A 40 anni le donne non dovrebbero più indossare fiocchi e fronzoli. A dichiaralo è Alexandra Shulman, ex direttrice di Vogue UK, in un’intervista a The Guardian, citando a mo’ di riferimento l’abito da sposa della Principessa Diana. Certo, quelli erano i vaporosi anni ’80, e quello doveva essere (e lo è stato) l’abito da sposa per eccellenza. Difficile immaginare la donna di oggi agghindata in stile bomboniera, risulterebbe sicuramente decontestualizzata e poco credibile.
Shulman non è la sola a scagliarsi contro i famigerati 40. Permeate di altrettanto rigore, compaiono ciclicamente sul web interviste a famosi esperti che elencano i capi che a quest’età non si possono più indossare.
Ma ha ancora senso stabilire rigidi paletti al modo di vestire semplicemente legati all’età? E perché insistere proprio sui 40 anni? E perchè invece non spostare il ‘limite invalicabile’ ai 60, giacchè l’aspettativa di vita delle donne supera facilmente gli 80 anni?
Da un punto di vista generale, se è certamente utile poter dare indicazioni di stile alle persone per aiutarle a non andare fuori rotta e incagliarsi con ricadute negative sulla loro auto-percezione, sul loro personal branding o sul loro aspetto complessivo, trovo che sia comunque necessario avere un atteggiamento più inclusivi. Quanto conta l’età e quanto invece la specificità di ognuno di noi? Il nostro stile di vit; la nostra personalità: le nostre motivazioni; le energie che ci caratterizzano. Non si può prescindere da certi aspetti, a mio avviso, in un percorso di crescita e di personal development, per arrivare ad una maggior sicurezza e autodeterminazione anche in fatto di stile.
L’anagrafe quindi non è più l’unico parametro che determina cosa possiamo o non possiamo indossare. Non è un caso che in questi anni abbia spopolato sul web e in TV Iris Apfel, un’icona assoluta in fatto di stile eclettico e creativo, che ad agosto di quest’anno compirà 97 anni!
A questo proposito è interessante la riflessione del webmagazine francesce Antidote, nell’articolo intitolato Perché la moda non ha più età: “Attualmente (…) viviamo in modalità “senza età”, riflesso di una società dalle generazioni porose e stravolte, dove tutti accedono alle stesse reti d’informazione e agli stessi prodotti culturali, dove la stabilità professionale fatica ad arrivare e dove (…) il mercato della moda ha un unico scopo: cancellare i diktat e spezzare gli schemi delle aspettative generazionali (…). Ecco quindi una clientela che cerca di definirsi secondo le proprie idee ed il proprio gusto personale e che rifiuta l’uniforme che gli assegna la società“.
Rifiutare l’uniforme (o sottrarsi al borghesismo delle generazioni passate) significa cercare di far emergere una propria identità. E se il senso della misura e del buon gusto guidano le scelte, questa evoluzione può avvenire, e con successo, a qualsiasi età.