“Happiness is up to you” dice Rossana Orlandi, gallerista e talent scout milanese. E forse, ascoltando la sua storia, si comprendono anche le sue scelte di vita. Dopo 30 anni nel mondo della moda, nel 2002 la decisione di abbandonarlo per aprire una galleria di arte e design, che ad aprile durante il Salone del Mobile – e non solo – diventa un vero hot spot.
“Sono nata a Cassano Magnano, in provincia di Varese, un piccolo paese immerso nella natura. Crescere in campagna è stato fantastico. I miei genitori avevano una filatura; erano molto severi e io non potevo entrarci. Così quando non ero a scuola dalle suore o fuori all’aria aperta mi rinchiudevo in soffitta, dove leggevo, dipingevo, disegnavo, attorniata da tutte le cose a cui tenevo”. Ultima di quattro fratelli molto più grandi di lei, due maschi e una femmina, ricorda con affetto quando “a 14 anni, accompagnando mia sorella Susy Gandini per la prova di un tailleur, ho avuto il grande onore di conoscere Coco Chanel nel suo atelier. Un momento che ricordo ancora con emozione”.
Passano gli anni e Rossana cresce. Studia alla scuola interpreti e va in Irlanda e Inghilterra a perfezionare l’inglese: “Insolito a quel tempo per una donna poco più che maggiorenne girare da sola”, spiega. “Tornata in Italia ho iniziato a studiare moda alla Marangoni” e poi l’ingresso nel mondo della maglieria, dove ha iniziato disegnando tessuti jacquard: “Da dei fili nasce un mondo” racconta, e non si può che darle ragione. Espone a Pitti Filati con grande successo. “Amavo lavorare sulle macchine per creare con filati e colori nuovi pattern e punti”. Una bravura ripagata dalle collaborazioni e consulenze nel tempo per Beppe Modenese, Miss Deanna e per i più celebri Karl Lagerfeld, Kenzo, Issey Miyake, Donna Karan e Giorgio Armani. “All’inizio è stato difficilissimo, ma poi si lotta e si va avanti”. E le soddisfazioni arrivano. “Erano anni esaltanti, meravigliosi. La moda è una grande scuola, un lavoro che mi ha sempre portato ad avere gli occhi estremamente aperti” racconta un po’ nostalgica Rossana.
Poi dopo 30 anni qualcosa si rompe. Il mondo della moda è cambiato e Rossana Orlandi un po’ se ne disamora. Spinta dal motto “Sul più bello bisogna lasciare” mette a frutto la passione per il collezionismo di design che da sempre coltiva e apre quasi in maniera naturale la Galleria che prende il suo nome, in via Matteo Bandello 14, a pochi passi da San Vittore a Milano. Un luogo magico, quasi celato, al quale non si arriva per caso ma che gli appassionati di design e i collezionisti conoscono benissimo. All’ingresso due grandi lettere in lamiera vintage, “RO”, accolgono il visitatore. “Non appena ho visto lo spazio me ne sono innamorata”: Rossana parla così dell’ex fornace – in seguito cravattificio – fondata nel 1882 dove ora hanno sede lo showroom e la galleria, 2500 metri quadrati che si snodano in 19 stanze dove trova spazio la raffinata selezione di oggetti di pezzi di design fatta da Rossana – costantemente in progress – che include anche i suoi occhiali, ormai diventati iconici.
“All’inizio non avevo le idee chiare su cosa avrei fatto”, e così inaugura con una mostra di fotografia, scultura e grafica organizzata dalla figlia Nicoletta e dai suoi giovani amici. E questa apertura verso i giovani – iniziata anni addietro quando per prima portò in Italia il lavoro degli allievi della Saint Martins School di Londra – prosegue oggi nei confronti dei giovani designer, che come nessun altro riesce a scovare in giro per il mondo. Un esempio su tutti il primo oggetto esposto da Rossana nella sua galleria: la Spun light. Una lampada da tavolo di Sebastian Wrong, notata immediatamente da Flos e messa in produzione. “Quando scopro qualcosa di nuovo e che mi piace mi emoziono; è la conferma che la mia creatività non ha limiti”. È con questo spirito che Rossana partecipa ogni anno e con cadenza precisa a tutte le design week europee e non alla ricerca di talenti. Proprio nel nord Europa ha scoperto Piet Hein Eek, il gruppo Front, Maarten Baas, i Formafantasma e Nacho Carbonell, oggi tutti affermati designer. Rossana ha fiducia nei giovani designer, con i quali instaura un rapporto amichevole e familiare, e i giovani designer credono in lei. “Il mondo del design è fatto di belle persone, concrete e con i piedi per terra. È un mondo di amicizia”. Il design e le donne? “Non mi interessa se un designer è maschio o femmina, per me non c’è alcuna differenza. Quel che conta è l’idea progettuale che c’è dietro. Ora ci sono più designer uomini, ma la situazione sta cambiando…”.