Roma, fine giugno 2016: in una Capitale ancora scossa per il femminicidio di Sara di Pietrantonio, bruciata viva dal suo ex fidanzato, scatta l’allarme per il rischio di chiusura del centro antiviolenza finanziato dal comune Sos Donna h24. Ma il Casale Rosa di via Grottaperfetta non è il solo centro che ha lottato negli ultimi anni per la sopravvivenza. E, questo, nonostante la legge 119 del 2013 preveda il potenziamento delle forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, con il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza. Oggi, in attesa del nuovo Piano strategico del governo per la lotta alla violenza maschile sulle donne, Piano che sottolinea il ruolo fondamentale dei centri antiviolenza, emergono ancora perplessità sul nodo del finanziamento alle strutture. Particolarmente critica è D.i.Re, associazione che raccoglie oltre 80 Centri: per la rete presieduta da Lella Palladino i soldi previsti finora sono stati insufficienti. Inoltre la governance dei finanziamenti resta troppo accentrata a livello ministeriale e istituzionale. Molto più positiva è la prospettiva di Telefono Rosa che sottolinea come, di fronte a risorse scarse, sia un notevole passo in avanti assegnare ai centri ogni anno finanziamenti certi. Le strutture ricevono principalmente fondi dallo Stato (ovvero dal dipartimento per le Pari opportunità che li gira alle regioni), dalle stesse regioni e dai comuni, oppure grazie alla partecipazione a bandi europei e privati. In particolare, l’articolo 5 bis del decreto legge del 2013 stabilisce che i centri e le case rifugio abbiano un finanziamento statale di 10 milioni l’anno. Sono stati stanziati circa 18 milioni sia per il biennio 2013-14 sia per il 2015-16. Per il 2017 si aspetta la distribuzione di circa 12 milioni. La situazione potrebbe nettamente migliorare dal 2018. Nella prossima legge di bilancio è stata inserita la previsione di fondi all’incirca triplicati a 33,9 milioni di euro nel 2018 e 34 milioni nel 2019.
LA DENUNCIA DELLA CORTE DEI CONTI
Ma facciamo un passo indietro. Nel 2016 la Corte dei Conti ha acceso un faro sulla cattiva gestione regionale delle risorse nel biennio 2013-14, le uniche ripartite nel periodo esaminato dalla magistratura contabile.
La mancanza di un censimento ufficiale dei centri antiviolenza, lacuna che dovrebbe essere presto colmata grazie alla mappatura affidata dal dipartimento al Cnr, ha avuto infatti un impatto distorsivo sull’allocazione dei finanziamenti statali. Le regioni, come ha denunciato la magistratura contabile, hanno speso male nel 2013-14 le risorse destinate alle strutture che accolgono e si prendono cura delle donne vittima di violenza di genere. In base alla legge del 2013 è stata destinata al dipartimento per le Pari opportunità la gestione di due linee di finanziamento: una per l’attuazione del piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere (adottato nel 2015) e l’altra per il potenziamento delle forme di assistenza alle donne vittime di violenza e ai loro figli, attraverso modalità omogenee di rafforzamento dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza. «Quanto al finanziamento specificamente destinato al potenziamento delle strutture destinate all’assistenza alle donne vittime di violenza e ai loro figli – afferma la Corte – deve farsi presente che del tutto insoddisfacente è risultata la gestione delle risorse assegnate per gli anni 2013-2014, le uniche ripartite nel periodo ai centri antiviolenza». Numeri alla mano, i fondi assegnati alle regioni risultano «pari a 16.449.385 di euro, di cui un terzo riservato all’istituzione di nuovi centri antiviolenza e case rifugio e i restanti 2/3 sono stati così suddivisi: 80% al finanziamento aggiuntivo degli interventi regionali già operativi (progetti già in essere nelle regioni) e solo il 20% al finanziamento di centri antiviolenza e case rifugio (10% ciascuno)». Quindi, secondo la Corte dei conti, a ogni centro antiviolenza sono stati assegnati in media circa 5.800 euro e a ogni casa rifugio circa 6.700 euro. «Abbiamo preso atto – commenta Francesca Puglisi, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sui femminicidi – della dura relazione della Corte dei conti. Alcune regioni hanno gestito le risorse molto bene, in altre sono rimaste inevase. Inoltre sono nati come funghi organizzazioni e associazioni non qualificati. Noi daremo, nel nostro lavoro conclusivo, indicazione affinché si cambi la governance dei finanziamenti».
