La fine della legislatura è vicina, la campagna elettorale è alle porte e – una volta disegnati i collegi previsti dalla nuova legge elettorale, il Rosatellum – si aprono le grandi manovre dei partiti su liste e candidature. Le norme per favorire una più equa rappresentanza in Parlamento tra donne e uomini ci sono, ma le forze politiche potrebbero, se volessero, fare molto di più. Lo chiede l’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria, che raccoglie oltre 50 tra associazioni, gruppi e reti femminili e si batte perché ci sia equilibrio di genere nelle istituzioni e nelle “stanze dei bottoni”.
Obbligo del 60/40 in lista
Il cosiddetto “Rosatellum bis” disegna un sistema elettorale misto, per il 36% maggioritario e per il 64% proporzionale. Si prevedono 232 seggi alla Camera e 116 al Senato assegnati attraverso collegi uninominali in cui vince il candidato più votato. Nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento. I seggi restanti vengono invece attribuiti con metodo proporzionale tra le liste e le coalizioni che superano le soglie di sbarramento nell’ambito di collegi plurinomimali. In questo caso la competizione avverrà in listini molto corti (da 2 a 4 candidati). Vige sempre la regola del 60/40 in lista, anche per i capilista nei listini di un singolo partito. Al Senato la quota sia per i collegi uninominali sia per quelli plurinominali va rispettata a livello regionale. Significa che le future senatrici avranno più chance delle future deputate.
Non c’è dovere di alternanza
In pratica, nei collegi plurinominali in cui i seggi da assegnare sono due dovranno essere candidati un uomo e una donna. Dove i seggi sono tre, due uomini e una donna o due donne e un uomo. Dove sono quattro, tre uomini e una donna o viceversa. Ogni elettrice o elettore ha a disposizione una sola scheda e un solo voto: non si può indicare il candidato di una lista nei collegi uninominali e un’altra lista nel proporzionale. Il problema è che mentre il Consultellum, ovvero l’Italicum come modificato dalla Corte costituzionale, prevedeva anche l’obbligo di alternanza nel listino di uomini e donne, il Rosatellum nulla prescrive a questo proposito. È chiaro che se le donne saranno piazzate ultime in lista non avranno possibilità di essere elette. Così come se saranno candidate dai partiti nei collegi più a rischio.
L’appello: i partiti applichino il 50/50
Molto, se non tutto, dunque, dipenderà dalle scelte dei partiti. Per ovviare alla discrezionalità delle segreterie (ancora tutte maschili) e per evitare penalizzazioni, l’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria, che pure definisce la legge “un passo avanti” (al Senato non era previsto alcun meccanismo), aveva proposto che sia nelle liste sia nei capilista ci fosse il 50% di uomini e donne. “Emendamenti che purtroppo non sono stati recepiti”, affermano Daniela Carlà e Marisa Rodano. Da qui l’appello alle forze politiche “affinché nella loro autonomia applichino il 50%” e l’impegno a vigilare attentamente sull’applicazione della legge. La formazione delle liste sarà in ogni caso una doppia cartina di tornasole: della capacità degli uomini di fare un passo indietro, anziché adoperarsi dietro le quinte per “minimizzare il danno”, e della forza “contrattuale” delle donne dentro i partiti.