Rachele Somaschini: “Lo sport è la mia terapia. Nel dubbio, corro”

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Ogni sport ha le sue peculiarità. Ogni sport ha odori e rumori che caratterizzano ogni gara. Lo sa bene chi frequenta il mondo delle quattroruote dove, in estate come in inverno, due sono le costanti che rimangono invariate: l’odore di benzina e il caldo. A queste si aggiunge una variabile che ogni pilota conosce bene: il peso, fuor di metafora, del proprio sport. Casco-sottocasco, tuta-sottotuta, guanti, calze, scarpe, cinture, collare. Concentrazione, velocità e rischio ne aumentano inevitabilmente il carico.

Ogni pilota affronta la propria gara con una storia personale, correndo con una motivazione ben precisa. Rachele Somaschini, ad ogni singola gara, aggiunge alle coppe in pista e in montagna (ha conquistato il Titolo Italiano Velocità Montagna ed è arrivata al successo nel MINI Challenge) la soddisfazione di essere arrivata al traguardo “ma anche solo di essere ai nastri di partenza, perché con la mia malattia anche la mattina della gara può riservare spiacevoli sorprese” racconta Rachele ad Alley Oop con quella voce fresca tipica dei vent’anni mentre la raggiungo telefonicamente dove è impegnata a prepararsi per la prossima gara in Puglia.

Rachele convive dalla nascita con una grave malattia genetica degenerativa, la fibrosi cistica. La malattia non le ha impedito di correre, con passione e tenacia, nei più importati autodromi italiani e nelle più prestigiose corse in salita europee con tempi da far invidia ai piloti più esperti, ma sicuramente le rende difficile la preparazione. “Ogni giorno mi alleno e faccio terapia. L’apparenza durante le gare alcune volte lascia spazio anche alle critiche perché chi mi vede al volante non immagina la fatica, lo sforzo e il dolore. La fibrosi cistica è infatti una malattia invisibile degenerativa che colpisce gli organi interni come polmoni e pancreas e porta all’impossibilità di respirare”. Ma tutto questo dietro due grandi occhi espressivi e sotto un casco decorato con la pelle di una giraffa non si può capire.

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Davvero difficile immaginare uno sport dove l’abbinata respiro-caldo possa avere un impatto inferiore. “Il mio peggior avversario è il caldo che porta alla disidratazione. Lo combatto con integratori, sali, uno spray che mantiene fresco il mio corpo per 30 minuti (e se ci sono ritardi come spesso avviene nelle corse in salita, devo cercare di non pensarci e aumentare la concentrazione sulla gara) e con una particolare sottotuta che ha un sistema di raffreddamento tramite una serpentina collegata ad una borsa con acqua e ghiaccio”.

Rachele è l’esempio di come, a volte, sia lo sport a scegliere l’atleta e non viceversa. Lei da ragazzina avrebbe voluto iniziare il normale percorso dei kart, che è la base per approcciarsi alla pista, ma le incertezze legate alla patologia di cui è affetta le hanno fatto provare altri sport (equitazione, tennis, pattinaggio) prima della scelta di dedicarsi al motorsport in età adulta. “Correre con frequenza quasi settimanale è stato come impegnarsi in un secondo lavoro. La malattia mi impone cure giornaliere alternate a ricoveri programmati. E le gare impongono una preparazione atletica quotidiana. Senza la fibrosi cistica avrei fatto scelte diverse, ma sicuramente non sarei maturata così tanto”.

Per la sua tenacia e coraggio è stata scelta come testimonial dalla Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica Onlus (che quest’anno festeggia 20 anni dalla sua fondazione ed è l’unica realtà in Italia che sostiene e promuove la ricerca scientifica) per la quale Rachele ha sviluppato un personale progetto: #CorrerePerUnRespiro, iniziativa solidale promossa con la collaborazione della Delegazione FFC di Milano e che unisce la passione per i motori alla voglia di sostenere la Fondazione. “Il mio obiettivo non è solo la raccolta fondi, ma soprattutto la sensibilizzazione verso questa malattia che è ancora poco conosciuta e lo faccio soprattutto attraverso i social che sono uno strumento potentissimo. Ad ogni gara ho un corner charity dedicato, gestito da mia mamma e da tanti volontari che fanno rete in tutta Italia”. I genitori di Rachele la sostengono in modi diametralmente opposto: il papà da vicino (ex pilota che negli anni ’90 aveva già partecipato ad alcune gare monomarca e che oggi con Rachele ha fondato il team RS) e la mamma, sempre presente, ma che aspetta la fine della gara per sapere il risultato.

Progetti per il futuro? “Nel febbraio 2017 sono diventata istruttore Federale ACI Sport di secondo livello, collaborando con alcune scuole di pilotaggio per corsi di Guida Sicura e Sportiva. Mi piacerebbe continuare nel mondo automobilistico. Perché, nel dubbio, corro”.


In questi ultimi anni FFC è impegnata nel progetto d’eccellenza Task Force for Cystic Fibrosis, promosso in sinergia con l’Istituto G. Gaslini e l’Istituto Italiano Tecnologia. L’obiettivo è scoprire la molecola più adatta a diventare il farmaco in grado di correggere e potenziare la proteina difettosa prodotta dalla mutazione più diffusa, la ΔF508, che interessa il 70% dei malati fc. Una sfida scientifica per cambiare il destino di tanti giovani malati di fibrosi cistica.