Daniela Gambaro e le storie quasi vere di donne, non solo mamme

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La letteratura, il cinema ma anche la tv come chiave per rappresentare e portare avanti un ruolo nuovo della donna, non solo madre e non solo figura “di supporto” dell’uomo, ma protagonista lei stessa. Divisa tra lavoro, carriera, figli. Alla ricerca di un nuovo equilibrio. C’è anche tutto questo nel lavoro di Daniela Gambaro, classe 1976, scrittrice e sceneggiatrice per il cinema e per la tv, vincitrice, per la raccolta di racconti “Dieci storie quasi vere” del premio Campiello Opera prima nel 2021 e menzione speciale alla XXXII edizione del Premio Italo Calvino.

Toccare con mano la solitudine della genitrice moderna nella grande città 

I racconti sono allo stesso tempo delicati e incisivi, realistici e a volte quasi disturbanti. La donna viene raccontata in tutte le sue sfaccettature, le madri sono imperfette, a volte depresse, a volte arrivano a dimenticare i figli in macchina, a volte si sacrificano per i loro figli, coltivano sogni reconditi e celano insoddisfazioni. Sono madri reali, vere, quasi vere. Aprono uno squarcio sulla realtà della maternità che non è tutta rose  e fiori, non è tutta felicità e complemento ideale della propria vita. “Ho toccato con mano la solitudine della genitrice moderna nella grande città, che magari viene da fuori e non ha la rete familiare come supporto.  Non si ha più la propria routine lavorativa e si passa la giornata da sole con il bambino. L’idea dei racconti – spiega Gambaro che è originaria di Adria, ha due figli e vive oggi a Roma – l’ho avuta quando è nata mia figlia e ho frequentato un consultorio vicino casa, un punto per le mamme che si incontravano una volta a settimana con un’ostetrica. L’occasione si trasformava per molte di loro nell’unico momento di socialità dell’intera settimana. Raccontavano la loro esperienza senza filtri, parlando senza vergogna ma con compartecipazione anche degli aspetti difficili o negativi della maternità”.

Personaggi rappresentati a tutto tondo, senza giudizio

“Dieci storie quasi vere” ha avuto un ottimo riscontro tra le donne e le mamme che lo hanno letto, che si sono sentire rappresentate e raccontate. “Quello che ho cercato di fare – racconta Gambaro – è raccontare i personaggi a tutto tondo senza giudicarli. Il rischio era che questo lavoro potesse diventare respingente, perché fa mettere in discussione come  mamme, ma, invece, è stato molto ben accolto”.

Dalla tv e dal cinema ai racconti passando sempre per la rappresentazione di una nuova figura femminile. Gambaro (che ha scritto alcuni film come “Ma che ci faccio qui”, “Cosimo e Nicole”, “La scuola più bella del mondo” o “Zoran, il mio nipote scemo” e alcune serie tv  come “Tutto chiede salvezza”, “Le indagini di Lolita Lobosco”, “I liceali”) nasce come sceneggiatrice e, nel corso di un lavoro ventennale, ha visto cambiare la rappresentazione della donna, al cinema e anche nella fiction. “Si sono aperti più spazi, le tematiche femminili sono più all’ordine del giorno, c’è più apertura e più interesse, più protagoniste femminili, il mondo del cinema abbastanza maschile si sta aprendo, le studentesse di cinema stanno aumentando, così anche le registe. Quando studiavo io nella classe di sceneggiatura ero la sola donna con cinque ragazzi. Ora le cose stanno cambiando; si rappresenta sempre più spesso una donna impegnata nel suo lavoro, più combattiva, a volte a capo di squadre maschili”. È il caso di Lolita Lobosco di cui Gambaro è sceneggiatrice. Una serie tratta dai romanzi di Gabriella Genisi che vede come protagonista una donna commissaria di polizia (interpretata da Luisa Ranieri), una sorta di Montalbano al femminile, con scarpe Loboutin ai piedi. “Abbiamo fatto un lavoro sulla declinazione del femminile del personaggio, lei è a capo di una squadra dove i maggiori collaboratori sono due uomini, abbiamo lavorato anche su di loro. Uno è innamorato di lei da sempre ma con famiglia, diviso tra l’amore concreto per la moglie e un’infatuazione quasi adolescenziale; l’altro personaggio più legato alla figura materna, un po’ maschilista che nel confronto con lei evolve. E lei è una figura forte di leadership ma complicata dal punto di vista affettivo, con nodi irrisolti nel passato”.

L’importanza di raccontare personaggi femminili forti

Attraverso la letteratura, il cinema o la tv, per Daniela Gambaro è importante “raffigurare personaggi femminili forti, donne impegnate non solo in famiglia, che non siano solo una figura di supporto dell’uomo. È giusto raccontare una donna che si guadagna il suo spazio, dimostrando quanto sia fondamentale far convivere carriera, lavoro e affetti, considerando anche l’aiuto più scarso che il sistema italiano appronta per le donne che fanno figli rispetto all’esempio dei Paesi dell’Europa del Nord. Purtroppo, In Italia tantissime donne smettono di lavorare quando hanno un figlio. Ma questo non aiuta, la rinuncia a un lato della vita su cui la donna ha investito tanto è pesante. Ormai la mentalità delle donne è formata per seguire le proprie aspirazioni. Ed è importante che ci sia il contesto adeguato per rendere possibile tutto ciò” .

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