L’Italia non è un Paese per mamme: per il 75% lavoro e famiglia sono inconciliabili

scritto da il 07 Giugno 2017

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Elena, 38 anni, professionista. Torna al lavoro dalla maternità e vede, d’un tratto, ridimensionate le sue mansioni in uno studio legale associato. Asia, 29 anni, psicologa: al momento, pur desiderandolo, non può avere un figlio, altrimenti sa con certezza che non le verrebbe rinnovato il contratto di collaborazione che ha firmato. E poi Sara, 37 anni, dipendente: il salto di carriera al quale ambiva non potrà farlo, innanzitutto perché, le hanno detto, è in gravidanza.

Sono tante le storie che girano tra amiche, conoscenti, colleghe su maternità e lavoro. Storie confermate dal sondaggio che ha condotto Fattore Mamma, la prima realtà dedicata a creare un dialogo tra aziende e mamme. A maggio scorso l’agenzia fondata da Jolanda Restavo, ha raccolto risposte tra 1.242 mamme su tutto il territorio italiano. Dai risultati del sondaggio l’Italia non sembra proprio un Paese per mamme. Il 75% delle intervistate ritiene inconciliabile, ad oggi, la vita lavorativa e quella familiare. Le mamme denunciano, tra le carenze, il rientro dalla maternità troppo precoce, la mancanza di incentivi affinché il lavoro femminile sia considerato in azienda un’opportunità e non un problema, e la necessità di maggiore flessibilità di orari. Oltre la metà delle mamme, il 62%, richiede un maggiore sostegno economico e il 58% più tutele dal punto di vista legislativo.

Le istanze delle mamme sono state presentate ieri alle istituzioni in un contesto significativo: la Camera dei deputati. Nell’occasione, denominata Mamme in Parlamento, è stato messo in luce come le nuove mamme siano, assieme agli adolescenti, le punte di diamante della rivoluzione digitale in atto. Dotate di cellulare, computer, tablet, le mamme digitali rappresentano la parte di popolazione italiana con la più alta dotazione di smartphone e un utilizzo della rete e dei social media tra i più assidui e maturi. Un fattore, quello della digitalizzazione delle mamme moderne, che può aiutare nella soluzione dei problemi che emergono dal sondaggio. A partire dalle mamme caregiver di bimbi disabili. Il punto fondamentale è il lavoro, bisogna risolvere in primis questo problema. Bisognerebbe – afferma Jolanda Restano che, oltre a essere imprenditrice è madre di tre figli – ad esempio partire da una parità di stipendio a fronte di una parità di mansioni tra uomini e donne, altrimenti se si dovrà decidere quale genitore far restare a casa, la scelta, oltre che per un fatto culturale, cadrà inevitabilmente sulla madre proprio perché guadagna di meno”.

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DOPO IL LAVORO, CARENZE ANCHE NELLA SCUOLA. L’incompatibilità degli orari della scuola e quelli di lavoro è riconosciuta dal 60% delle intervistate come la problematica principale seguita a ruota dalla mancanza di sostegno economico. L’esempio di altri Paesi europei, dove il sistema scolastico prevede una distribuzione delle vacanze e una gestione degli orari più flessibile, potrebbe essere una soluzione. “Uno dei problemi più diffusi – esemplifica Jolanda Restano – è dove portare i figli alla chiusura delle scuole. Una mamma che è riuscita a mantenere il lavoro difficilmente potrà usufruire di tre mesi di vacanza. Si potrebbe ad esempio trovare una soluzione aprendo le scuole anche in estate, magari ricorrendo ai tanti insegnanti precari. Un servizio che potrebbe avere un costo, ma che sarebbe comunque più accessibile rispetto agli esosi campi estivi”. Un altro punto dolente è l’inaccessibilità degli asili nido, vuoi perché i posti pubblici sono pochi, vuoi per gli eccessivi costi dei privati.

