È online “Monetine”: una piattaforma di strumenti di educazione finanziaria ideati per contrastare la violenza di genere e favorire l’empowerment delle donne a rischio. L’iniziativa è realizzata da Glocal Impact Network grazie a un bando di Fondazione Finanza Etica che ha fornito 50mila euro nell’ambito del programma di erogazioni liberali di Etica Sgr, società di gestione del risparmio del Gruppo Banca Etica.
Monetine è una piattaforma di attivismo civico e finanziario nata per aiutare le donne in condizione di fragilità economica ad avere strumenti concreti di empowerment ed educazione finanziaria, realizzata in collaborazione con esperte di educazione finanziaria e attiviste come Azzurra Rinaldi, Ami Fall, Ella Marciello insieme a centri antiviolenza, con il coordinamento di Glocal Impact Network e il supporto di Fondazione Finanza Etica.
Formazione nelle banche per riconosce le situazioni di rischio
Per la prima volta i programmi di educazione finanziaria sono stati pensati per coinvolgere non solo le donne in condizione di vulnerabilità economica e le persone che operano nei centri antiviolenza, ma anche gli operatori e le operatrici bancarie che possono svolgere un ruolo importante nell’individuare le situazioni a rischio. La piattaforma comprende prodotti formativi e di comunicazione multicanale (video e documenti per reti antiviolenza, web e social) ed è partita con una sperimentazione in alcuni centri antiviolenza in Toscana (La Nara di Prato, Artemisia a Firenze, Luna di Lucca) e nelle prossime settimana anche in Campania (Less a Napoli).
Educazione finanziaria ancora troppo lontana dalle donne
«La socializzazione delle donne rispetto al denaro è improntata alla distanza», spiega Azzurra Rinaldi, economista femminista, docente di Economia Politica presso l’Università Unitelma Sapienza di Roma, dove è Direttrice della School of Gender Economics, e consulente di Monetine. «Questo lo vediamo fin dall’adolescenza, quando la differenza anche solo della paghetta è macroscopica: ai figli maschi si dà la paghetta, alle figlie a richiesta. Insegnando così alle ragazze a dovere chiedere, se non a implorare, per avere del denaro. Questo si rispecchia nella vita adulta, quando le donne fanno fatica a ottenere quello che spetta loro sul mercato del lavoro e a capire che, in molti casi, relazioni che poi diventano abusanti partono proprio dall’allontanamento della donna dalla gestione del denaro. Il rapporto che abbiamo con il denaro, che ci piaccia o no, è fondamentale per le nostre vite. E uno degli strumenti indispensabili per decidere delle nostre vite è guadagnare i nostri soldi ed essere in grado di gestirli, in autonomia».
La parola chiave è “empowerment”
Empowerment è una delle parole chiave del progetto Monetine. Un’altra è conoscenza. La violenza economica di genere, cioè l’insieme delle azioni volte a impedire a una donna di essere indipendente a livello economico e di gestire liberamente il proprio denaro, è tra le forme più dure di sopraffazione non fisica. Ciononostante è un fenomeno ancora poco indagato, anche se riguarda il 33% delle donne che si rivolgono a un centro antiviolenza. «Monetine fornisce strumenti per imparare a riconoscere la violenza economica», ci spiega Aminata Gabriella Fall, consulente finanziaria e divulgatrice, che per Monetine realizza la parte formativa del progetto. «Le prime destinatarie sono le donne ospiti nei centri antiviolenza, che devono riconquistare o costruire da zero il rapporto con il denaro e con gli istituti finanziari. Ma riteniamo che sia necessario che anche gli operatori e le operatrici dei centri antiviolenza abbiano gli strumenti per supportare le donne vittime di violenza nell’accesso in banca».
Stringere il legame tra le donne e le banche
L’ingresso in banca, infatti, è un momento molto delicato del reinserimento della persona in un ambito sociale ed economico. In generale le donne in Italia sono ancora molto restie a gestire i rapporti con gli istituti di credito, a maggior ragione se si tratta di persone con un background di violenza fisica e/o economica. Eppure l’accesso a strumenti bancari può essere un vero e proprio strumento di emancipazione e di dignità. Monetine è il primo progetto in Italia che si rivolge anche agli istituti di credito con una campagna di sensibilizzazione nei confronti delle persone che operano allo sportello e addette ai crediti, che potrebbero modificare in maniera profonda l’approccio nei confronti della violenza economica, limitando situazioni di potenziale rischio.
Obiettivo: esportare il progetto da Banca Etica agli altri istituti di credito
«Abbiamo accolto con entusiasmo la proposta di Monetine di costruire un dialogo e un confronto con chi lavora in banca, in modo da arrivare, se possibile, a una co-progettazione di strumenti non solo culturali, ma anche tecnico operativi per affrontare la violenza economica di genere dall’interno degli istituti di credito», spiega Teresa Masciopinto, presidente di Fondazione Finanza Etica (Gruppo Banca Etica). «Abbiamo deciso di sostenere il progetto di Glocal Impact Network, che ha vinto il bando “Mio il denaro mia la scelta”, grazie al fondo utili di Etica Sgr, su oltre 30 proposte presentate, perché abbiamo ritenuto di grande interesse la visione integrata del problema e di come poterlo affrontare dai diversi punti di vista. Abbiamo proposto a tutte le persone che in Banca Etica sono impiegate nel rapporto diretto con la clientela privata un questionario che ha registrato un’importante adesione», continua Masciopinto. «Fondazione Finanza Etica, per conto del Gruppo Banca Etica, lavorerà a fianco di GIN per presentare il progetto anche ad altri istituti di credito con cui collabora abitualmente».
«Un progetto», spiega Ella Marciello, communication strategist di Monetine «che pone l’azienda in conversazione con una serie di soggetti, in modo da avere un ruolo attivista e partecipativo al contrasto della violenza economica di genere. Tra le attività di comunicazione previste ci sono una serie di dirette sui principali canali social, per far conoscere il tema e offrire spunti e strumenti per trasformare un doloroso tabù in una questione che si può affrontare e risolvere».
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