Lo sport è una palestra di vita, un luogo dove apprendere valori e strategie: questa consapevolezza ha unito NikeXSchool e Festival dei Giovani® nell’organizzazione di un evento in streaming, durante il quale gli studenti di diverse scuole superiori italiane hanno intervistato sportivi del calibro di Sara Gama e Marco Belinelli.
Stimolati dalle curiosità dei ragazzi la calciatrice e il cestista hanno raccontato il sogno del loro percorso da campioni ma hanno soprattutto approfondito tematiche importanti relative allo sport. Sara Gama, capitana della nazionale italiana di calcio e della Juventus, ha disegnato un quadro della crescita del calcio femminile in Italia. Grazie all’effetto mediatico dei mondiali di calcio femminile del 2019 in Francia, sempre più bambine decidono di iscriversi alle scuole di calcio. Una scelta importante, che se fatta fin da piccoli può formare e far sviluppare competenze anche per il futuro:
“Un tema importante nella scelte dello sport per i bambini è accompagnare non imporre da parte dei genitori. E’ la passione che deve agire da faro. Se i genitori cominciano a essere troppo infervorati, trasmettono pressione ai figli e questo non fa bene allo sport e ai bambini. Da piccolo ti devi divertire non devi pensare a diventare un campione”.
La sua storia nel calcio è nata proprio come un gioco, non sognava di diventare una calciatrice. Il calcio femminile non rappresentava una prospettiva lavorativa nella Trieste della piccola Sara di 7 anni, mentre giocava con il regalo del nonno: “un pallone leggero con le immagini di Batman”. Quindi la passione e il divertimento l’hanno spinta ad andare avanti e solo il tempo e i buoni incontri hanno fatto sì che diventasse una professione, come racconta nella sua biografia “La mia vita dietro un pallone” (DeAgostini).
Il calcio femminile negli ultimi anni ha subito una trasformazione, la capitana della Juventus è stata anche eletta (prima donna nella storia dell’associazione) vicepresidente di Assocalciatori ed è consapevole di essere protagonista di un momento di svolta: “Siamo entrati in un acceleratore: da essere uno sport di nicchia, il calcio femminile ha visto ora accendersi i riflettori su di sé. Abbiamo avuto opportunità importanti. La risonanza mediatica porta a far conoscere l’intero movimento. Quando cominci a parlare di una cosa, quella cosa esiste prende sostanza”.
Altro sport, altra carriera, altra storia. Marco Belinelli, tornato in Italia dopo 13 anni in Nba e oggi giocatore della Virtus Bologna, condivide con i ragazzi in collegamento il suo amore per il basket a partire dal rumore che fa il pallone nella rete: “Ho un rumore preferito, quando la palla entra nel canestro e fa ciuff”.
Gianluca Gazzoli, conduttore di Radio DeeJay, modera il dibattito tra Marco Belinelli e i ragazzi collegati. L’atmosfera è allegra, sembra una festa in un’arena. Il campione è un vero esempio di umiltà e racconta che dopo gli anni in NBA è felice di essere di nuovo nel suo Paese e di rendere felici i suoi tifosi. Perché la verità è che non si gioca solo per sé stessi: “Mi ricordo un episodio, quando ho vinto la gara dei tre punti in NBA, il giorno dopo andai a vedere chi avesse vinto in passato la gara del tiro dei tre punti: solo due o tre europei. Questo mi riempì di gioia e di orgoglio e non solo per me stesso, penso sia stata una vittoria anche per tutti quelli che mi seguivano a notte fonda. Non è stata solo la mia vittoria ma di tutta l’Italia”.
Gli atleti hanno una responsabilità verso i propri tifosi e verso gli spettatori. Nel primo collegamento Gabriele da Nola porta sul tavolo della discussione un tema scottante: l’alterco tra Romelo Lukaku e Zlatan Ibrahimovic alla fine del derby milanese, stimolando la riflessione su quanto i campioni siano modelli anche fuori dal campo di gioco. Sara Gama conferma come il loro comportamento sia fondamentale perché sono personaggi pubblici: “Magari oggi vediamo delle scene che non sono in linea con i soliti valori dello sport. Quando si ha un certo tipo di esposizione, devi stare attento perché ti guardano tutti: gli adulti ma anche soprattutto i giovani, siamo dei modelli. Dopo di che nella vita ci sono episodi in cui non ci si comporta al top, l’importante è capirlo e non replicare”.
Anche per Marco Belinelli un campione non lo è solo in campo ma anche e soprattutto nella vita. Tante sono infatti le persone che ha incontrato e da cui ha imparato che tipo di persona diventare: “Ho cominciato a giocare a basket a 6 anni, è stato un amore. Negli anni mi sono ispirato a giocatori di basket come Michael Jordan e Kobe Bryant, sia come esempi in campo sia fuori dal campo. Ho sempre avuto davanti a me persone che mi hanno insegnato a comportarmi anche e soprattutto fuori dal campo: l’umiltà è un valore importantissimo”.
I campioni non sono solo atleti dalle doti fisiche e tattiche eccezionali ma anche fonti di ispirazione per la loro determinazione nei momenti difficili. Sara Gama da questo punto di vista è un esempio per i ragazzi che l’ascoltano. L’infortunio che la colpì quando giocava come professionista al PSG le consentì di dedicarsi allo studio. Non bisogna fermarsi: ‘Ho cercato di trarre il meglio che potevo dedicandomi agli studi, continuando la mia tesi, ho approfondito lo studio del francese. Ho cercato di fare tutto quello che potevo lontano dal campo. Perché un atleta non è solo quello che fa in campo. Nei momenti di difficoltà non bisogna abbattersi ma continuare a lavorare, prima o poi si raccoglie qualcosa’.
Anche Marco Belinelli spalleggiato da Gianluca Gazzoli sottolinea l’importanza del duro lavoro, soprattutto quando si vivono momenti difficili. “Non credete, ragazzi, alle persone che dicono di essere diventate famose per caso” dice Gianluca e Marco conferma che la fatica e il sacrificio hanno segnato la sua carriera: “Ci deve essere sacrificio e tanta voglia di lavorare. Io non sono una persona che ha un talento importante: sono 1.95, non sono 2.10 e non ho braccia lunghe. Non bisogna mai mollare, i primi due anni in Nba sono stati faticosi, li ho passati in panchina. Come mi hanno insegnato i miei genitori, la cosa importante è non mollare. Ho preso tutte le cose brutte che dicevano su di me e ho cercato di dimostrare sul campo quanto valessi. Semplicemente con il rispetto per le opinioni di tutti: bisogna lavorare forte e essere umili”.
Resilienza, forza di volontà e duro lavoro. Solo seminando, prima o poi si raccolgono i frutti dei sacrifici compiuti. Le parole di questi due campioni sono scuola vera per gli studenti che li hanno ascoltati.
“Siamo la generazione della svolta, siamo quelle che si sono semplicemente messe a fare e non è affatto scontato. Il calcio non è lo sport cui si rivolgeva una bambina nel nostro Paese. Bisogna fregarsene di quello che sta attorno e fare quello si ama” sottolinea Gama. E Belinelli è pronto a fare ciò che ama di più e ad accettare la nuova sfida in Italia: “Datemi una palla – dice – A me basta giocare a pallacanestro e sono felice”.