C’è una nazionale italiana di rugby che domani, 17 marzo 2019, si gioca il secondo posto nel Sei Nazioni, quella femminile. Allo stadio del Plebiscito di Padova alle 14.30 (diretta Eurosport Player, differita ore 23.00 Eurosport 2), scenderà in campo l’Italdonne per affrontare la Francia. Le Azzurre, allenate da Andrea Di Giandomenico, sono terze in classifica con 12 punti proprio alle spalle delle francesi (16 punti) e con un risultato positivo potrebbero agguantare il secondo posto in solitaria o al pari delle avversarie.
Sarebbe un traguardo storico per un movimento che, dal 2005 – anno in cui è stato creato ufficialmente il settore femminile nella Federazione italiana rugby – a oggi, ha visto i suoi numeri crescere esponenzialmente: si è passati da 600 tesserate a 8.000 praticanti. Si può parlare di boom, anche se le performance sul campo spesso non sono accompagnate dal giusto riconoscimento. Poco pubblico, pochi sponsor, poca attenzione dei media, poche le partite di preparazione e a volte poco anche il tempo per i raduni.
Le giocatrici, però, si tengono lontane dalle polemiche e agli scarsi mezzi a disposizione rispondono con l’impegno, la passione e, più spesso degli uomini, con le vittorie. Lo ha spiegato bene la capitana delle Azzurre, Manuela Furlan, in un post sul suo profilo Facebook pubblicato in questi giorni: “La nostra Federazione italiana rugby quando può fa tanto per noi. Di certo non può programmarci dei raduni ogni mese, altrimenti parlereste voi con i nostri capi?”, ha scritto rivolgendosi ai tifosi. Infatti, il rugby femminile è lontano anni luce dal professionismo dei colleghi allenati da Conor O’Shea e le giocatrici che vestono la maglia azzurra studiano o lavorano e quando si ha un lavoro “normale” – Manuela Furlan è un’operaia – sicuramente, come ha fatto notare ancora la capitana, non si possono vestire tutti i giorni “i panni dell’atleta”.
I risultati però ci sono e, in questo Sei Nazioni, la Nazionale italiana femminile di rugby ha vinto con la Scozia per 28 a 7 nella prima giornata, ha pareggiato 3 a 3 con il Galles, ha battuto l’Irlanda per 29 a 27, prima di uscire sconfitta dal Sandy park contro le inglesi per 55 a zero, in un match dominato dalle avversarie lanciate verso il Grande Slam (vittoria del torneo e di tutte le partite giocate). Un dato che, però, deve colpire della partita contro l’Inghilterra, più che il punteggio, è che allo stadio a Exeter c’erano oltre 10mila persone sugli spalti. È un numero inimmaginabile per il rugby italiano, non solo femminile. Difficile raggiungere questi numeri sui campi ovali del nostro Paese, a meno che a giocare non sia la Nazionale maschile durante il Sei Nazioni o i test match autunnali.
Qui si torna allora alle parole di Furlan, che ha rivolto un “invito” agli appassionati di rugby: “Vi piacerebbe che noi fossimo professioniste? Venite a vederci. Vi piacerebbe che potessimo innalzare ancora di più il nostro livello? Venite a vederci. Vi piacerebbe vedere come, per quanto un 55-0 non lasci spazio a commenti (se non da piccole persone), io e le mie compagne ci siamo battute fino all’ultimo secondo? Venite a vederci. LA VISIBILITÀ, che tanto chiedete per noi, PASSA ATTRAVERSO LA VOSTRA PRESENZA allo stadio. VOI potete con noi fare la differenza!” (le maiuscole sono del post originale).
Le giocatrici della Nazionale italiana di rugby ci mettono, e continueranno a farlo, impegno e passione. La loro crescita però, ha ragione Furlan, passa anche attraverso il pubblico.