Chiedimi se mi piace il calcio

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Il confronto tra i sessi prosegue in modo sottile ma visibile sui media, specialmente quando si tratta di calcio. E’ di questa settimana la notizia che la Juventus ha acquistato Ronaldo. Impossibile ignorarla, visto che i principali quotidiani le hanno dedicato mezza prima pagina. Attenzione: non sto parlando della Gazzetta dello Sport, ma dei quotidiani generalisti, quelli che dovrebbero trattare per il 99% altro e un po’ anche lo sport, tutti gli sport, ma che dedicano ogni giorno almeno due pagine al calcio.

Mezza prima pagina, però, è un caso eccezionale. Si dedica all’elezione dei presidenti, ai cataclismi naturali, al crollo del mercato. E a Ronaldo. Un uomo “da 100 milioni di euro” (sono di più, se si calcola l’intera operazione): 50 milioni a gamba. Ma quello è il mercato, inutile protestare.

Come lettrice, mi lamento invece del criterio che guida la scelta delle notizie. Mi sento “colonizzata” da scelte maschili.

Lo so, lo so: definire il calcio uno sport “maschile” è un vecchio stereotipo. Lo sanno giocare anche le donne: la Nazionale Italiana femminile si è appena qualificata per i Mondiali. Le donne sono così benvenute sui campi da calcio che alle elementari di mia figlia il calcio è l’unico sport praticato a scuola. I bambini corrono e giocano, mentre quasi tutte le bambine saltellano in mezzo al campo e si annoiano, però fa tanto “parità di genere”.

L’inclusione porta ad avere anche croniste sportive che commentano i Mondiali. E che di conseguenza vengono continuamente molestate, come Julieth González Therán, una cronista Colombiana che è stata abbrancata e baciata in diretta da un tifoso. E’ molestia sessuale, nel caso qualcuno dubitasse: baciare (anche solo sulla guancia) una donna che non lo vuole è a pieno titolo molestia.

Ha risposto più prontamente la giornalista brasiliana Julia Guimarães quando un tifoso ha provato a fare altrettanto. Si è scansata velocissima e gli ha dato una breve e decisa lezione morale:

“Non farlo mai più” ha detto, “Non ti permetto di farlo mai più. Non è educato e non è giusto. Non farlo mai. Non farlo mai a una donna, ok?”.

Altro tipo di sessismo è quello di chi si lamenta di come le croniste commentano il calcio, accanendosi in particolare sul timbro di voce femminile. Suona incredibile? Eppure è successo alla cronista australiana Lucy Zelic, attaccata per la sua pronuncia “troppo corretta” (e quindi dal suono insopportabile) dei nomi dei giocatori, e alla giornalista britannica Vicky Sparks (la prima a commentare dal vivo i Mondiali per la televisione inglese): “Preferisco ascoltare una voce maschile quando guardo una partita di calcio” ha detto Jason Cundy, un ex giocatore del Chelsea, aggiungendo: “Ascoltare una voce acuta per 90 minuti non è un granché. Quando poi c’è un momento drammatico, come avviene spesso nel gioco del calcio, serve una voce più bassa”. In molti sono scattati in difesa della cronista, obbligando l’ex calciatore a scusarsi via Twitter.

Insomma, sia per chi legge i giornali, sia per chi vuole fare sport, sia per chi vorrebbe commentarlo, la strada per la parità è ancora lunga. Posso proporre di non sentirci obbligati a farla passare per il calcio?