LAST BUT NON LEAST, LA SALUTE. Ben il 67% delle intervistate ritiene i lunghi tempi di attesa per le prestazioni sanitarie il problema principale. Basti pensare agli esami per la gravidanza: in alcune Regioni si dovrebbe prenotare prima del concepimento per avere la certezza di usufruire del servizio nei tempi dovuti. Note dolenti anche per gli esami necessari ai bambini affetti da patologie, da disabilità o disturbi dell’apprendimento tanto che spesso le mamme sono costrette a ricorrere al settore privato per avere diagnosi e impostare la terapia in tempi brevi.

UNA PIATTAFORMA DIGITALE PER IL DIALOGO MAMME-ISTITUZIONI. Con l’incontro avvenuto ieri alla Camera dei Deputati, le mamme hanno portato le loro istanze, le loro necessità e il loro punto di vista davanti alle istituzioni, alla presenza di deputate, mamme anch’esse. Ne è emerso che c’è una nuova generazione di mamme digitali che vorrebbe rendere il Paese più a misura di mamma, magari avvalendosi della tecnologia. Creando appunto una linea di comunicazione che, sfruttando il digitale, possa far arrivare le idee delle mamme direttamente in Parlamento e a chi amministra la cosa pubblica. Dando cioè ascolto a quell’83% delle intervistate che riterrebbe utile poter dialogare direttamente con le istituzioni attraverso una piattaforma digitale.

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Ultimi commenti (36)
  • Marisa |

    Da 20 anni VORREI Tutelare le Famiglie e le CASALINGHE. Oggi a 65 anni mi separo x tutelare la Famiglua e prendere l’assegno sociale . Il 45% del. PIL è dato dal lavoro della donna a tempo pieno nella propria Famiglia. Che lavoro fai?…… Niente la Casalinga!!

  • Ivana |

    Io, mamma di un bimbo di 3 anni ed uno di 6, ho avuto un contratto da un’Azienda del mio territorio con residenza Melzo. Mi hanno detto: “sappiamo che hai 2 figli, ma na esigenze aziendali. ..”.
    Con uno stipendio è impossibile vivevete e tra 3 giorni lascerò i miei figli per andare a 1.000 km. Grazie STATO!

  • Veronica |

    Io lavoro in ambito pubblico dove le tutele sono maggiori e minori le discriminazioni ma nonostante questo per poter conciliare i miei orari di lavoro con quelli scolastici ho dovuto lottare x anni appoggiandomi nel frattempo ad una nonna ultraottantenne con a carico un marito malato grave e nel frattempo deceduto. In tutto ciò chi mi è stato più avverso sono state altre donne e questo perché, immagino, a loro volta vittime del sistema.
    Io ho ottenuto qualcosa solo in quanto unico genitore affidatario della minore ma le altre, con mariti che lavorano tuuo il giorno, magari lontani da casa hanno difficoltà se non identiche sicuramente molto simili, possibile che nessuno voglia risolvere anche laddove, come nel mio caso, ciò sarebbe facilmente fattibile?

  • Roberta |

    Mamma di un bimbo di 11 mesi…è facile dire che l’Italia sia un paese maschilista e che gli uomini siano facilitati nel mondo del lavoro…è vero. Ma la cosa che mi fa veramente rabbia è che, spesso, sono proprio le donne che ti complicano la vita quando diventi madre. Io lavoravo in uno studio legale dove i soci erano esclusivamente donne; quando ho annunciato la mia gravidanza la prima domanda è stata: l’hai cercato? e la seconda: pensi di tenerlo? (ho 30 anni, ho una casa e un marito).
    Al momento del mio rientro prima hanno accettato che facessi degli orari maggiormente “flessibili” – con conseguente perdita a livello economico- e poi…gli orari sono diventati impossibili!Risultato: per adesso faccio la mamma a tempo pieno e da settembre dovrò ricominciare a cercare lavoro!

