Stiamo ripartendo, ma lo shopping online non si è mai fermato. Anzi, ha rappresentanto un canale vitale per tante aziende italiane che attraverso l’e-commerce hanno continuato le loro attività anche durante la pandemia, addirittura aumentando il giro d’affari o registrando nuovi clienti (primo fra tutti il settore alimentare). Tra marzo e aprile il canale e-commerce della Gdo ha segnato una crescita del 200% rispetto al 2019, sia nella modalità click&collect che in quella dell’home delivery, secondo i dati dell’ufficio studi di Mediobanca sulla Gdo.
Non è stato così invece per il settore del fashion&lifestyle. Secondo l’indagine condotta nei primi mesi dell’emergenza da Netcomm Consorzio per il Commercio Digitale Italiano, su un campione di 150 aziende, l’88% ha dichiarato una diminuzione delle vendite. Anche se il canale digitale ha comunque rappresentato un valido supporto nella gestione dell’emergenza Covid per l’81% di esse.
E anche ora, con i negozi di abbigliamento di nuovo aperti ma penalizzati dalle restrizioni per ragioni di sicurezza, il commercio online rimane importante ed è destinato a crescere. Perché in tempi di contactless sarà strategico poter garantire ai consumatori velocità e sicurezza nelle fasi di acquisto (senza code in negozio, nessun rischio di contatto con ambienti o persone, accesso a indumenti non provati da altri).
Ma se in un prossimo futuro, negozi fisici e piattaforme online anziché farsi reciprocamente concorrenza, potessero contribuire a creare un valore aggiunto di esperienza al consumatore, indipendentemente dal canale utilizzato per gli acquisti?
In effetti le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale e l’innovazione virtuale stanno già ridefinendo nuovi rapporti tra brand e consumatori. Roberto Liscia, presidente di Netcomm, parla di l’acquisto diffusivo (già attivo negli Stati Uniti e in Cina): “Il cosiddetto everywhere shopping, o acquisto diffusivo, supera il concetto di vendita tramite canale (fisico e/o online) e mette al centro il cliente per permettergli di acquistare dovunque si trovi, in qualsiasi momento, e dovunque si crei un’esigenza“.
Potrebbe essere un QR presente sul cartello di un autobus, o visualizzato in prossimità di una vetrina di uno specifico brand, per consentire al consumatore di procedere direttamente all’acquisto di quello specifico prodotto. E magari andare in negozio solo per un’esperienza di showrooming e vedere il prodotto fisico, mantenendo il processo d’acquisto comunque in versione online.
O come l’iniziativa di Amazon Prime (Amazon Binge Shopping) collegata alle serie TV Jack Ryan stagione 2, versione francese. Facendo leva su aspetti emozionali e aspirazionali, il canale permette agli spettatori di acquistare direttamente quasi tutti i prodotti che appaiono nella serie (dallo zainetto, al gommone, alla fotocopiatrice, agli occhiali da sole) con pochi click.
L’agenzia francese di cool hunting Nelly Rodi parlando delle tendenze di shopping per il futuro cita il livestream shopping, ovvero la possibilità di acquistare prodotti collegati a live con personaggi famosi o icone pop. E dove i negozi fungono da content studios per promuovere i propri prodotti, ovvero punti da cui trasmettere per far vivere una vetrina social.
Altra tendenza sarà lo shopping avatar, un sistema per poter provare in modo virtuale i capi, prima di acquistarli. Con il vantaggio di potersi rendere conto già in fase di prova se il capo lo si desidera veramente o no. Questa modalità va incontro ad una crescente domanda per una moda sostenibile e uno shopping più consapevole.
La tecnica dei capi in 3D indossati da modelli virtuali o sovrapposti all’immagine della persona in effetti, oltre a facilitare una valutazione più oggettiva sulla resa finale prima dell’acquisto, si pone come un’interessante alternativa al fast fashion perché rende possibili tante prove senza dover produrre fisicamente i capi.
Questo sistema dovrebbe tra l’altro riuscire a contenere un fenomeno molto diffuso ma poco dichiarato dei ‘resi’, ovvero capi acquistati che vengono poi restituiti, che negli acquisti on-line arrivano a toccare il 40% delle vendite (contro il 10% nei negozi). Secondo Liscia di Netcomm, attraverso le nuove tecnologie in tema di sizing ed un più preciso calcolo delle taglie, si punta a far sì che per il 99% dei casi il prodotto acquistato non venga restituito.
E se la mancanza dell’esperienza tattile da parte del consumatore è tutt’ora un punto di debolezza per l’e-commerce, specialmente per quanto riguarda abbigliamento e accessori, le tecnologie correranno presto in aiuto. In Cina il portale Alibaba ha lanciato ‘Refinity’ un sistema che simula tatto e olfatto per può rendere più viva l’esperienza di acquisto. Che sia la nuova frontiera dei nostri acquisti?