“Il design ha sempre fatto parte della mia vita, da molto prima che venisse definito con questo nome”, racconta Dorit Sapper, moglie e ‘braccio destro’ del celebre designer tedesco Richard Sapper (1932-2015). “Sono nata a Berlino nel 1936. Ricordo che di domenica mio nonno mi portava lungo Unter den Linden e mi mostrava gli edifici, spiegandomi chi li aveva costruiti e chi ci viveva. Vicino a casa c’era il Rathaus dove andavo a divertirmi a salire e scendere dal Paternoster, un ascensore particolare che non si ferma mai… lo adoravo!”. Berlino era una città vivissima, “la gente era interessata al teatro, alla musica, all’architettura, all’arte”. Poi la guerra, che Dorit vive in prima persona: “Cominciarono i bombardamenti, ci rifugiavamo in cantina. Andare a scuola era difficile perché non si sapeva mai se la strada sarebbe stata libera dalle macerie, o quanti bambini sarebbero mancati all’appello”, racconta. “Mentre passavo le vacanze estive dalla mia nonna materna, prussiana, in Masuria, la nostra casa fu bombardata. Era il 23 settembre 1943”. Terminata la guerra nel maggio del 1945 i problemi e le sofferenze proseguono e Berlino viene divisa in quattro parti, come previsto dalla conferenza di Potsdam: “Non c’era nulla da mangiare, io e mio fratello andavamo nel vicino accampamento dei soldati russi a chiedere del cibo usando un secchio. Si moriva di fame e di freddo”. Nonostante tutto Berlino era una città libera, “tutto lentamente ricominciava a funzionare. Tutti volevamo dimenticare e andare avanti”, spiega Dorit.
“Sono stata a Berlino fino a 19 anni, poi sono andata via. I miei genitori non volevano che studiassi matematica, così ho cercato un lavoro altrove. A Wiesbaden ho lavorato per tre anni come assistente della caporedattrice nella redazione di un mensile di moda, Neuer Schnitt. Lo stipendio però non bastava e così ho iniziato a disegnare e cucire vestiti, che se piacevano venivano fotografati e pubblicati sulla rivista. Un’esperienza bellissima”. Raggiunta la maggiore età, Dorit lascia la tradizionale Wiesbaden per intraprendere un lungo viaggio nel Sud dell’Europa. “In treno, nave e autobus, ho visitato la Jugoslavia, la Grecia e l’Italia. Proprio a Milano ho avuto un malore, i medici della Croce Rossa mi hanno curato e convinta a rimanere in città invece di proseguire per Parigi”.
Era il 1958 e Dorit fa gli esami di ammissione per accedere a Brera: “Il direttore dell’Accademia mi disse di andare per un mese a imparare l’italiano all’Università per stranieri di Perugia che aveva una colonia a Torre del Lago, in Toscana”. L’interesse maturato per la moda però resta, e “nello stesso periodo inizio un ‘corso speciale d’arte del modello’ alla scuola Marangoni in Piazza Diaz”. Terminato il corso, Dorit per due anni frequenta Brera di giorno e la Scuola superiore d’Arte applicata del Castello Sforzesco di sera. “Ero in compagnia tutto il giorno, ho conosciuto moltissime persone”, racconta. “Per un certo periodo ho abitato vicino ai Navigli, una zona considerata malfamata all’epoca. Poi mi sono trasferita da una famiglia inglese in via Pergolesi”. “All’epoca una donna non poteva uscire da sola. Io uscivo con un’amica, a pranzo andavamo a mangiare dalle Sorelle Pirovini in via Fiori Chiari e poi al Bar Jamaica a prendere il caffè. La sera andavamo alla Scala, ci siedevamo nel loggione a vedere i nostri amici, studenti di bel canto”.
Nel febbraio del 1959 Dorit incontra Richard durante un’uscita serale al Luna Park alla quale partecipavano giovani dello studio Zanuso e dell’ufficio sviluppo della Rinascente. “Richard la mattina lavorava alla Rinascente, il pomeriggio da Zanuso. Non volevo andare a quell’incontro, l’ho fatto solo per accompagnare la mia amica finlandese…”, precisa sorridendo. “Tra i tanti in quel periodo ho conosciuto Aldo Ballo e sua moglie Marirosa, lavoravano entrambi per La Rinascente come fotografi. Poi anche Serge Libis, Sambonet, Massimo Vignelli…”. Dorit e Richard si frequentano per qualche anno, durante i quali Dorit riparte per un viaggio di scoperta, questa volta nei paesi del Nord: “In Svezia e in Finlandia erano molto avanti con il design, sono tornata a casa con due valigie piene di bellissimi bicchieri Iittala e vestiti Marimekko, all’epoca sconosciuti in Italia”.
