Il cambiamento climatico al Lugano Photo Days. Allarme Terra

Emperor Penguin chick Aptenodytes forsteri October 2006

 

Questo autunno che stiamo attraversando -che in questi giorni ha virato repentinamente verso più rigide temperature-, con i fiumi drammaticamente bassi quando non prosciugati, i terreni inariditi, le fiamme che sbranano foreste e vegetazione, polverizzando in poche ore quel che ha richiesto anni per crescere, l’aria foderata di smog e polveri sottili che respiriamo nelle nostre città… Sì, questo autunno è, purtroppo, lo scenario ideale per parlare del Lugano Photo Days dedicato al cambiamento climatico: resta quest’ultimo weekend (termina domenica 19 novembre) per salire in Svizzera e visitare le mostre che ci mettono di fronte a questa realtà di cui ci conviene prendere coscienza il prima possibile, mostre -sarà un caso?- quest’anno ospitate da una sede diversa, l’ex Macello della città ticinese.

Everyday Climate Change (ECC), a cura di Photo Op in collaborazione con il fotografo americano (ma basato a Tokyo) James Whitlow Delano e la fotografa franco-italiana Matilde Gattoni, rappresenta l’edizione finora più completa di questa mostra itinerante: il progetto di sensibilizzazione dell’opinione pubblica nasce da un’idea di Delano a partire da un feed di Instagram e viene continuamente sviluppato da più di 30 fotografi di tutti i continenti, una vera task force dello sguardo, consapevoli che “la fotografia aiuta le persone a vedere” come diceva Berenice Abbott.

Ma come si può far vedere qualcosa di impalpabile come ciò che ha a che fare con il clima, l’atmosfera, le polveri e l’inquinamento?

E inoltre, questi cambiamenti, non accadono in modo clamoroso ma quasi sempre ben lontano da noi?

Photo by @jbrussell for @everydayclimatechange Following days of heavy rain, the water level in the Seine River reached 6.2 meters and the river breached its banks in Paris and elsewhere in France. The Louvre and the Musée d'Orsay are temporarily closed and circulation and transport have been disrupted. While the water levels have not reached those of the great 1910 flood, they have equaled or surpassed the record floods of 1982 and 2001. However, those earlier floods occurred during the winter months when heavy precipitation is expected. This record flood is taking place in early June when trees and vegetation retain a great deal of rainfall. Global warming and climate change are creating extreme weather phenomena that are occuring with increasing frequency across the globe. #climatechangeisreal #paris #france #seine #flood #flooding #rain #globalwarming #climatechange

Photo by @jbrussell for @everydayclimatechange

Per la seconda domanda, basterà la foto di Russell sull’esondazione della Senna che sommerse Parigi l’anno scorso a risponderci: la punta di lampione che affiora dalle acque come fosse la testa di un uomo ci ricorda le alluvioni di fango che con periodicità sempre più spinta si abbattono sulle nostre città. Ecco perché la somala Amina Suleiman Gas, ripresa dalla reporter africana Georgina Goodwin tra le carcasse del suo bestiame stroncato dalla siccità, non ci parla di questioni distanti cui dedicare una disattenta attenzione: in una veste rosa che cattura i nostri occhi, immobile al centro della foto sul terreno deserto che continua a perdita d’occhio, alza lo sguardo verso quel cielo implacabilmente azzurro e troppo, troppo vasto in un’immagine difficile da dimenticare; a maggior ragione se realizziamo che è come scrutare in uno specchio che riflette anche il nostro volto.

Amina Suleiman Gas, 45 stands amidst the carcasses of her dead animals, piled for burning outside the compound where she has lived for 10 years in Barwako village 20kms into the desert from Anaibo Town, central Somaliland. Last week she lost 18 of her animals, now she is left with 12. She sent most of her livestock west with her neighbor in November 2016 when the drought began to get worse and fears they have not survived. Barwako was a village of 100 families but 245 more have come in from the surrounding area because of the drought. Amina is a member of the Villlage Savings and Loans Association (VSLA) who have shared all their savings with the displaced families, now they have nothing left. "We shared everything with them," Amina says. At least 6.2 million people, more than half the population, need assistance after 4 consecutive seasons of failed rains over 3 years have left the region depleted of all its resources and experiencing a drought on a scale not seen since 1974. It is on the verge of famine. CARE International has helped over 300,000 people since the drought situation became critical in October 2016, 200,000 of which have received water assistance.

Amina Suleiman Gas, 2017 © Georgina Goodwin

Le foto in mostra, divise per continenti, raccontano la sofferenza di tutto il pianeta: dalla veduta aerea di Vogel sul lago Powell nel deserto dell’Arizona, le cui sponde rigate di bianco testimoniano il livello continuamente in discesa delle acque, alla monotona, funebre colonna di camion colmi di carbone ripresi da Delano in un bianco e nero dalla grana polverosa, appena sfocata, alle porte della città cinese di Xingtai, la più inquinata del paese, che si ostina a utilizzare enormi quantità dell’ormai obsoleto combustibile fossile per alimentare la sua prepotente marcia industriale; dalle ciminiere fumanti raffigurate da Ed Kashi di un impianto di produzione di alcol etilico e zucchero a San Paolo del Brasile, impegnate a bruciare bagassa, l’inquinante combustibile ottenuto come residuo di lavorazione dalla canna da zucchero, all’inquietante nuotata del giovane Peia Kararaua per attraversare il suo villaggio allagato, nell’arcipelago oceanico di Kiribati minacciato dal continuo, inarrestabile innalzamento del livello dei mari, per continuare con gli scatti limpidi e solenni del nostro Paolo Verzone dalla Base Artica di Ny Alesund, dove gli scienziati possono raccogliere numerose informazioni sullo stato di salute del nostro mondo.

