The end of f***ing world è una delle più recenti serie tv distribuite da Netflix, amata, odiata, molto chiacchierata. Se ne può leggere un po’ dappertutto. La serie è tratta da una graphic novel e racconta le storie che nascono dall’incontro di Alyssa e James, due adolescenti inglesi che, anche se rappresentati come borderline, sono semplici epigoni di generazioni di adolescenti turbati e inquieti.
Descritta come una dark novel, un racconto di formazione on the road o una prova di black humor, The end of f***ing world è anche – forse soprattutto – la fotografia di una generazione di adulti in maschera. Assenti o presenti, gli adulti che incontrano Alyssa e James non reggono il gioco e mostrano il segreto di una quotidianità irresoluta, percorsa dal desiderio negato, dalla paura e dalla disperata ricerca di un’altra possibilità. Se il racconto dell’adolescenza è un piano inclinato, in questa serie tv la condizione degli adulti è uno specchio deformato delle ossessioni e degli assilli di molti di noi. Noi adulti, noi che proviamo a esserlo.
Qualcosa è cambiato molto velocemente, sicuramente. L’aspettativa di vita in continua e rapida crescita, la qualità della vita adulta, in termini di stato di salute, la larga diffusione di separazioni e divorzi, la diffusione dello status di single, l’età in crescita costante dei neo madri e padri. Tutte queste cose, unite a un racconto della gioventù come una qualità conservabile a tempo indeterminato, hanno contribuito a rendere l’età adulta un prolungamento indefinito dell’adolescenza, con la sua scorta di desideri di fuga e di solitudini e di ricerca di amore e di sensazione di inadeguatezza.
The end of f***ing world in fondo è un racconto per quarantenni che vorrebbero essere ancora una volta Alyssa e James.