Sono i ragazzi e le ragazze di una generazione che c’è, esiste eppure nessuno ne parla. O forse no. Perché le loro storie vengono fuori solo quando la tragedia investe le loro vite e le cancella. Quando è ormai troppo tardi per sentire le loro voci, vedere i loro occhi, ascoltare i loro sogni.
Sono i ragazzi e le ragazze che sono nati in Italia, ma si sentono e sono cittadini e cittadine del mondo. Per questi giovani “casa” non è un angolo di cosmo, ma è quello spazio infinito senza confini e barriere che hanno scelto di abitare. Sono ragazzi e ragazze che hanno studiato, si sono formati e hanno inseguito i sogni con tenacia, passione e dedizione. Lavorano per distruggere le barriere dell’odio e costruiscono ponti di pace.
Parlano la lingua del rispetto, della solidarietà, la lingua di chi è rimasto umano e vuole cambiare verso alle storture del mondo. Con il loro impegno quotidiano cercano di contrastare l’ingiustizia, gli squilibri sociali, le discriminazioni.
Sono i giovani e le giovani come Virginia Chimenti e Pilar Buzzetti. Avevano rispettivamente 26 e 30 anni. Entrambe erano sul Boeing 737 dell’Ethiopian Airlines precipitato dopo il decollo da Addis Abeba mentre era diretto a Nairobi. 157 tra passeggeri e membri dell’equipaggio. Nessun sopravvissuto. Altri 6 cittadini italiani a bordo.
Erano due donne forti, libere, indipendenti. «Virginia non era lì per caso. Aveva una passione, una spinta speciale per fare quel lavoro, occuparsi di persone che avevano bisogno, andare in Paesi dove ci sono crisi umanitarie» ha detto la sorella. Laureata alla Bocconi in economia internazionale si era specializzata a Londra in studi orientali. La sua seconda casa era l’Africa. Aveva vissuto in Myanmar e presto sarebbe andata in Yemen. Consulente finanziaria per il World Food Programme dell’Onu che si occupa di contrastare la fame nel mondo, aveva una valigia di sogni e coraggio. Capo scout con all’attivo esperienze di volontariato, sognava di aprire una onlus tutta sua.
«Nessun cielo è troppo alto, nessun mare è troppo agitato» era il motto di Pilar. Specializzata alla Luiss in operazioni di pace e relazioni internazionali, era una funzionaria del World Food Programme. Collaborava con vari progetti internazionali tra cui Mediterranean Affairs ( qui potete leggere i suoi contributi ed era volontaria di Medici Senza Frontiere). Da poco era stata in Darfur, si era portata nel cuore il sorriso dei bimbi africani.
Due giovani donne che avrebbero fatto la differenza nel mondo. In realtà la stavano già facendo. La loro vita era consacrata all’impegno sociale. Senza clamore. Come Antonio Megalizzi che credeva nei valori dell’Europa Unita e parlava ai microfoni della radio di diritti e libertà. Come Valeria Solesin che studiava demografia, Fabrizia Di Lorenzo specializzata in relazioni internazionali. Tutti e tre vittime di attacchi terroristici. Silvia Romano cooperante internazionale, invece rapita in Kenya, di cui non si hanno più notizie dal 20 novembre 2018.
Ma non ci sono solo loro. Ogni giorno per le strade del mondo tante e tanti altri ragazzi e ragazze sono artefici di un cambiamento silente, che non fa rumore, ma che si compie quotidianamente. Questa non è solo la meglio gioventù. Sono i Millennials e la Generazione Z. Sono giovani che non si sono rassegnati. Ma hanno capito che bisogna mettere da parte la paura, che è necessario muoversi, crescere, andare oltre i propri confini. Ci mettono l’anima, il cuore. Si sacrificano, sono determinati e devoti ai propri obiettivi.
Sono i giovani che smentiscono quegli stereotipi comodi che li vorrebbero inchiodati alla rassegnazione. Sono i giovani che infrangono i luoghi comuni e non vogliono costruire muri. Hanno deciso di non voltarsi dall’altra parte e odiano l’indifferenza.
I riflettori dei media si accendono su di loro solo quando accadono attentati e disastri. Ma non sono solo vittime da rimpiangere. Meritano di essere raccontati in altre circostanze. Sono il nostro presente e stanno costruendo il nostro futuro. Sono gli uomini e le donne che possono essere la salvezza di questo mondo inquinato, intriso di livore e di odio. Ecco perché Alley Oop vuole raccontare questi gamechangers.
Per scoprire le storie dei ragazzi che stanno cambiando il mondo chiediamo il vostro aiuto. Segnalateci le storie dei giovani che stanno mettendo le loro energie, le loro intelligenze e il loro valore al servizio della società. Che non vuol dire solo lavorare nella cooperazione o fare volontariato. Vuol dire fare la propria parte, in base alla propria indole, per il mondo che verrà. Vogliamo raccontare questi giovani coraggiosi.
Le storie dei #gamechangers vanno inviate all’indirizzo: alleyoop@ilsole24ore.com