I due si sposano il 16 gennaio 1963 a Stoccarda: “Ho voluto sposarmi in Germania perché in Italia all’epoca non c’era il divorzio. Volevo avere la libertà di fare le mie scelte qualora non fossimo andati d’accordo”. Ma questa eventualità non si è mai presentata. “Siamo partiti per il viaggio di nozze in Egitto, un po’ ‘fai-da-te” perché non avevamo molte possibilità all’epoca”.
Tornata in Italia, Dorit si trova ad affrontare la vita della donna sposata: “In quel periodo le donne sposate non lavoravano, diventavano ottime padrone di casa e la loro unica preoccupazione era quella di vestirsi bene e andare in Piazza Duomo. All’inizio mi sentivo rinchiusa, non potevo fare molto”. Ma Dorit trova una soluzione, lavorando da casa come ‘freelance’ ante litteram: “Ho iniziato a disegnare e produrre borse che vendevo in Germania e in Italia; quando è stato il momento di aumentare la produzione ho lasciato perdere perché avevo paura di non avere abbastanza tempo per i miei figli. Quando mi chiedevano che lavoro facesse mio marito, non sapevo cosa rispondere. In tedesco il termine era ‘Formgeber’, colui che dà la forma… la parola ‘designer’ ancora non si usava in Italia” precisa.
Nel corso degli anni Dorit diventa il perfetto braccio destro del marito: “Quando aveva un problema, o un nuovo progetto, chiedeva sempre il mio parere. La cosa curiosa è che quando un prodotto che mi mostrava non mi convinceva, alla fine quel prodotto non aveva successo!” spiega divertita. Dorit aiuta il marito, realizza prototipi e li fotografa, come nel caso della Sapper Chair, la prima sedia di Sapper per il brand americano Knoll. “Il CEO di Knoll mi disse una volta: ‘quando ti stufi di tuo marito vieni da me, ti assumo come modellista!”. Da alcuni spunti critici di Dorit nascono anche prodotti come la Nena Chair (1984), sedia richiudibile di B&B, la cui ispirazione arriva da un viaggio in Giappone: “Dissi a Richard: sarebbe comodo avere una sedia che va bene per i giapponesi, che vivono in case piccole e nascondono tutto nelle armadiature”. Oppure la pesciera per Alessi (1986), adatta a ospitare le grandi trote del lago: “mi serviva una grande pentola per cucinare su due fuochi, così mio marito me l’ha disegnata”. O ancora la grattugia Todo (2004) per Alessi “per fare meno fatica mentre grattugio il formaggio”. Dorit partecipa attivamente alla progettazione della casa disegnata per loro da Zanuso a Musso (1973) sul lago di Como, un luogo amato dalla famiglia per praticare la vela e per sciare. La chicca del progetto? “Volevo un dondolo in casa, Richard lo ha disegnato ed è ancora oggi il luogo della casa più utilizzato”.
È il 1980 quando al marito viene diagnosticata una possibile leucemia: “Ero preoccupata, non avevamo nessuna assicurazione e tre bambini – Carola, Mathias e Cornelia – da far crescere. Così ho fatto dei corsi per iniziare un’attività. A Karlsruhe ho seguito un lungo corso da commercialista, poi un tirocinio di tre mesi ad Amburgo in una società di vendita per corrispondenza – l’attività che avrei voluto avviare anche io, ora molto di moda! – ed infine un corso alla Bocconi”. Fortunatamente Dorit non ha mai dovuto mettere in pratica le nozioni imparate, Richard stava bene.
Negli anni il marito disegna per la moglie abiti e alcuni gioielli mentre colleziona progetti best seller come la lampada Tizio (1973), la caffetteria (1978) e il bollitore (1982) per Alessi, il primo computer portatile per IBM (1992). Dietro a questi successi c’è Dorit, ancor più presente negli ultimi anni di vita di Richard: “Lo accompagnavo in giro per il mondo, conoscendo bene i progetti lo supportavo durante le riunioni alle quali partecipavo anche io”. Ora resta il grande archivio di modelli, disegni e prototipi progettati da Sapper – ai quali solo Dorit può dare un ordine – nell’attesa di creare l’Archivio Sapper.