Ny Alesund Arctic Base view from the airplane approcahing the base. NY ALESUND (Svalbard) Situated at 78º 55' N, Ny-Ålesund is one of the world’s northermost year-round communities. Coal mining was the origin for settlement here, but mining was put to an end after a serious accident in 1962, leaving behind numerous cultural remains of technical and industrial importance. Ny-Ålesund has also been the starting point of several historical attempts to reach the North Pole. Since 1964, Ny-Ålesund is a centre for international Arctic research and environmental monitoring. A number of countries run their own national research stations here, and research activity is high in the summer.

Diga di Glen Canyon, Lago Powell, Arizona, 2015 © Franck Vogel

Da questo periplo attraverso il pianeta comprendiamo come la fotografia, mezzo d’espressione statico, abbia una forza senza eguali nel rendere le dinamiche con cui il clima del globo si modifica, con una velocità continuamente in aumento: i due scatti affiancati del ghiacciaio austriaco Pasterze, realizzati dal grande Gary Braasch (1944-2016) a distanza di soli dieci anni (2004 e 2014), documentano con impressionante evidenza il drammatico diminuire dell’immensa massa glaciale in un così breve lasso di tempo.

La seconda grande mostra sul tema è Ocean Rage di Matilde Gattoni, un progetto di Tandem Reportages con testi del giornalista italiano Matteo Fagotto: la Gattoni fissa l’occhio della sua macchina fotografica sulle coste del Ghana, Togo e Benin, mostrandoci la rabbia con cui l’oceano mangia i litorali, costringendo gli abitanti dei villaggi a una disperata e vana resistenza all’avanzare dell’erosione. Le storie delle persone costrette ad abbandonare le proprie case, con il dolore dei singoli e la lacerazione profonda del tessuto sociale che questo comporta, sono l’altra faccia di un fenomeno che ha anche un devastante impatto economico, trasformando numerosi e un tempo relativamente prosperi centri costieri dell’Africa occidentale in una lugubre schiera di rovine abbandonate. Togbe Agbavi Koffi, il sessantenne capo villaggio di Agbavi (Togo), racconta che è la terza volta nella sua vita che vede la propria casa distrutta, aggiungendo: “vorrei piangere, ma il capo villaggio non lo può fare.”

Ghana - Fuveme - As the tide rises the village of Fuveme quickly gets flooded. Nestled between the ocean and the Volta river estuary, the village of Fuvemeh has seen its territory reduced from several kilometers to few hundred meters. Nowadays, the villages sits on a narrow strip of land which separates the coastline from the adjacent lagoon. Haunted by coastal erosion, its 1,000 inhabitants have literally nowhere to move.

Veduta della Base Artica di Ny Alesund. Norvegia, 2016 © Paolo Verzone

L’attento, accurato e coraggioso reportage della Gattoni, nella limpida pulizia delle inquadrature, ci fa non solo vedere, ma sentire e partecipare, calandoci nella realtà di questi villaggi africani che rischiano di essere la profezia di un condiviso futuro prossimo. Ancora evitabile, se lo guardiamo in faccia e agiamo di conseguenza, perché, come scrive in catalogo Fagotto: “I paesaggi lunari di Ocean Rage non sono perduti per sempre, ma sono il risultato di scelte che possiamo cambiare.”

Dopo queste due grandi e ardue mostre, le meravigliose, commoventi foto della fotografa ticinese Daisy Gilardini, nel suo reportage Meraviglie polari. Fotografie dagli estremi del mondo, sono un bagno rigeneratore, un’immersione nel mondo animale che, anche nelle lande desolate, tra iceberg e immense distese di ghiaccio, dimostra vitalità, bellezza e un calore che non saprei chiamare altrimenti che umano. La capacità di Daisy di entrare in sintonia con ambienti solenni e pericolosi, la passione che la spinge a viaggiare da decenni tra i ghiacci del pianeta, affrontando rischi e difficoltà che fatichiamo a immaginare, sono la molla che le consente di stabilire un rapporto di empatia e reverenza con gli animali che fotografa: le loro espressioni, gli orsi bianchi che si abbracciano o giocano con i propri piccoli, lo sguardo disarmante, da bambino, delle giovani foche, la tenerezza indifesa dei cuccioli di pinguino imperatore e l’eleganza sublime della loro epidermide da adulti sono una via per riscoprire “i legami primordiali con Madre Natura e l’interdipendenza tra tutte le specie del mondo” e per coltivare “un profondo rispetto e consapevolezza dell’importanza di questi delicati ecosistemi.”

The giggle - Weddell seal

La risata – Foca di Weddell. Isola Half Moon, Antartide © Daisy Gilardini

Concludere il festival con queste magnifiche fotografie non è uno stratagemma consolatorio: di fronte a queste immagini come può non cadere ogni nostra pretesa di superiorità? “Madre Natura non dipende da noi ma noi da lei.” E se la pensiamo diversamente, anche lei, come la nostra amica foca, si farà una bella risata alle nostre spalle!

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