entrata nella routine analitica e Streit-Bianchi osserva con orgoglio i suoi traguardi, consapevole di aver realizzato un sogno: sfruttare la potenza dei fasci di particelle accelerate per combattere uno dei problemi più critici del nostro tempo, il cancro. Ha tracciato la sua strada attraverso un paesaggio incerto, dimostrando che la dedizione per la ricerca non conosce barriere di genere. Il suo esempio ispira e motiva, sottolineando il valore della mentorship e della reciprocità.

Lo sanno le donne dell’astronomia, quelle che hanno brillato come Margherita Hack, e quelle rimaste più nell’ombra. Oggi, tra le figure prominenti del panorama astronomico, emerge l’astrofisica Elisabetta Liuzzo, legata strettamente ad Alma. Lavora presso Inaf-Istituto di radioastronomia a Bologna, ed è componente del nodo italiano dello European Alma Regional Center per supportare la comunità scientifica nell’uso degli strumenti più avanzati per l’osservazione dell’universo. Fa anche parte dell’Event Horizon Telescope Consortium (Eht), una collaborazione internazionale di scienziati che mira a ottenere immagini di altissima risoluzione dei buchi neri, concentrandosi in particolare sulla regione intorno al cosiddetto “orizzonte degli eventi”, quel limite oltre il quale nemmeno la luce sfugge all’attrazione gravitazionale dell’abisso cosmico.

Elisabetta Liuzzo @GiovannaFocardiLicita

Il progetto Eht utilizza una tecnica di interferometria a lunga base, che permette di ottenere fotografie molto dettagliate come se gli astronomi disponessero di un super-microscopio, sfruttando una rete di radiotelescopi distribuiti globalmente, che operando insieme, creano un’unica antenna virtuale con una risoluzione senza precedenti. Liuzzo ha contribuito alle immagini rivoluzionarie del buco nero nella galassia M87 nel 2019, un traguardo nella ricerca spaziale che conferma la teoria della relatività generale di Einstein e apre a nuove prospettive la fisica dei buchi neri. Ha poi contribuito anche all’immagine della nostra galassia nel 2022, rafforzando l’impatto del suo lavoro nel campo astronomico.

La prima fotografia del buco nero M87 scattata dall’Event Horizon Telescope Consortium (Ehtc) nel 2019

L’audacia pionieristica di Marilena Streit-Bianchi e il percorso attuale di Elisabetta Liuzzo testimoniano come importanti scoperte scientifiche sono frutto di sinergie internazionali, che uniscono tecnologia e innovazione. Tra la prima immagine Pet e lo scatto del buco nero c’è l’impronta dell’impegno femminile. Queste immagini, diverse per applicazione ma unite nell’impatto rivoluzionario, dimostrano come svelare l’invisibile espanda le frontiere del sapere e il nostro potenziale di fronte alle sfide future. Avvicinarsi a queste scoperte, nel viaggio dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, può essere d’ispirazione per le giovani donne.

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