Le mie figlie pur avendo un’indole molto diversa, hanno entrambe un carattere decisamente “forte”. Sono molto fragili e vulnerabili per alcuni versi, ma estremamente determinate e decise per altri. E questo aspetto del loro carattere, che è sempre stato presente in qualche modo fin dal loro arrivo in Italia tramite l’adozione internazionale, si sta rafforzando con l’ingresso nell’adolescenza. Confrontandomi con altre famiglie adottive, ho notato che questa “forza” è comune alla maggior parte dei bambini adottati di mia conoscenza.
Il vissuto di questi bambini è complesso e non dobbiamo mai dimenticare che i nostri figli sono dei sopravvissuti. Sono sopravvissuti ad un evento traumatico come quello dell’abbandono, ad anni di incurie e maltrattamenti, sono sopravvissuti chi a mesi, chi ad anni in istituto senza figure stabili di riferimento. Sono dei combattenti: hanno resistito con tutte le loro forze per poter arrivare fino a noi. Tutto questo non può non influire sulla formazione del carattere di una giovane vita.
La resilienza in fisica è definita come la proprietà dei materiali di resistere agli urti senza spezzarsi; in psicologia è la capacità di un individuo di resistere e reagire di fronte alle difficoltà, ai traumi, alle avversità della vita. Non si tratta solo di sopravvivenza fisica ma soprattutto di sopravvivenza psicologica. I bambini non solo sopravvivono, ma imparano a vivere nelle condizioni più avverse.
La resilienza non è una capacità assoluta e acquisita una volta per tutte, è un processo dinamico ed evolutivo. Rappresenta al tempo stesso la capacità di resistere a un trauma e la possibiltà di ricostruirsi una vita superando le difficoltà. Non è una sorta di invulnerabilità, richiede invece flessibilità e capacità di adattamento. Non è un processo uniforme, perché non c’è un solo modo per affrontare e superare le avversità, tuttavia gli studi hanno dimostrato che ci sono alcuni fattori che possono favorire il processo di resilienza: la possibilità per il bambino di poter parlare liberamente del proprio vissuto e delle proprie emozioni, la certezza di sentirsi amato incondizionatamente, la capacità di narrazione della propria storia come ricerca di senso degli avvenimenti accaduti.
Dalle storie di bambini resilienti raccolte da alcuni ricercatori (tra cui Boris Cyrulnik, uno dei maggiori studiosi che hanno approfondito l’argomento) è emerso che l’elemento comune tra tutte è l’aver trovato un adulto di riferimento che abbia creduto in loro. Ed è proprio questo il compito a cui siamo chiamati noi genitori adottivi e questa è la più grande e meravigliosa occasione/sfida dell’adozione: un’intera vita per accompagnare questi sopravvissuti, trasformando i dolori in forza e le difficoltà in risorse grazie alla forza dell’amore.