È stata una delle prime donne in Italia a laurearsi in medicina nel 1913 e la prima nel nostro Paese a diventare medica condotta. Non si era arresa quando il prefetto di Nuoro aveva cercato di ostacolarla. Adelasia Cocco aveva combattuto per poter svolgere la sua professione, aprendo così la strada a tutte le altre. Ma se andate a cercare il suo profilo su Wikipedia non lo troverete. Questa donna pioniera non fa parte di quella che è considerata la più grande enciclopedia virtuale. Nata nel 2001, contiene oltre 45 milioni di voci in più di 280 lingue.
Il caso di Adelasia Cocco non è isolato. Le pagine biografiche dedicate alle donne sulla piattaforma non arrivano al 20%. Per quanto riguarda quelle in lingua italiana la percentuale scende ulteriormente. Si ferma al 15% secondo gli ultimi dati diffusi proprio da Wikipedia. È la stessa enciclopedia ad ammettere di avere un gap di genere. Un problema che è fortemente legato alla scarsa presenza delle donne all’interno di questo grande contenitore online. Solo il 10% di chi si occupa di editing e scrive le voci di Wikipedia è donna.
L’enciclopedia online gratuita che “chiunque può modificare” è quindi gestita e scritta prevalentemente da uomini. Non stupisce che sia affetta da un pregiudizio sistemico in grado di produrre una serie di conseguenze da anni oggetto di dibattito. Perché le donne non contribuiscono a stilare il sapere diffuso su Wikipedia?
Una ricerca del 2012 effettuata dalla professoressa Julia Bear del Stony Brook University’s College of Business e dal professor Benjamin Collier della Carnegie Mellon University ha provato a rispondere a questa domanda cercando di capire come l’esperienza nella redazione di articoli su Wikipedia possa essere differente tra uomini e donne. I docenti hanno intervistato 1.589 collaboratori e collaboratrici dell’enciclopedia e hanno trovato significative differenze. Le donne hanno riferito di sentirsi meno sicure delle proprie competenze, meno a proprio agio nel modificare il lavoro degli altri (un processo che spesso comporta conflitti), reagiscono più negativamente agli stimoli critici rispetto agli uomini. Percepiscono Wikipedia come un ambiente ostile e poco inclusivo contaminato da mansplaining (quando gli uomini spiegano le cose alle donne in modo paternalistico), misoginia e sessismo.
C’è però anche un altro aspetto non trascurabile. «Se abbiamo una percentuale così piccola di donne che contribuiscono, allora ci sono tante questioni che potrebbero essere distorte o ricevere meno attenzione di quanto dovrebbero. Wikipedia è una forma di conoscenza. Se ci vai e non vedi alcuna rappresentazione femminile o troppe poche storie di donne è evidente che ci sia un pregiudizio implicito nel modo in cui le cose sono presentate e su ciò che è rilevante. Questo può avere un effetto significativo sulle persone» hanno affermato i ricercatori.
Non bisogna tralasciare poi un dato di fatto. Per secoli la storia è stata scritta dagli uomini, per le donne c’è stato poco spazio, sono state relegate nelle retrovie. Una discriminazione che continua a perpetuarsi anche su Wikipedia. Un punto dolente sono le linee guida generali dell’enciclopedia sulla “notabilità” che si certifica con una presenza significativa di fonti attendibili e indipendenti. Capita spesso che Wikipedia blocchi le pagine dedicate alle biografie femminili perché, basandosi sulle fonti fornite (a volte per forza di cose scarne o difficili da reperire), giudica le vite di quelle donne non abbastanza importanti da meritare una pagina o un articolo.
Una prova di questo pregiudizio di genere è arrivata l’anno scorso quando Donna Strickland ha vinto il premio Nobel per la fisica. Lei, prima del prestigioso riconoscimento, non aveva il profilo biografico su Wikipedia. Un collaboratore dell’enciclopedia aveva cercato di creare una pagina dedicata alla scienziata, ma un altro editor aveva respinto l’articolo perché Strickland non aveva ricevuto un’attenzione significativa sui giornali anche se era considerata una delle massime esperte nel suo campo. Le donne faticano a contare. Lo dicono le statistiche. Vengono citate o interpellate dai media troppo poco, il dato si ferma al 24% e anche nel percorso accademico trovano ancora ostacoli, sono sottovalutate e menzionate meno nelle ricerche.
Secondo Rose Stephenson-Goodknight, attivista femminista americana che ha creato Women in Red, un progetto che punta a diffondere le storie delle donne che meritano di essere ricordate, la politica di notabilità presenta ostacoli non solo per le donne contemporanee, come Strickland, ma anche per le donne del passato. Un approccio più ragionevole sarebbe quello di adattare lo standard di notabilità alle circostanze storiche. Per esempio, se c’è la vita di una donna che non ha molte fonti approfondite, può comunque essere aggiunta all’enciclopedia sulla base di altri fattori come la qualità dei singoli riferimenti.
