Per le ragazze l’alcol sta diventando un problema

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Le donne sono più vulnerabili degli uomini agli effetti acuti e cronici dell’alcol eppure il numero delle donne che fa un uso problematico di questa sostanza è in aumento, soprattutto tra le fasce i età più giovani. Quando si utilizza il termine “alcolista” di solito lo stereotipo che la nostra società ha introiettato è quello dell’uomo di mezza età, magari di estrazione socioculturale medio bassa e, perché no, con determinate caratteristiche fisiche. Come ogni stereotipo, anche questo serve a tenere lontana la realtà e – inconsciamente – a proteggerci. Non si parla mai, infatti, di alcolismo al femminile: certo, le donne che hanno questa dipendenza sono molte meno, ma il fenomeno è in crescita.

I numeri: aumentano le criticità tra le donne, soprattutto giovanissime
A fine ottobre è stato pubblicato dal ministero della Salute il Libro Bianco “Informare, educare, curare: verso un modello partecipativo ed integrato dell’alcologia italiana”, dedicato agli operatori del settore, che contiene numeri e dati utili. Intanto, va ricordato che delle circa 800 persone che ogni giorno in Europa muoiono per cause attribuibili all’alcol, una percentuale relativamente alta di danni causati dal consumo di alcol si verifica in età giovanile, dove una morte su quattro dei ragazzi di età compresa tra 20 e 24 anni è causata dall’alcol. L’alcol causa circa 3 milioni di morti ogni anno nel mondo, nonché disabilità e cattive condizioni di salute di milioni di persone.

E in Italia? Dagli anni 70 a oggi l’Italia ha fatto enormi passi avanti nell’obiettivo di riduzione del consumo alcolico pro-capite, con varie oscillazioni negli anni e con un peggioramento della situazione con la pandemia. La fotografia del 2020 vede nel nostro Paese 8,6 milioni di consumatori a rischio (22,9% maschi, 9,4% femmine) con un incremento annuale del 6,6% e 5,3%, rispettivamente per i due sessi. Colpiti i target di popolazione più vulnerabili con minori (760.000) e anziani (2.600.000) come fasce di maggiore criticità (18).

La pandemia da SARS-CoV-2 ha reso ancor più problematico il consumo rischioso di tutte le bevande alcoliche tra quanti erano già a rischio. Sono aumentate le criticità tra le donne. Preoccupa molto l’aumento delle minorenni consumatrici: tra 16 e 17 anni la frequenza delle consumatrici a rischio (40,5%) raggiunge quella dei coetanei maschi (43,8%); tra 11 e 15 anni, 10 minori su 100 sono a rischio.

Cresce anche il binge drinking con 4.100.000 consumatori che si sono ubriacati nel 2020, 930.000 tra gli 11 e i 25 anni di età, con 120.000 minori intossicati di cui solo 3.300 hanno fatto ricorso ad un Pronto Soccorso, rappresentando comunque il 10 % circa dei 29.362 accessi per intossicazione alcolica.

Perché aumentano le adolescenti con dipendenza da alcol?
Senza dubbio dobbiamo tenere conto che la riprovazione sociale che colpisce l’alcolista donna fa sì che ci sia una forte dose di sommerso che, in parte, sta iniziando a emergere. Tuttavia, colpiscono i dati delle ragazze: ci sono giovanissime (se non bambine: cominciano a volte sotto i 10 anni), che usano l’alcol per disinibirsi emotivamente, come gran parte dei loro coetanei.

Ho visto e ascoltato ragazzine e ragazze raccontarmi di come l’alcol le aiuti a superare, ma io direi più a “dimenticare” per un po’, i travagli delle loro preadolescenze e adolescenze, fatte di inevitabili sofferenze, ipersensibilità e terrore di non piacere agli altri. Da sempre in questi temi il femminile rimane più incastrato emotivamente, e l’avere a disposizione uno strumento di illusorio alleggerimento le spinge a farne uso in modo massiccio.

Tra l’altro è enormemente aumentata la facilità con cui è possibile reperire alcolici a buon mercato: in qualsiasi angolo di città e paesi c’è il piccolo alimentati di turno che chiude un occhio e vende da bere anche ai giovanissimi.

Donne e anziane e la bottiglia-rifugio
Tutte le dipendenze nascono da difficoltà psicologiche di qualche tipo: depressione, ansia, angoscia, disturbi emotivi, che impediscono una piena realizzazione personale, che sembrano impossibili da risolvere e che, con un’abitudine automatica, si “nascondono” dietro l’ossessione per la sostanza da cui si dipende, destinata ad assumere il ruolo di protagonista assoluta di vite allo sbando. La difficoltà del contatto profondo con il proprio mondo emotivo, con un dolore o con un disagio difficile da gestire sono spesso le molle che contribuiscono allo sviluppo di una dipendenza.

Pensando all’altra fascia “fragile”, quella della terza età, sappiamo che la bottiglia diventa rifugio molto spesso in situazioni di solitudine e frustrazione, in cui il contatto con il dolore diventa insopportabile. In generale, una caratteristica che per esperienza ho visto nelle donne con un uso problematico dell’acol è che hanno la profonda convinzione di valere poco e niente, sono divorate dal senso d’inadeguatezza e con l’idea di non poter essere all’altezza delle prove e delle sfide – sempre maggiori – a cui lo stare al mondo le sottopone.

Le vie d’uscita: l’importanza di chiedere aiuto
Un libro toccante e magistralmente rappresentativo di questa condizione, declinata al femminile, si chiama “Eleanor Oliphant sta benissimo”, di Gail Honeyman, vincitore nel 2020 di un National Book Award. La protagonista è una donna inglese, con una quotidianità apparentemente “normale”, che ha un lavoro e una casa, ma con una storia di vita profondamente destabilizzante e non ben elaborata, che la porta a isolarsi da tutto e tutti e a cercare continuo sollievo nella vodka, la compagna delle sue notti, fatte di pianti e di sogni in cui immagina realtà parallele da cui si sente condannata a essere eternamente esclusa. Ma, complice l’amicizia di un collega, Eleanor sceglierà di affrontare il suo dolore anziché continuare a ignorarlo, e cercherà l’aiuto di una terapeuta, che la sosterrà nella risalita e nel lento superamento dell’alcolismo.

Il libro, delicato e profondo allo stesso tempo, indica una delle vie maestre per l’uscita dalla dipendenza o dall’abuso di alcol, che è quella della psicoterapia per andare alle radici del problema. Soprattutto, va detto, se si ha a che fare con adolescenti. Ma, come per tutte le dipendenze, quella da alcol richiede interventi mirati, strutturati e in rete: fondamentale il ruolo del gruppo dei pari, come insegna l’esperienza di Alcolisti anonimi, che si basa sul sostegno reciproco nel percorso di uscita dall’alcolismo con un forte accento sulla spiritualità e la creazione di una rete, proprio quella rete di sostegno che viene a mancare in questi casi. Alcolisti Anonimi è presente in oltre 160 Paesi di tutti i continenti e ha all’attivo più di 100.000 gruppi di autoaiuto.

Uscire dalla dipendenza è possibile, una vita felice è diritto di ogni essere umano, e trovare il coraggio di chiedere aiuto è il primo e fondamentale passo verso la trasformazione.

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