Sarebbe un gran bel segnale, da parte del PD, cambiare nome al Dipartimento Mamme.
Dimostrerebbe umiltà e capacità di ascolto e toglierebbe ogni dubbio sulla voglia di risultati che ha animato la nascita di questo troppo discusso organismo.
Non serve ribadire che questo Paese ha un bisogno disperato di azioni concrete e di una visione a lungo termine, che ci faccia tornare la voglia e la possibilità di avere figli senza che questo comporti un rischio di disoccupazione e di povertà, o anche solo essere forzati alla scelta di una carriera “minore”: senza che il diventare madre abbia come possibile conseguenza abusi professionali (se esiste questa categoria), senza che il congedo di maternità si riveli una vulnerabilità nella sostanza – seppur protetto nella forma. Perché questa è, innegabilmente, la realtà dell’Italia oggi. Non un “sentito dire” o una moda di passaggio. Una realtà di sofferenza e di paura così estese e profonde che le registra persino la statistica, che ne risente il PIL.
Lo ha scritto in questi giorni anche l’europarlamentare del PD Alessia Mosca, per la prima volta critica verso il proprio stesso partito (ma quando ce vò ce vò):
“Contesto il nome del dipartimento (e penso che il segretario Matteo Renzi debba avere l’umiltà di riconoscere l’errore e cambiarlo) perché tradisce una visione del mondo completamente errata. E’ vero: certamente la maternità in Italia continua a essere uno dei maggiori ostacoli all’occupazione femminile, così come è vero che, in generale, essa non è considerata un bene pubblico, ma tendenzialmente una gioia – e anche una fatica – privata, perlopiù per le donne. L’istituzione di un “dipartimento mamme”, tuttavia, rafforza il messaggio per cui la natalità è un tema solo femminile, mentre questa concezione sarebbe proprio il primo ostacolo culturale da superare”.
Quindi sì, serve lavorare, e tanto, sul tema maternità, sul tema maternità e lavoro, sulla paternità, sulle famiglie, sull’inclusione, sulla flessibilità, sul perché un Paese che ha tutte le carte in regola per andare avanti è invece inesorabilmente fermo, e continua a sottostimare il danno di un’energia vitale che si spegne. Il lavoro da fare è così ampio che potrebbe spaventare, e anche per questo il PD dovrebbe avere il coraggio e la generosità di cambiare il nome di questo dipartimento. Perché chi lo guiderà – la deputata Titti Di Salvo – e chi vi lavorerà, ha un compito troppo importante e difficile per perder tempo a giustificare l’errore di un nome.