Se la montagna rende 8mila dollari a un uomo e 4mila a una donna

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Sono passati 28 anni da quando, nelle maggiori città della Svizzera, 500 donne scesero in piazza per la prima volta per chiedere a gran voce l’applicazione dell’articolo costituzionale sulla uguaglianza. Era il 1991, e non si era mai vista in tutta la confederazione elvetica una manifestazione tanto massiccia. Da allora ogni anno, il ev4 giugno, la storia si ripete. E così  per domani l’Unione sindacale svizzera ha convocato lo sciopero generale, cui anche gli uomini naturalmente sono invitati.

Quest’anno le donne chiederanno più tempo e più rispetto per le donne. Ma soprattutto più soldi: o meglio, chiederanno la parità di stipendio. Lo spiega bene la snowboarder Anne-Flore Marxer, 35 anni, svizzera di Losanna, che dell’edizione 2019 è una delle testimonial: ancora oggi, nelle competizioni free-ride, il primo tra gli uomini prende 8.000 dollari, una donna invece 4.000.  Per la stessa gara, che si svolge nello stesso giorno. E sulla stessa montagna.

Che uguaglianza ci può essere, quando anche la montagna mostra due facce? Le donne svizzere, dicono le organizzatrici della manifestazione di domani,  guadagnano in media il 20% in meno degli uomini. Ma lo scalino della differenza è visibile anche in altri campi. A Zurigo, per esempio, il numero delle donne elette in parlamento non ha superato la soglia del 40 per cento anche se le elettrici più giovani, alle ultime consultazioni, non sono mai state tanto numerose.

 La Confederazione svetta in cima alle classifiche per la qualità della vita, eppure il Paese non è immune dal gender gap, e questo a dispetto del fatto che l’uguaglianza di genere sia stata incritta nella Costituzione. Ventotto anni fa le donne bloccarono i tram con il loro sit-in nel cuore di Zurigo.  Protestarono negli ospedali, nelle scuole. In tutto, oltre mezzo milione di donne scesero in piazza. Lo sciopero di domani è stato lanciato in occasione dell’ultimo Congresso delle donne dell’Unione sindacale svizzera, a gennaio dell’anno scorso, su proposta di una risoluzione del sindacato SSP/VPOD.  Poi, sabato scorso, è stato costituito ufficialmente il coordinamento cantonale ed è stato stilato il manifesto in 19 punti: riguardano il lavoro, il lavoro non remunerato, il lavoro di cura, la previdenza sociale, il tempo di lavoro, il salario, la sessualità e l’identità sessuale, la libertà di autodeterminazione, il controllo del proprio corpo, la violenza, il sessismo, le discriminazioni, gli stereotipi, il diritto di asilo, l’oppressione della società patriarcale, l’omofobia.
In Svizzera, domani, in piazza a chiedere la parità scenderanno anche le donne evangeliche. Al grido di «Anche nelle chiese l’uguaglianza lascia a desiderare!», manifesteranno chiedendo più azione comune, più uguaglianza nel processo decisionale, più formazione di donne e uomini a tutti i livelli della chiesa. I sessi sono uguali sulla carta, dicono le donne evangeliche svizzere, ma ci sono ancora molti più uomini che donne negli organi direttivi.  Inoltre  le donne nelle comunità svolgono molto più lavoro di volontariato rispetto agli uomini: basti pensare alle catechiste, che lavorano part-time e a salari bassi, con inevitabili ripercussioni sulla loro pensione.
Le donne evangeliche non solo manifesteranno domani, ma prolungheranno l’agitazione per tutto il fine settimana. Una “dichiarazione di resistenza” verrà letta durante le celebrazioni religiose domenicali. Inoltre, indosseranno una spilla color fucsia con lo slogan: “Uguaglianza. Punto. Amen.”