NUOVE NORME PER UN MAGGIORE CONTROLLO DELLE RISORSE
Un primo cambiamento nelle modalità della ripartizione delle risorse è avvenuto con il decreto del presidente del Consiglio (Dpcm) relativo ai fondi per il 2015-16. E’ stata cioè inserita una serie di paletti che ha come obiettivo il controllo delle risorse e delle loro modalità di impiego, come richiesto dalla Corte. Si stabilisce che il dipartimento trasferisca alle regioni i fondi, una volta ricevuta la specifica richiesta con una scheda programmatica contenente gli obiettivi e un piano finanziario coerente. Dopo la comunicazione di avvenuta presa d’atto da parte del dipartimento, le regioni trasmettono al dipartimento stesso, non appena adottati, copia dei provvedimenti di programmazione delle risorse. In più si prevede l’obbligo da parte delle regioni di trasmettere una relazione di monitoraggio a cadenza semestrale. Rispetto alla questione dell’entità dei finanziamenti, inoltre, è stata innalzata la quota destinata ai centri antiviolenza e alle case rifugio già esistenti. Dei fondi destinati dall’articolo 5 bis, infatti, il 33% è riservato dalla legge alla creazione di nuovi centri antiviolenza e nuove case rifugio. Il restante 67% era stato suddiviso, nel biennio 2013-14, per il 20% a case rifugio e centri antiviolenza esistenti e per l’80% agli interventi regionali. Con il Dpcm del 2016 è stata del tutto ribaltata la filosofia: ai centri antiviolenza e alle case rifugio è andato il 90%, mentre il 10% è stato destinato agli interventi regionali. Così è avvenuto nel mese di maggio 2017 quando sono stati erogati alle regioni finanziamenti per oltre 18 milioni di euro.
IL PARERE DEI CENTRI ANTIVIOLENZA
L’entità dei finanziamenti stabiliti fino al 2017, tuttavia, è stata insufficiente a parere di molti centri. «I centri – afferma Lella Palladino, neopresidente dell’associazione Di.Re-donne in rete contro la violenza – sono costantemente a rischio chiusura, la situazione per chi è veramente un centro antiviolenza non è cambiata». Va più cauta Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente di Telefono Rosa: «I soldi mancano sempre, ma credo che dal niente arrivare ad avere tutti gli anni dei finanziamenti sia positivo. Bisogna poi considerare che la lotta alla violenza non è iniziata da molti anni. Per fare le cose bene ci vogliono tempo e soldi. È evidente che le risorse per i centri non siano sufficienti, ma l’auspicio è che si arrivi ad avere maggiori finanziamenti e migliori criteri di utilizzo dei fondi».
I FINANZIAMENTI E IL PIANO DEL GOVERNO PER LA LOTTA ALLA VIOLENZA
Il nuovo Piano 2017-2020 messo a punto dal governo mette subito in luce l’importanza dei cosiddetti servizi specializzati (soprattutto centri antiviolenza e case rifugio) che costituiscono lo snodo centrale della rete territoriale. Da un lato, i soggetti pubblici garantiranno la disponibilità di risorse adeguate per il supporto alle strutture specializzate; dall’altro, queste dovranno essere correttamente identificate attraverso una mappatura per verificarne la qualità nell’interesse delle donne che vi trovano accoglienza. Quanto ai finanziamenti, «un punto di snodo – fanno notare al dipartimento per le Pari opportunità – sarà rappresentato proprio dal nuovo Piano strategico nazionale: avrà durata triennale (un anno in più rispetto ai precedenti) e punterà a superare la logica della straordinarietà. I fondi saranno stanziati sulla base di una programmazione più strutturata e condivisa, per garantire una maggiore continuità nei finanziamenti ai centri».
(Tratto dall’ebook #HoDettoNo, come fermare la violenza contro le donne, scaricabile gratuitamente dal sito del Sole 24 Ore)