Questo divario di genere deve essere colmato perché ha un impatto fortissimo. Wikipedia ha il monopolio sui risultati dei motori di ricerca di Google. La maggior parte delle ricerche su internet in tutto il mondo sono condotte attraverso questo canale e le pagine dell’enciclopedia virtuale ricevono un posizionamento prioritario. Intanto attiviste da tutto il mondo stanno cercando di cambiare il sistema.
Le maratone di scrittura (Edit-a-thon) sono state tra le prime azioni intraprese per cercare di colmare il gap, supportate dalla Fondazione Wikipedia e, al momento, tra le più efficaci perché vanno a creare effettivamente nuove pagine o modificarne altre esistenti. Sono maratone mondiali come Art+Feminism che si tiene ogni anno per aggiungere contenuti sulle donne artiste.
Per questo dal 2014, durante il mese di marzo, istituzioni artistiche come il The Museum of Modern Art di New York, la Tate di Londra, o l’African Women Development Fund in Ghana diventano protagoniste di maratone di scrittura sull’enciclopedia virtuale. L’obiettivo? Incentivare la partecipazione femminile e contribuire ad una più equa rappresentazione di temi legati a donne e supportare la creazione di un sapere più libero e inclusivo.
Una delle tappe italiane è stata organizzata il 30 marzo scorso da H-FARM, il primo venture incubator del mondo, piattaforma dove innovazione, imprenditoria e formazione convivono e si contaminano l’una con l’altra. Ventinove partecipanti, una nuova voce creata già online: quella sul premio Luisa Minazzi; sei nuove voci ancora in fase di elaborazione – quindi non ancora pubblicate ( Romana Rompato, Beatrice Venezi, Caterina Sagredo Barbarigo, Chiara Fumai, Ketty Grunchi, Mary Egerton Bracken); cinque voci modificate (Theodosia Trollope, Fernanda Romagnoli, Julia Hoffmann Tedesco, Elisabth Chaplin, Sagredo) sono i numeri dell’iniziativa che ha voluto portare l’attenzione sulle donne dimenticate e cancellate dalla storia.
«Restituire loro memoria è il primo passo per ispirare tutti noi e diffondere una conoscenza più autentica – dice Marta Caroti event manager di H-FARM – la maratona di scrittura ha rappresentato l’unione perfetta del women empowerment, l’arte e il mondo digital. Durante l’evento abbiamo fatto un vero momento di formazione spiegando come si scrive su Wikipedia perché la piattaforma può sembrare semplice a un primo approccio, in realtà l’enciclopedia, per assicurare le informazioni che si trovano al suo interno siano affidabili, ha tutta una serie di regole e flussi molto complessi». Un momento che è servito per dare un contributo al divario di genere: «Le dinamiche di Wikipedia – continua Caroti – riflettono le dinamiche sociali. A volte è complicato trovare le fonti perché la storia è scritta dagli uomini. È un po’ il discorso che si fa per gli eventi in cui ci sono poche donne sul palco e gli organizzatori dicono che è difficile trovarle, in realtà non è proprio così. Le donne ci sono, ma per alcune ragioni faticano ancora ad essere visibili».
E proprio da un editathon è nato il progetto Wikidonne ideato nel 2016 da Camilla Boban. È un gruppo di utenti – si legge su Wikipedia – che ha lo scopo di aumentare la diversità e migliorare la copertura di argomenti che riguardano le donne in Wikipedia, stilando liste di voci (da creare ex novo, da migliorare e da tradurre) e organizzando eventi. Hanno scritto più di 500 nuove biografie e hanno modificato più di 25 mila voci (dati 2017).
Negli Stati Uniti Emily Temple-Wood, biologa molecolare, ha contribuito stilando su Wikipedia centinaia di biografie di donne scienziate. È stata presa di mira con e-mail volgari e misogine che contestavano il suo lavoro. Lei non si è fermata. Ha convertito la rabbia per ogni brutto commento ricevuto in una nuova voce enciclopedica dedicata a una pioniera dimenticata.
Il New York Times qualche settimana fa ha invece parlato della questione molestie su Wikipedia rivolte soprattutto alle persone LGBTQI. Secondo il Gender Equity Report, in cui Wikipedia ha fatto mea culpa analizzando gli ostacoli che impediscono di raggiungere un equilibrio paritario, sono tre le sfide per migliorare il gap di genere dell’enciclopedia.
La lotta ai pregiudizi nelle politiche (la questione della notabilità, delle fonti affidabili e delle categorie); la mancanza di consapevolezza (la prospettiva patriarcale inconsciamente utilizzata come standard universale); infine le cattive condizioni di salute della comunità (molestie, mancato riconoscimento della diversità). In particolare le molestie vanno dalle microaggressioni fino a forme più gravi. Email volgari, foto porno postate nelle pagine personali degli utenti, atteggiamenti violenti e poco rispettosi.
Cosa si può fare per migliorare le cose? I cambiamenti non possono essere mai repentini. Wikipedia sta monitorando il gender gap di cui soffre e sta studiando alcune strategie per contrastare le molestie. Anche in questo frangente causano un danno ingente. Colpiscono chi cerca di produrre cultura e condizionano il sapere, le conoscenze di tutti noi.