Voglio andare a vivere in campagna: quando il business verde si tinge di rosa

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Lunedì si è celebrata la Giornata internazionale dedicata alle donne rurali. In Italia, se ne contano parecchie di donne nella campagna. Secondo la Confagricoltura, rappresentano il 29% dell’imprenditoria rurale. Secondo la Coldiretti, invece, in Italia più di un’azienda agricola su 4 è guidata da donne, con il 45% delle circa 215mila imprese in rosa che si concentra al Sud, dalla Sicilia alla Puglia, dalla Calabria alla Campania, dalla Basilicata al Molise.

Ma chi sono, queste donne italiane dell’agricoltura? Una buona parte sono giovani: il 25% delle aziende femminili è guidata da under 35 che hanno puntato sull’uso quotidiano della tecnologia per gestire sia il lavoro che lo studio, magari usando lo smartphone per controllare gli animali in stalla, oppure per gestire online acquisti e prenotazioni in agriturismo, oppure ancora per fare ricerche e recuperare varietà perdute di frutti locali o cereali autoctoni.

Per esempio, c’è una giovane italiana anche tra le vincitrici del premio alla sostenibilità promosso tra i 28 paesi dell’Unione Europea e organizzato dal Comitato Donne del Copa-Cogeca, l’associazione delle organizzazioni agricole e cooperative dell’Ue che rappresenta gli interessi di oltre 23 milioni di agricoltori europei. A conquistare il secondo posto nella classifica finale è stata la marchigiana Sandra Quarantini, imprenditrice agricola di Belvedere Ostrense, in provincia di Ancona. Biologa molecolare, Sandra ha creato dal nulla l’azienda agricola Color Off nella quale coltiva piante tintorie per estrarne colorazioni naturali ed eseguire tinture su fibre green. I suoi clienti sono tessitori, sarti, creativi, ma tante richieste le arrivano dai privati, ad esempio per tingere i corredini dei neonati e a breve è in programma l’apertura di un sito di e-commerce per sbarcare nel mercato europeo.

«Nella loro azione imprenditoriale le agricoltrici italiane hanno dimostrato una grande capacità di coniugare la sfida con il mercato e il rispetto dell’ambiente, la tutela della qualità della vita e l’attenzione al sociale», ha detto Monica Merotto, allevatrice di bovini Limousine e produttrice di olio e vino in Toscana, che proprio in occasione della Giornata internazionale dedicata alle donne rurali è stata eletta come nuova responsabile nazionale di Donne Impresa Coldiretti. Un altro elemento di novità, ricorda la Coldiretti, è l’arrivo sui campi di imprenditrici che hanno seguito percorsi formativi diversi dall’agricoltura: da scienze politiche a sociologia, da giurisprudenza a economia, da scienze della comunicazione a ragioneria, dal marketing alla consulenza aziendale. La stessa Monica Merotto, ad esempio, è laureata in Storia dell’Arte Medioevale e aveva iniziato una carriera universitaria prima di tornare alla terra. Anche la vice presidente di Donna Impresa Coldiretti, Rita Licastro, aveva iniziato come avvocato in Aspromonte prima di dedicarsi a olio ed olive a Cosoleto (Reggio Calabria), mentre l’altra vice presidente Chiara Bortolas è una biologa molecolare che adesso guida la sua azienda di ortaggi a Belluno.

Nell’agricoltura dei paesi emergenti, invece, le donne rappresentano addirittura il 43% della forza lavoro e producono la maggior parte del cibo disponibile, ricorda l’Associazione Donne in Campo di Cia-Agricoltori Italiani. Il loro è un ruolo primario per garantire la sicurezza alimentare delle famiglie, sono loro le vere eroine del nuovo mondo. Eppure là, così come  da noi, il Gender Gap Index è in caduta libera: «Ci auguriamo un impegno verde-rosa delle istituzioni per garantire l’inclusione, la parità di genere e la formazione – ha dichiarato lunedì la presidente di Confagricoltura Donna, Gabriella Poli – bisogna favorire l’insediamento, la permanenza e la crescita dell’imprenditoria femminile in agricoltura. Le donne sono il perno delle aziende a conduzione familiare e hanno un ruolo chiave nella sostenibilità economica e sociale. Occorrono strumenti di conciliazione, di supporto per l’accesso al credito e di diffusione della cultura di impresa».