  • Sara |

    Con la mia prima figlia al rientro a lavoro non ho trovato neanche più la mia postazione e sono stata “punita” per un anno e mezzo con un demansionamento, praticamente sono finita su una scrivania di fortuna e mi hanno appioppato tutte le rogne che nessuno voleva fare!!! Solo dopo essermi smazzata sono riuscita a recuperare la mia mansione e la scrivania!!!! In più io faccio 120 km al giorno per andare a lavorare e se ne fregano altamente di trasferirmi!!! Ora ho avuto un altro bambino e non so cosa aspettarmi al rientro! Spero in un avvicinamento con anche il part time sarebbe un sogno!!!!

  • Giovanna |

    La mia storia è il colmo in assoluto. Due figli x i quali nn ho avuto alcuna maternità, ho continuato a lavorare 12-13 ore al giorno… prima, durante la gravidanza fino al giorno del parto e subito dopo la nascita… nonostante gli ovvi disagi che un bambino piccolo porta.
    Risultato?Come premio assisto alla carriera del mio collega maschio al quale ho insegnato tutto io!!
    Qui, oltre a tutte queste belle cose che si potrebbero fare x la mamma che lavora, è fondamentale cambiare la mentalità di un paese che è ancora fortemente maschilista dove alla donna non viene lasciato spazio x crescere nonostante dimostri con i denti quanto valga…forse molto di più di tanti uomini.

  • Valentina |

    In estate quando chiude la scuola iniziano i problemi: campi estivi alle stelle solo per metà giornata e moltiplicato per due se ne va tutto il misero stipendio da part-time considerando che dei quasi 3 mesi di ferie scolastiche io e mio marito ci fermiamo solo la settimana di ferragosto un aiuto sarebbe gradito

  • Egle |

    Mamma di un bimbo piccolo ed incinta, al terzo mese di gravidanza. Libera professionista a P.IVA, ma, di fatto, dipendente di una società privata. Non vengo più coinvolta in operazioni importanti già a partire da ora, “perché tanto a fine anno te ne vai in maternità e ora fai il part-time. Non ce la fai”. Purtroppo ci sono troppe realtà che non conoscono lo smartworking e che non riescono ad apprezzare gli sforzi di una donna che ama il suo lavoro. Come se il tempo passato davanti ad un monitor sia l’unico strumento in grado di misurare la professionalità di una donna. Penalizzare una lavoratrice perché mamma è un atteggiamento arcaico e sessista. Tutti i luoghi di lavoro dovrebbero essere dotati di strutture in grado di accogliere i figli dei dipendenti e/o collaboratori. E, in ogni caso, bisognerebbe incentivare, e non demonizzare, il lavoro svolto a casa, grazie all’ausilio delle più recenti tecnologie. Per quanto mi riguarda, non so se accettare di svolgere mansioni poco gratificanti solo per questioni economiche o se cercare altro, sperando di individuare studi di professionisti in cui qualcuno sia interessato ad avviare una collaborazione con una donna incinta. Troppo ambiziosa o povera illusa?

  • Elena |

    Neo-mamma di un bimbo di tre mesi. Un figlio, in Italia, è un lusso.

  • Sofia |

    Al colloquio due anni e mezzo fa mi era stato chiesto se avevo intenzione di avere figli. A costo di non essere presa sono stata sincera “Ora no, ma fra un anno e mezzo mi piacerebbe” Stranamente mi ha assunta e precisamente dopo un anno e mezzo decido di provarci… purtroppo al primo tentativo non va bene..rimango a casa una settimana e al mio rientro mi viene detto dal mio titolare ( diventato papà da qualche mese) che se mi è successo è perché non dovevo rimanere incinta. Dopo un mese ci riprovo ed al terzo mese decido di comunicare la lieta notizia ma questa volta mi viene chiesto di dimettermi. Addirittura mi viene chiesto di rinunciare al 20% di maternità che spetta al titolare pagare. Vado in anticipata per lavoro a rischio e dopo due mesi mi vengono inviate lettere di richiamo ingiustificate di cose concordate verbalmente molti mesi prima. Sindacati, avvocati ed ora siamo in causa. In Italia purtroppo o si lavora o si fanno figli. Triste realtà